Molti mi hanno chiesto un giudizio sulla terza conferenza nazionale della professione medica. A tutti ho risposto che prima di dire la mia aspetto la pubblicazione del documento conclusivo. Notevoli le sue ambizioni ora si tratta ora di capire se a tanta audacia corrisponde altrettanta determinazione.
Se la “questione medica” divampa e si discute dell’incendio ma senza chiamare i pompieri, allora la conferenza potrebbe rivelarsi un ballon d’essai.
In attesa del documento vorrei approfondire una tesi che nella conferenza ha suscitato molto interesse:
· l’autonomia del medico è la prima garanzia per il malato di essere curato secondo necessità,
· essa tuttavia ha subito nel corso del tempo un continuo ridimensionamento che “
a condizioni non impedite” è destinato ad accentuarsi,
· il malato rischia di essere curato sempre meno secondo necessità e sempre più secondo compatibilità e il medico di essere sempre più amministrato cioè un “
non medico”,
· la perdita di autonomia agisce direttamente sul ruolo e sull’identità della professione cioè è fattore primario di delegittimazione professionale,
· ciò è potuto avvenire a causa di tante cose ma anche grazie ad un passaggio storico: la professione liberale diventa professione dipendente (unica vera eccezione gli odontoiatri) quindi una professione sempre più ad autonomia condizionata,
· cioè la dipendenza è non la
causa necessaria e meno che mai quella
sufficiente, ma la
condizione strumentale che oggi consente di ridurre in tanti modi diversi l’ autonomia della professione,
· fino a quando la sanità era in fase espansiva la dipendenza non è stata un problema per l’autonomia ma da quando la sanità è in fase recessiva (da circa 30 anni) dipendenza e autonomia sono diventate antinomiche (oggi le forme varie di medicina amministrata spinte dal definanziamento sono espressione di questa antinomia),
· ricorrendo al controfattuale possiamo dire che se la professione medica fosse rimasta liberale come per gli odontoiatri non avrebbe avuto problemi di autonomia ma avrebbe probabilmente cambiato la natura pubblica del sistema cioè sarebbe stata un fattore di privatizzazione per contro con tutti i problemi del rapporto tra crisi economica e libera professione,
· oggi per tante ragioni dobbiamo nell’interesse primario del malato ricostruire l’autonomia del medico ma senza per questo tornare alla professione liberale e men che mai senza compromettere la natura pubblica del sistema sanitario e facendo seriamente i conti con il problema delle risorse.
Questa è la sfida. Come fare?
La mia proposta di riflettere sul rapporto dipendenza/autonomia è stata da taluni interpretata come la riproposizione di una vecchia battaglia persa quella della “
categoria speciale”. Ma la mia idea è un’altra. La categoria speciale è stata una battaglia sbagliata perché era un modo per sottrarre una professione giuridicamente invariante ai limiti del contratto unico del pubblico impiego quindi un modo per non subire delle restrizioni salariali.
A noi serve una soluzione che per rendere compossibile l’autonomia della professione con la natura pubblica del sistema riformi l’idea di dipendenza. Cioè a noi serve non una “
professione speciale” ma un altro “
genere di professione”.
Ricapitoliamo… a noi serve:
· un altro genere di medico e di medicina perché è cambiato il mondo,
· un medico autonomo perché se non lo fosse avremmo la medicina amministrata,
· un medico ridefinito giuridicamente con un altro genere di regole perché la sua autonomia non può essere antinomica con la natura pubblica del sistema, con il diritto alla salute del cittadino e con i problemi finanziari della sanità.
Per tutte queste ragioni per me la forma attuale della dipendenza è uno snodo cruciale. Ma cosa si intende per “dipendenza”? Per me la dipendenza è:
· una obbligazionecioè unvincolo giuridico della professione nei confronti dello Stato (datore di lavoro),
· “
assoggettamento” cioè una condizione di lavoro subordinata per la quale è lo Stato (datore di lavoro) che determina le
modalità dell'oggetto dell'obbligazione.
Quindi per me essere dipendenti significa lavorare in modo subordinato alle condizioni poste dallo Stato. I medici convenzionati in questo senso sono altrettanto “
dipendenti” come i medici ospedalieri (non a caso sono definiti para subordinati) perché la loro obbligazione ha la stessa natura “
dipendente” di quella dei medici ospedalieri.
L’idea di assoggettamento è utile per comprendere come sono nati i problemi di autonomia professionale:
· fino a un certo punto lo Stato si è limitato a definire le classiche condizioni di lavoro (continuità della prestazione; luogo di lavoro; orario di lavoro, retribuzione, funzioni, competenze, carriera, ecc.) ma senza condizionare l’autonomia professionale in ordine alle prestazioni da assicurare,
· poi lo Stato, alle prese con i suoi problemi finanziari, ha cominciato a includere tra le condizioni di lavoro anche i modi economici delle prestazioni (sostenibilità, uso ottimale delle risorse, scelte allocative, appropriatezza, ecc.) con ciò invadendo il campo della autonomia professionale.
La medicina amministrata, cioè l’idea di poter amministrare l’autonomia del medico, nasce quindi perché nel tempo cambiano le modalità dell'oggetto dell'obbligazione:
· le modalità delle prestazioni richieste sono sempre più quelle che vuole lo Stato ai fini del risparmio,
· e sempre meno quelle che il medico avrebbe il dovere di assicurare in “
scienza e coscienza”.
Il problema dell’autonomia professionale nasce quindi nel momento in cui in ragione dell’assoggettamento si passa:
· dalle prestazioni nominali a modalità delegata alla autonomia del medico,
· alle prestazioni effettive a modalità amministrata ad autonomia del medico condizionata o relativamente revocata.
Se l’autonomia professionale, come ha detto la terza conferenza della professione, è un valore costitutivo e irrinunciabile, allora la professione non è amministrabile. Ma oggi la professione, se non vuole essere amministrata, a parte protestare deve rivendicare uno status giuridico che le permetta di autogovernarsi cioè di andare oltre le forme dell’assoggettamento e quindi oltre le forme della dipendenza. Come?
Lo vedremo nei prossimi articoli.
Ivan Cavicchi