Ne soffre tra il 50%-90% dei pazienti sottoposti sia a operazioni chirurgiche maggiori sia a procedure brevi. Eppure l’ipotermia, ossia una temperatura centrale corporea inferiore a 36.0 °C, nonostante crei disagio nei pazienti (la sensazione di freddo dopo una operazione è infatti tra i più comuni ricordi raccontati) e comporti un aumento dell’incidenza di complicazioni associate a quella inattesa, continua ad essere considerata una cenerentola negli ospedali italiani. Infatti, nel 50% delle strutture, la temperatura dei pazienti non viene mai misurata o è misurata raramente (nel 26%). Appena il 44% effettua il monitoraggio della temperatura corporea centrale e in ogni caso quella intraoperatoria viene misurata principalmente negli interventi chirurgici di durata superiore alle 3 ore. Soprattutto nell’80% degli ospedali manca un protocollo specifico per prevenirla. Le cause? Perché in quasi tre strutture su dieci non ci sono termometri e monitor per tutti i pazienti.
Sono questi i principali dati emersi dalla Survey sulla gestione della normotermia perioperatoria in Italia realizzata Società italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia intensiva (Siaarti) e presentati Roma nella terza tappa
del “Normo Days”, workshop itineranti che accompagnano
la Campagna di sensibilizzazione “Chirurgia senza Brivido” promossa da 3M Salute con il coordinamento scientifico della Società scientifica. Obiettivo: formare e informare anestesisti, rianimatori, management della sanità e cittadini su rischi e possibili soluzioni dell’ipotermia e sensibilizzare le istituzioni alla creazione di protocolli regionali.
La Survey di Siaarti: i risultati nel Lazio
La Survey nazionale fotografa uno scenario variegato da Regione a Regione. In particolare dall’indagine è emerso che nell’82% delle strutture del Lazio la temperatura corporea, prima dell’ingresso in sala operatoria, viene misurata raramente o mai; nel 70% dei casi invece, non viene effettuato il monitoraggio della temperatura corporea centrale. Soprattutto nell’88% degli Ospedali del Lazio non è presente un protocollo specifico relativo a questi aspetti. E le ragioni dell’assenza di monitoraggio sono attribuibili alla mancata disponibilità di termometri o monitor per tutti i pazienti: una criticità rilevata nel 52% delle strutture. Una percentuale quasi doppia rispetto al dato nazionale (29%). Va anche sottolineato che nella Regione c’è un’altissima attenzione al riscaldamento nel perioperatorio (nel 98% dei casi rispetto al dato nazionale del 93%), anche se, in linea con il dato nazionale, con una copertura parziale degli interventi chirurgici (circa il 45% riscalda meno della metà degli interventi). Se in caso di comparsa del brivido postoperatorio a livelli nazionale solo metà degli operatori riscalda attivamente il paziente, nel Lazio la percentuale sale all’88%. Gli eventi avversi più comuni registrati nei pazienti ipotermici sono lo stress psicologico da brivido, i tempi prolungati di recupero della Tc e quelli di risveglio in recovery room.
Ildocumento di Buona Pratica Clinica
Per sensibilizzare il personale medico, la società scientifica ha recentemente emanato le “Buone Pratiche Cliniche per la Normotermia”, un documento di linee guida destinate agli operatori coinvolti lungo tutto il percorso chirurgico del paziente: nel reparto, nel blocco operatorio, in Pronto Soccorso, Rianimazione e Recovery Room (Il documento completo è disponibile sul sito
www.siaarti.it/).
Un errore sottovalutare l’ipotermia accidentale. “Siaarti aveva già pubblicato nel 2001 le prime ‘Raccomandazioni sulla normotermia perioperatoria’ – ha detto
Flavia Petrini, Professore Ordinario dell’Università di Chieti-Pescara, incoming, Presidente Siaarti e Responsabile della Medicina Perioperatoria Asl2 Abruzzo – anticipando ‘bundle’ della medicina perioperatoria fondamentali come questo. Lo stesso ‘Manuale per la Sicurezza in Sala Operatoria e Check-list Ministero della Salute’, raccomanda il monitoraggio della temperatura centrale, funzione vitale da registrare e correggere per prevenire complicanze temibili e gravi in chirurgia. Sottovalutare l’ipotermia accidentale è quindi un errore umano che l’Anestesista rianimatore impegnato nella gestione del rischio deve poter evitare”.
Non si può tuttavia considerare la sola responsabilità anestesiologica, prosegue Petrini: “Tutto il team può contribuire ad evitare le conseguenze, riscaldando i pazienti, prima, durante e dopo l’intervento. Rispettare ‘buone pratiche cliniche’ come questa – ha aggiunto – può essere semplice grazie all’evoluzione della tecnologia: è però necessario richiamare l’attenzione di tutti gli operatori, sia clinici che responsabili addetti dell’organizzazione sanitaria, ricordando come il costo della tecnologia appropriata è risibile a confronto con il risparmio dalle complicanze”.
Riscaldamento del paziente in sala operatoria: l’eccellenza del Policlinico Umberto I
In particolare dalla Survey condotta da Siaarti, come abbiamo visto, è emerso che il monitoraggio della temperatura è un aspetto che gli operatori considerano rilevante nei casi di chirurgia maggiore (interventi che durano più di 3 ore) e in corso di anestesia generale. Aspetto che viene invece trascurato man mano che gli interventi diminuiscono di durata o non prevedono l’anestesia generale.
“È importante che il paziente venga riscaldato attivamente prima dell’inizio dell’intervento. La temperatura corporea, infatti, si disperde principalmente nei primi 30-60 minuti – ha
Luigi Tritapepe, Responsabile Divisione anestesia e terapia intensiva in cardiochirurgia Policlinico Umberto I Università Sapienza di Roma – questa ‘buona pratica’ consentirebbe, con costi contenuti, di prevenire complicanze anche gravi ed è fondamentale non solo negli interventi di lunga durata ma anche in quelli brevi che possono anche non prevedere un taglio chirurgico e non svolgersi all’interno di una sala operatoria. Ci auspichiamo che venga implementata, a livello nazionale, una check list che includa il monitoraggio della temperatura e il riscaldamento del paziente. Il nostro Ospedale – ha concluso – rappresenta un caso di eccellenza nel panorama regionale e nazionale. Da sempre il paziente viene riscaldato in modo attivo in sala operatoria anche quando si tratta di interventi di breve durata e in anestesia loco regionale. Questo consente di avere meno complicanze, maggiore comfort e potrebbe contribuire a migliorare la gestione del dolore post operatorio”.
Risk management: le azioni della Regione Lazio
La Regione Lazio dal 2014 si è allineata con le altre Regioni italiane per quanto riguarda la prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza, che rappresenta uno dei principali eventi avversi nel campo della sanità. Nel 2015 è stato istituito il Coordinamento Regionale dei Comitati per il Controllo delle Infezioni che si avvale dei presidenti dei Cc-Ica supportati da uno staff tecnico. Annualmente vengono elaborate e sottoscritte le linee di indirizzo regionale per prevenire le infezioni che tutte le strutture sanitarie pubbliche della Regione Lazio devono osservare nella stesura del proprio Piano aziendale annuale. La prevenzione delle infezioni del sito chirurgico è tra le attività prioritarie che vengono indicate in questi documenti e la normotermia rientra a pieno titolo tra le misure da porre in essere per raggiungere il suddetto obiettivo.
“Normo Days”: da oggi fino al mese di novembre su tutto il territorio nazionale
Intanto la campagna “Chirurgia senza Brivido” va avanti. Saranno 12 le città italiane dove si svolgeranno i “Normo Days”, workshop itineranti dove saranno coinvolti capi dipartimento, primari di Anestesia e Rianimazione, Direzione sanitaria e Risk Manager. Dopo Napoli, Milano e Roma altri 9 workshop sono infatti in programma Bari e Nuoro a giugno; Torino, Treviso, Firenze e Palermo a settembre; Genova e Rimini a ottobre e Chieti/Pescara a novembre.
Le proposte e i progetti emersi nel corso dei Normo Days saranno occasione di confronto al Congresso Nazionale Siaarti in programma ad ottobre a Rimini.