La gestione prettamente economicistica della sanità a cui sono costretti i Direttori generali delle Asl, sta ingenerando il fenomeno della salute low cost che, in maniera preoccupante, sta sempre più prendendo piede in Italia.È difficile avere dati ufficiali sul fenomeno, ma uno studio del Censis lo da in preoccupante crescita con un aumento stimato del 25-30% e con un giro d’affari del valore di centinaia di milioni di euro. Inoltre il Censis, mette in evidenza come sempre più persone stiano rinunciando alle cure a causa dei problemi economici. Il numero dei cittadini che non può permettersi di pagare di tasca propria una visita specialistica, delle analisi, dei cicli di cure continua a crescere e la risposta “fai da te” è cercare sul web le “offerte sanitarie” più convenienti.
C’è poi la difficoltà ad accedere alle strutture pubbliche per le liste d’attesa dovute in gran parte al mancato turn over degli operatori, sia dipendenti che convenzionati interni. In più, l’offerta specialistica sul territorio, da sempre la risposta a questi fenomeni, diminuisce perché da parte di alcuni Direttori generali c’è la tendenza a non pubblicare più le ore vacanti nonostante vi siano i fondi necessari già deliberati e a bilancio.
Non pubblicare più i turni vacanti ha significato, ad esempio, che in un consultorio di un distretto romano di 230mila residenti ora c’è un solo ginecologo per 4 ore a settimana, mentre prima le strutture contavano una decina di specialisti i quali però andati in pensione non sono più stati rimpiazzati.
Poi si parla di liste d’attesa.
L’approccio al low-cost quindi non può che essere l’offerta calante di prestazioni sanitarie pubbliche, a causa di minori risorse, a fronte di una domanda crescente da parte dei cittadini di salute. Inoltre ticket, superticket, tagli dei fondi sanitari, blocchi dei contratti a strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, stanno sempre di più impoverendo i servizi per l’utenza e svilendo la professionalità di chi vi opera.
È necessario fissare delle regole, uguali per tutte le strutture sanitarie e gli operatori, che garantiscano al cittadino la qualità delle prestazioni sanitarie assicurando che siano effettuate da personale medico con i requisiti necessari (come la specializzazione) e che siano stati assunti per concorso o tramite graduatoria pubblica, poiché il paziente ha diritto di sapere chi lo sta visitando e se questi abbia le carte in regola per farlo.
La programmazione è centrale e per questo motivo ritengo che la prenotazione degli esami, sia un imprescindibile indice di serietà e competenza da parte di una struttura. Prenotare un esame e non offrirlo in “accesso diretto” significa inserire la richiesta in una lista dove è possibile dedicare il tempo necessario per fare al meglio la prestazione ed affidarla ad uno specialista di settore.
Pubblicità ingannevole
Occorre far capire ai nostri pazienti che devono diffidare delle cosiddette “offerte sanitarie” del tipo “Visita specialistica a 10 euro; Ecografia a 25 euro; RX del torace a 10 euro (...) senza prenotazione, tutto in consegna immediata (…)”. Perché i criteri della “buona pratica”potrebbero non essere rispettati con rischi per la salute e il portafoglio. Infatti, un esame eseguito male è: inutile, dannoso perché ritarda la diagnosi con gravi rischi e, da ultimo, dovendo essere ripetuto, comporta ulteriori spese.
Un collega, sullo stesso argomento, ha fatto un’affermazione che condivido: “Il Ssn è il vero low-cost di qualità”. Sono pienamente d’accordo con lui. Eppure su internet c’è un proliferare di offerte: ecografie, igiene dentale, visite dermatologiche e allergologiche e via dicendo. Non ci sono limiti e tutto viene proposto con sconti pazzeschi nei diversi ambiti.
È fuori dubbio che la vetrina virtuale sia importante, e in tempi di crisi i costi non sono da sottovalutare.
È però fondamentale considerare ciò che si sceglie di acquistare sulla rete. Un conto è la promozione per un hotel dove trascorrere una vacanza altra cosa è acquistare una prestazione medica specialistica con ripercussioni sulla propria salute. In più, molto spesso le offerte nascondono altre insidie, ovvero l’esca per vendere altre prestazioni mediche che sono prive di controlli e spesso non sicure.
In conclusione nel riconoscere il valore innovativo del web sotto molti aspetti (pensiamo alla concorrenza, è indubitabile che i prezzi di migliaia di prodotti di uso quotidiano si siano abbassati con indubbio beneficio per tutti noi consumatori), non possiamo esimerci dal mettere in guardia i nostri pazienti dai pericoli che si trovano in rete quando si sceglie la sanità low cost per fare shopping on line di farmaci, cercare prestazioni a cifre irrisorie, o sperare in tempi rapidi per visite specialistiche. Se questo “mercato parallelo” esiste è però anche responsabilità di chi (leggi gli esecutivi degli ultimi anni) ha usato il Ssn come bancomat, deprivandolo di risorse che lo hanno costantemente impoverito in termini di professionalità, tecnologie e macchinari, o peggio lo ha usato per proprio tornaconto personale.
Antonio Magi
Segretario generale SUMAI Assoprof