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QS Edizioni - mercoledì 27 novembre 2024

Lavoro e Professioni

Medicina convenzionata. La Cgil boccia il nuovo Atto d'indirizzo: “Rischio caos nell’assistenza notturna. Ci sarà solo il 118”

immagine 14 aprile - Il sindacato attacca duramente il documento approvato ieri dal Comitato di Settore. "Si sottrae ai cittadini l'assistenza della medicina generale per 8 ore nei giorni feriali e 12 ore nei festivi e prefestivi e si prevede di utilizzare il 118 per andare a vedere una febbre, un mal di pancia, un mal di schiena, con il rischio di lasciare scoperto quel paziente a cui il 118 può salvare la vita".
“Il nuovo atto d'indirizzo per il rinnovo della convenzione di medicina generale, approvato ieri dal Comitato di settore per il comparto Regioni – Sanità, riduce l'assistenza della medicina generale da 24 ore su 24 a 16 ore su 24 nei giorni feriali e a 12 ore il sabato e i festivi, delegando al sistema di emergenza urgenza 118 - dalla mezzanotte alle 8 nei giorni feriali e dalle 20 alle 8 nei giorni di sabato e festivi - tutti gli interventi sanitari, da quelli più banali alle emergenze”. Così in una nota congiunta Cgil, FpCgil e FpCgil Medici criticano l’Atto d’indirizzo approvato ieri dal Comitato di Settore per il rinnovo dell'accordo collettivo nazionale dei medici di medicina generale e della pediatria.
 
Per la Cgil “si sottrae ai cittadini l'assistenza della medicina generale per 8 ore nei giorni feriali e 12 ore nei festivi e prefestivi e si prevede di utilizzare il 118 per andare a vedere una febbre, un mal di pancia, un mal di schiena, con il rischio di lasciare scoperto quel paziente a cui il 118 può salvare la vita. Inoltre per qualunque malore notturno si dovrebbe andare al pronto soccorso. Insomma la notte tutti al pronto soccorso da soli o con il 118. Ciò evidentemente aumenterebbe le attese e anche le barelle perché si dovrebbero ospedalizzare di fatto più persone”.
 
 
“La guardia medica – ricorda il sindacato - oggi non fa solo visite domiciliari ma anche consulenze mediche telefoniche che possono risolvere il problema, evitando al paziente di andare al pronto soccorso. Certo che così com'è oggi la guardia medica è un corpo separato. Infatti fin dal 2007 abbiamo chiesto, come Fp Cgil Medici, la sua abolizione: ma come figura professionale separata, non come servizio. Per questo ci vuole effettivamente il ruolo unico. Ma quello proposto dall'atto di indirizzo sembra un raggiro. Oggi si chiamano medici di guardia medica- continuità assistenziale, domani medici di  cure primarie a rapporto orario. I medici di famiglia si chiameranno invece medici delle cure primarie a ciclo di scelta, che potranno disporre nelle cosiddette Aft (Aggregazioni Funzionali Territoriali) delle ex guardie mediche, nella misura di 5 a 1”.
 
 
“Ruolo unico – evidenzia la nota - per noi significa che si può fare tutti lo stesso lavoro, che tutti i medici possono fare le notti e che tutti i medici possono essere scelti dai cittadini senza più distinzioni. Per questo obiettivo abbiamo da tempo messo a disposizione una proposta dettagliata. In sostanza è necessario l'abbattimento del massimale a 1 medico per 1000 abitanti assistiti, invece degli attuali 1500, e l'abolizione della figura del medico di guardia medica. Tutti così diventato effettivamente medici delle cure primarie che insieme, in un determinato territorio di competenza, garantiscono l'assistenza primaria h24 per 7 giorni su 7 con organizzazione distrettuale.  È difficile?”

 
“L'atto di indirizzo – prosegue - sfonda poi un altro pilastro, il numero ottimale (numero di medici/abitanti). Finora fissato a livello nazionale per avere un'assistenza più omogenea, almeno nelle intenzioni, viene di fatto delegato alle autonomie regionali. E quindi, con la scusa delle esigenze locali, di fatto avremo un incremento del numero di assistiti per medico, con minore qualità delle prestazioni per i cittadini, e la riduzione conseguente di medici che potranno svolgere questo lavoro con le più disparate differenze tra le varie regioni. Così si riduce ancora l'assistenza e si sbatte la porta in faccia ai giovani. Gli rimane una prospettiva di subalternità e di ridotti guadagni. Eppure hanno gli stessi titoli!”.
  
14 aprile 2016
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