toggle menu
QS Edizioni - venerdì 22 novembre 2024

Lavoro e Professioni

Infermieri. Perché è sbagliato leggere l’art. 49 al di fuori del contesto complessivo del Codice Deontologico. Il caso degli illeciti amministrativi

di Graziano Lebiu
immagine 21 aprile - Secondo alcuni la ratio dell’art. 49 altro non è se non quella per cui gli infermieri non possono che essere costretti a “compensare”, permettendo così alle Aziende di risparmiare sul personale, mantenere bassi gli standard assistenziali, impedire l’innovazione e favorire il demansionamento e la dequalificazione. Niente di più infondato (quarta parte)
Riepilogo delle parti precedenti: l’assetto normativo e giuridico, in generale, non giustifica chi ha violato la legge per eseguire un ordine di servizio, potendosi attivare sull’estensore per la disapplicazione della disposizione ritenuta infondata, salvo i casi in cui il subordinato non abbia alcun potere di obiettare. Un rapporto gerarchico così stringente è ipotizzabile solo in determinati settori della P.A., ma non è il caso della sanità e conseguentemente dell’infermieristica e men che meno di “professionisti intellettualmente onesti”.
 
Ad ulteriore rinforzo della tesi che l’intero capitolo contrattuale comparto sanità “Obbighi del dipendente” abbia ricadute più insidiose e pregiudicanti il mandato professionale rispetto al precetto dell’art. 49 del Codice deontologico degli infermieri avversato da una minima parte di addetti ai lavori “demansionati con le disposizioni di servizio degli altri…”, in questo ultimo contributo tratto degli Illeciti Amministrativi, legge-quadro 24 novembre 1981 n. 689 “istituto giuridico” utilizzato dal legislatore che si pone in posizione intermedia tra l’illecito civile e il reato e che si realizza attraverso una condotta attiva od omissiva decretata con una sanzione pecuniaria.
 
Ne sintetizzo gli aspetti essenziali:
a) è la l. 689/81, con il relativo regolamento di esecuzione, che fonda e delinea gli istituti “sostanziali” dell’illecito amministrativo e depenalizzato;
 
b) è la l. 689/81che detta le norme che regolano le sanzioni e la loro applicazione, il procedimento di accertamento e i mezzi di impugnazione;
 
c) è una materia in continua espansione sia per quanto riguarda gli illeciti che nascono come “amministrativi” sia per quelli che lo divengono in seguito alla depenalizzazione di una norma penale;
 
d) l’illecito amministrativo è sempre punito con una “sanzione amministrativa di tipo pecunario e/o accessoria”;
 
e) sono irrogate sanzioni amministrative anche in relazione a procedimenti disciplinari;
 
f) sono presenti ipotesi di illecito nei campi, tra gli altri: lavoro, igiene degli alimenti, scarichi e rifiuti, sanità, privacy (…illegittima divulgazione di dati sanitari…);
 
g) non si risponde per l’illecito in presenza di una delle cause di giustificazione, o “scriminanti”, tra le quali stato di necessità e adempimento di un dovere;
 
h) l’illecito non si configura anche quando la persona cade in errore di fatto o di diritto per fatti determinati dalla pubblica ammnistrazione (es. circolari o atti discordanti o caotici)
 
i) il processo amministrativo sanzionatorio inizia con il verbale di accertamento notificato entro novanta giorni, pena estinzione dell’obbligazione di pagare la sanzione pecuniaria;
 
j) da tale termine decorrono i trenta giorni per presentare all’autorità incaricata di irrogare la sanzione “scritti difensivi” e/o documenti;
 
k) la competenza ad accertare spetta non solo spetta solo a pubblici ufficiali ma anche a persone che hanno un incarico di gestione in quella materia (ad esempio un coordinatore infermieristico preposto alla sicurezza);
 
l) se l’autorità amministrativa competente ritiene fondato l’accertamento, emette un’ordinanza, con cui ingiunge il pagamento della sanzione amministrativa ed applica le eventuali sanzioni accessorie;
 
m) l’illecito si realizza se commesso con Dolo o Colpa;
 
n) la condotta è dolosa se il soggetto si è rappresentato l’evento sanzionato e, cioè, si è reso conto di quello che avrebbe comportato la sua condotta;
 
o) la condotta è, invece, colposa se commessa per negligenza, imprudenza, imperizia o se è stata spesa in violazione di leggi e regolamenti;
 
p) se la violazione è commessa per ordine dell’autorità, di questa risponde il pubblico ufficiale che ha dato l’ordine;
 
q) se è commesso da più persone ognuna si applica la responsabilità solidale e ognuno soggiace alla prescritta sanzione;
 
r) l’estinzione di un illecito amministrativo estingue l’illecito per tutti, ma rimane ferma la responsabilità disciplinare, che è personale;
 
s) se lo commette un subordinato in ottemperanza all’ordine, ne risponderanno tanto chi ha eseguito l’ordine, salvo che provi di non aver potuto disobbedire, quanto chi lo ha impartito;
 
t) il superiore che impartisce un ordine illegittimo che viene eseguito, se trattasi ovviamente di una condotta illecita a tutti gli effetti, risponde dell’infrazione in ogni caso e a titolo personale a prescindere dalla posizione del subordinato;
 
u) la segnalazione deve avere ad oggetto comportamenti, rischi, reati o irregolarità consumati o tentati a danno dell’interesse pubblico;
 
v) la segnalazione può riguardare azioni od omissioni, commesse o tentate, che siano da porre in essere in violazione dei Codici di Comportamento o di altre disposizioni aziendali sanzionabili in via disciplinare;
 
w) la segnalazione deve contenere tutti gli elementi utili ad accertare la fondatezza dei fatti oggetto della segnalazione, onde consentire agli uffici competenti di procedere alle dovute verifiche;
 
x) deve arrecare un pregiudizio patrimoniale all’Azienda Sanitaria Locale- Azienda Ospedaliera-Azienda Universitaria;
 
y) deve arrecare un pregiudizio all’immagine dell’Azienda Sanitaria Locale- Azienda Ospedaliera-Azienda Universitaria;
 
z) deve arrecare un danno alla salute o sicurezza dei dipendenti, utenti e cittadini, o all’ambiente.
 
Voce fuori campo: gli infermieri, ad esempio, per quanto attiene ad obblighi del lavoratore art. 20 d.lgs 81/08, possono essere sanzionati con ammenda sino ad euro duemila…
 
Conclusioni
Come già previsto per evitare la realizzazione di un reato, è possibile valutare di non ottemperare a disposizioni di servizio quando contengano la prospettiva di commettere un illecito amministrativo che nell’ambito di lavoro, igiene degli alimenti, scarichi e rifiuti, sanità, privacy, esistono, sono reali, sanzionabili, ed ogni professionista infermiere deve poter, quindi, preventivamente prendere atto della loro sussistenza per governarli come meglio ritenga.
 
Anche nelle tre pubblicazioni precedenti su QS del 16 e 28 Marzo e del 13 Aprile (vedi link alla fine dell'articolo), ho cercato di plasmare contesti, concetti e vissuti differenti che potessero incastrarsi tra di loro: le idee che possiedo rispetto alla deontologia, ad esempio, o sulla contrattualistica nel pubblico impiego, immaginavo di provarle ad integrare con quelle del fruitore finale, il lettore di QS, proponendo  una serie di riflessioni con l’intento, coerente tra il dire e il fare, di favorire rispettivi flussi esperienziali.
 
Non suggerisco comportamenti uniformanti e nemmeno di adattare rigide o isolate posizioni di riferimento deontologico, contrattuale e giuridico (che invece considero complementari), ma auspico di far scorrere il ragionamento con la dinamica di chi andrà a leggerne l’eventuale andamento applicativo nell’area nursing e commisurato al livello di conoscenza, di coscienza sociale, di considerazione dei propri diritti, della capacità di affermazione degli stessi da parte degli infermieri che e se dispongono di mezzi cognitivi e di esperienza necessari per adattare una risposta assistenziale alla persona piuttosto che al caso clinico e/o alle provocazioni strumentali sulla disapplicazione dell’art. 49.
 
Chi ha avuto modo di seguire la pubblicazione, deve potersi prendere la libertà di comprendere e scegliere se e come muoversi a fronte dell’esposizione che ho cercato di tracciare rispetto ad irrituali disposizioni di servizio. Si impone infatti, prima di precetti normativi e regolamentari, di anticipare la risoluzione delle eventuali questioni che si innescano ponendo in campo azioni di “compenso” tali da ristabilire una sorta di equilibrio tra la disposizione e l’esecuzione, tra la sostanza e l’esito, tra la forma e la responsabilità.
 
E a proposito di compensazione, e concludo, secondo alcuni la lettura dell’art. 49 del Codice di Deontologia Infermieristica altro non è se non quella per cui gli infermieri non possono che essere costretti a “compensare”, permettendo così alle Aziende di risparmiare sul personale, mantenere bassi gli standard assistenziali, impedire l’innovazione e favorire il demansionamento e la dequalificazione.
 
Niente di più infondato, ma logica conseguenza di non volerlo analizzare dal punto di vista autentico, quello deontologico professionale.
 
Pertanto sottolineo con forza che l’infermiere:
- nell’interesse primario degli assistiti (concetto di advocacy e principio di beneficienza, valore di continuità) compensa le carenze e i disservizi che possono eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera (valore di ideale di servizio e principio di non maleficienza). Rifiuta la compensazione, documentandone le ragioni, quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi sistematicamente il suo mandato professionale (principio di responsabilità professionale, valore d’ideale di servizio).
 
L’articolo 49, dal punto di vista dell’istituzione che lo ha emanato nel prioritario interesse del cittadino e  della comunità professionale che rappresenta:
- tutela il diritto della persona assistita di avere un percorso di cura e assistenza appropriato e sicuro;
- chiede all’infermiere di espletare il dovere di assistere anche in condizioni non ideali;
- chiede all’infermiere di attivarsi affinché i disservizi e le carenze non perseverino nel tempo;
- chiede all’infermiere di attivarsi affinché i disservizi e le carenze e non ledano se stesso e la professione.
 
Attivarsi assume una valenza positiva, una assunzione di responsabilità, una manifestazione tangibile di consapevolezza, vuol anche dire rivolgersi a chi può adoperarsi affinché l'organizzazione ponga in essere i correttivi necessari per far operare i professionisti nelle migliori condizioni possibili.
 
Alla pretestuosa domanda “ma perché altre professioni non hanno nel loro Codice Deontologico tale impostazione?”, sarebbe da rispondere “molte professioni nemmeno lo possiedono”. Aggiungo che verso i cittadini abbiamo una posizione di garanzia che va ben oltre la vivisezione di un solo articolo di un complessivo modo di intendere l’esercizio professionale, e che il Codice Deontologico è l’unica norma cogente pensata, ragionata, promulgata da infermieri per infermieri!
 
Diffondere interpretazioni lontane dall'evidente ratio dell’intero Codice di Deontologia Infermieristica non rende onore agli stessi che le diramano, a volte avulsi dal contesto che intendono far proprio, proporre, rappresentare e tutelare nell’esercizio quotidiano della professione e nell'assistenza infermieristica, già complessa di suo, e che può e deve tranquillamente fare a meno di conflitti strumentali ed extraistituzionali, potendo i detrattori dell’art. 49 magari dedicarsi alla trattazione di tematiche più consone all’ambito di appartenenza.
In conclusione allego infine un riepilogo delle voci principali che caratterizzano gli Aspetti Patologici dell’Organizzazione del Lavoro.
 
Graziano Lebiu
Infermiere forense, Presidente Ipasvi Carbonia Iglesias
 
Leggi la prima, la seconda e la terza parte
21 aprile 2016
© QS Edizioni - Riproduzione riservata