Curare, molto più oggi che ieri, vuol dire mettere insieme diversi
saperi e quindi diverse
conoscenze. Il
sapere è il complesso di conoscenze accumulate, la
conoscenza è l’apprendere, il comprendere, l’essere consapevoli. Curare quindi è una di quelle operazioni intellettuali per definizione complesse.
Per ragioni soprattutto economicistiche ma anche di altro tipo (legali, opportunistiche, culturali, ecc.) oggi si vuole curare semplificando quindi riducendo la complessità (decreti per l’appropriatezza, linee guida, tetti di spesa, note limitative, ecc.). Per combattere il consumo irragionevole di medicina a fronte di una oggettiva difficoltà dei medici a risolvere responsabilmente il problema, forte è la tentazione dello Stato di mettere a regime una sorta di “
medicina amministrata” nella quale la cura viene standardizzata e l’autonomia clinica messa di fatto sotto tutela.
Quindi il sapere medico ridotto ad uno standard e la conoscenza clinica ridotta a procedure performanti. Contro questa dissennata tentazione c’è chi dichiara sciopero, chi rivendica autonomia, chi si accorda con il ministero, chi difende l’indifendibile, chi rincorre centralità perdute e chi, come il sottoscritto, propone a dir il vero da anni un ripensamento della clinica per tararla proprio sulla complessità, la mia amata “
medicina della scelta” convinto così di accrescere la capacità del medico a servirsene come una risorsa tanto epistemica che economica.
Ermete Trimegisto...maestro di complessità
Ma c’è anche chi per difendere la complessità della cura non ha esitato a riesumare
Ermete Trimegisto. Costui era un maestro di sapienza (addirittura per taluni un Dio) chiamato anche
Trimegisto perché era bravo tre volte: per i discorsi , le lettere e i numeri. Se per complessità si intende un
mondo a molti mondi allora
Ermete Trimegisto era una maestro di complessità perché metteva insieme i tanti mondi della ragione quindi il sapere e la conoscenza.
Il “
progetto Ermete Regione Veneto”, è un
sistema informatico (ICT) con lo scopo di collegare sapere e conoscenze utili per la cura delle malattie. Ermete se non fosse una interconnessione non sarebbe Trimegisto. Interconnettere saperi diversi e conoscenze diverse ha l’obiettivo di fare in modo che ogni medico sia in qualche modo Ermete quindi un maestro di complessità.
Anche se l’idea non è nuova e ha avuto diverse applicazioni (isabel, medidrug, dynamed ecc) i complimenti vanno in particolare a
Alessandro Camerotto (Responsabile Scientifico Progetto Ermete Regione Veneto) e a
Vincenza Truppo (Ricercatrice Progetto Ermete Regione Veneto) che nel mettere in piedi il progetto si sono sforzati di trovare un equilibrio tra scienza economia etica e autonomia professionale, evitando le trappole di una malcelata medicina amministrata, e che su questo giornale sono intervenuti a proposito della polemica sui “
Lineaguidari” proponendoci una mediazione molto interessante (
QS 24 marzo 2016).
In cosa consiste il progetto? Non dirò una sola parola sulla sua organizzazione tecnica e sulle sue proprietà informatiche. Vi consiglio di leggere l’articolo dove è tutto ben spiegato. A me interessa comprendere il pensiero che ci sta dietro perché è sulla differenza di pensiero che è nata la riflessione sui
lineaguidari, i malintesi con “
allineare sanità e salute” e la polemica con “
slow medicine”.
Vorrei:
· comprendere cosa implica per la cura del malato avere un sapere e una conoscenza informatizzata,
· capire se il medico rispetto a questo supporto informatico deve essere aggiornato,
· essere sicuro che Ermete non sia semplicemente una linea guida più sofisticata ma come mi pare sia, qualcosa di più cioè un sistema comunque al servizio dell’autonomia clinica del medico e delle necessità del malato.
I postulati di Ermete
Nel loro articolo i nostri “ermetisti” (l’aggettivo è scherzoso) partono da tre postulati.
Il primo è che senza saperi e conoscenza non si prendono le decisioni giuste quindi non si ha appropriatezza. Riqualificare la spesa per loro è un problema di decisioni giuste. Si tratta di un
postulato gnoseologico (la gnoseologia è la parte della filosofia che si occupa di conoscenza quale valore, da non confondere con l’epistemologia che è il modo di conoscere quale criterio e di organizzare il sapere con delle regole) con il quale sono molto d’accordo.
Il secondo è la “
compossibilità tra clinica, economia ed etica” quindi tra sapere e conoscenza. Per me come è noto si tratta di un concetto chiave. Essa è la condizione per la quale il mondo del malato è fatto da tanti mondi cioè la complessità anziché essere un problema come pensano i
lineaguidari con le loro riduzioni e le loro semplificazioni proceduraliste, può essere una risorsa e una soluzione ma a condizione che sia senza contraddizioni. Si tratta quindi di rimuovere contraddizioni in generale tra il sapere e il conoscere, perché le contraddizioni costano prima di tutto al malato e poi allo Stato.
Il terzo presupposto è quale medico per usare pragmaticamente con autonomia e responsabilità saperi e conoscenze organizzate anche in modo informatico secondo i principi della
compossibilità
Quali saperi e quali conoscenza?
Di quali saperi e di quali conoscenze parliamo? Solo cliniche tout court? Mi pare di capire che Ermete organizza tutti i saperi e le conoscenze cliniche e epidemiologiche quindi statistiche disponibili.
Ma rispetto alla complessità di un malato il presupposto gnoseologico deve far posto almeno ad alti tipi di saperi e di conoscenze:
·
scientifici in senso neopositivistico classico quindi verificati da un metodo,
·
non scientifici ma non per questo irrazionali,
·
conoscenze di altro tipo ad esempio sovrabiologiche, contingenti, singolari, relazionali,
·
scientifici in altro modo cioè verificati empiricamente extra, metodologicamente,
·
conoscenze comunque comprovate dai risultati.
Ermete quale ICT organizza solo quelle ritenute convenzionalmente scientifiche ed empiricamente accertate ma non perché esso sia un sistema difettoso ma perché quelle altre conoscenze (pragmatiche, contingenti, situazionali, contestuali, biosingolari, personali, ecc.) non possono essere informaticamente organizzate perché dipendono dalla relazione che esiste tra il medico e il malato.
Quindi Ermete assiste certo il medico ma dentro una
relazione clinica. Se la relazione è la circostanza occasionata da una necessità di cura. nella quale avviene l’incontro tra saperi diversi e conoscenze sul caso, allora il medico è colui che mette insieme Ermete con il resto. Il medico diventa Trimegisto nel senso che
è lui non il sistema di supporto informatico che mette insieme sapere, conoscenza e prassi.
Autore
Questo medico che interconnette il sapere la conoscenza e la prassi, anche con l’aiuto dell’ICT io lo definisco come i nostri rovigotti “
ermetisti”
autore, cioè uno che scambia autonomia con responsabilità valutato sulla base dei risultati che raggiunge. Questo altro tipo di medico che prende il posto del
compitiere, permette di superare le storiche dicotomie care a qualsiasi
lineaguidaro vale a dire: evidenze e opinione, scienza e conoscenza, conoscenza e esperienza ,sapere e conoscenza, ecc.
Questo medico per me è il più adeguato al governo della complessità. Per questo genere di medico vale la pena mettere in piedi sistemi come Ermete. Anzi egli non può essere tale se non dispone di un sapere e di una conoscenza scientifica organizzata proprio perché tanto il primo che la seconda sono sempre meno dominabile mnemonicamente.
Per me
l’autore è la migliore risposta:
· all’economicismo che sta minando il valore dell’autonomia clinica,
· alla appropriatezza quale forma di medicina amministrata,
· alla semplificazione della complessità che teorizzano i
lineaguidari.
Se Ermete punta davvero ad assistere il medico nel governo della complessità clinica, come sembra, cioè punta davvero sull’autore allora i miei amici ermetisti si possono permettere il lusso di liberarsi di alcune residue suggestioni economicistiche quelle che legano ad esempio in modo lineare “
decisioni/appropriatezza/risparmio”.
Oltre l’appropriatezza
Nella complessità c’è anche il problema economico ma insieme a quello clinico, a quello sociale, a quello etico, organizzativo, ecc., cioè i rapporti tra questi mondi sono circolari (non lineari) e l’effetto economico nel bene e nel male è
coemergente insieme a quello clinico, ecc, cioè è insito nella buona o nella cattiva cura:
· la “
buona decisione” è la conseguenza della “
buona scelta clinica”,
· la quale dipende dalla “
buona conoscenza della complessità”,
· che è tale solo se è il risultato di una
interconnessione tra saperi e conoscenze diverse.
Quindi non è l’appropriatezza nell’attuale accezione economicistica (i mezzi che condizionano i fini) che permette di prendere la
decisione giusta, ma è “
l’interconnessione tra saperi e conoscenze” coadiuvata anche da Ermete che permette la “
buona scelta” che a sua volta permette “
la buona decisione” clinica facendo
anche una sanità non diseconomica.
I fini non sono subordinati ai mezzi ma sono mediati dalla conoscenza della complessità da parte dell’autore che decide con i saperi e le conoscenze di cui dispone in autonomia e responsabilità con l’occhio puntato sui risultati tanto clinici che economici.
Questo sposta il tiro dalla tradizionale visione
dell’appropriatness alla
propriety:
·
proprietyè un concetto riferito al soggetto adeguato a scegliere...in questo caso il
medico adeguato (non appropriato) al caso ..cioè l’autore,
·
appropriatnessè un concetto riferito alla procedura alla quale il medico si deve attenere.
Secondo me Ermete proprio perché è concepito al servizio dell’autonomia del clinico dovrebbe connotarsi apertamente come uno strumento per la
propriety non per
l’appropriatness quindi per accrescere le qualità e le capacità di chi sceglie e decide nella complessità. Cioè pensato per rendere il medico più adeguato non per rendere più appropriate le sue decisioni. Assistere l’autonomia del clinico e ragionare con la logica
dell’appropriatness crea aporie e contraddizioni dal momento che per la versione vieta di appropriatezza è l’autonomia il problema principale da risolvere ricorrendo alle linee guida.
Per me chi sceglie decide le caratteristiche della scelta con tutto quello “
che sa” e “
che è”, perché
agente e
atto non sono separabili. Non si ha nessuna appropriatezza se chi sceglie è gnoseologicamente e epistemologicamente inadeguato rispetto ai contesti in cui opera per cui si illudono i
lineaguidari di risolvere questa aporia con le linee guida. Per me quindi Ermete è un supporto informatico intelligente non al servizio della scelta appropriata ma di chi sceglie in modo adeguato.
Vorrei segnalare ai nostri eccellenti rovigotti un rischio: se Ermete non chiarisce meglio la logica di riferimento rischia di rivelarsi suo malgrado una forma di
proceduralismo attenuato o semplicemente meglio organizzato. Niente di trascendentale si tratta solo prima della processione di vestire il santo con abiti
adeguati non
appropriati.
Compossibilità
Passiamo ora al discorso della
compossibilità. Questo termine vuol dire semplicemente che nella complessità fatta da tanti saperi e conoscenze non devono esistere tra di loro contraddizioni. Quando tra sapere e conoscenza , scienza e conoscenza, tra evidenze e realtà, tra metodo e risultati, tra procedure e singolarità esistono, come è normale che esistano, delle contraddizioni, tocca all’autore rimuoverle. Ma cosa vuol dire rimuovere delle contraddizioni? E’ la stessa cosa che risolvere dei problemi(
problem solving)?
No non è la stessa cosa:
·
rimuovere vuol dire cambiare i condizionali che nella realtà creano contraddizioni quindi intervenire in senso controfattuale,
·
risolvere invece significa riparare un fatto in senso fattuale cioè restare nella logica dei fatti,
Controfattuale e
fattuale sono idee diverse:
· la prima cambia i fatti contraddittori cioè li sostituisce con altri fatti quelli compossibili,
· la seconda ripara i fatti che ci sono ma senza cambiarli.
La
scelta compossibile per un autore è quella che rimuove le contraddizioni che vi sono tra scienza etica economia, ma anche tra malato e medico, tra neopositivismo e complessità, tra azienda e diritti sociali ecc. La scelta compossibile crea una medicina al minimo delle contraddizioni.
I
lineaguidari da bravi positivisti ragionano sui
fatti ,con la logica
fattuale e quindi con quella della
compatibilità tra
fatti ,cioè partendo comunque dal presupposto che:
· esiste un
fatto che si chiama
limite al quale bisogna adattarvisi,
· la clinica si debba adattare all’economia cercando di eliminare gli sprechi,
· la pratica si debba adattare al metodo per essere standardizzata e costare meno,
· l’autonomia clinica si debba adattare alla medicina amministrata perché i soldi sono pochi.
Per i
lineaguidari non esistono contraddizioni da rimuovere ma solo problemi da risolvere. Essi sono sostanzialmente dei
problem solver che si occupano di limiti, regole, raccomandazioni , sovra-consumo , sottoutilizzo ,sprechi cioè di tutti quei problemi definiti a vario titolo “
inappropriatezze”.
Per loro Il mondo è quello che è per cui bisogna gestirlo meglio con delle razionalizzazioni, con delle guide, con delle prescrizioni, con delle raccomandazioni, con delle limitazioni.
Per loro il governo della sanità è sempre inteso comunque come un atto clinico-amministrativo . La compossibilità è possibilità cioè... qualcosa può essere. ..la compatibilità è impossibilità ..qualcosa non può essere.
Se decidiamo di ragionare con la logica della compossibilità come io auspico il problema:
· non è più solo “
quante” conoscenze scientifiche ha il medico e “
quanti” sono i suoi problemi cognitivi e neanche la pur importante ’
accountability,
· ma
come sono le sue capacità a leggere
l’attualità del malato (il principio di attualità è tutto quanto è presente in quel momento in un malato) sapendo che il medico decide sempre su un caso in un contesto e in una contingenza.
Mentre per i
lineaguidari i casi i contesti e le contingenze sono sussunte nella procedura. Questa è la ragione per la quale le linee guida anche le più sofisticate spesso non funzionano. Ma se questo è vero allora la
scelta oltre ad essere una questione di saperi e conoscenze è anche una questione di manico, cioè di abilità, sensibilità, capacità ragionativa, di pragmatismo, di buon senso di ragionevolezza
. Cioè di come uso quello che so e conosco. Per raggiungere dei risultati compossibili.
Cosa fare, come fare e chi fa
I nostri rovigotti “
ermetisti” scrivono:
“il problema centrale non è, come scrive Cavicchi, tra il cosa fare e il chi fa, bensì è come fare, perché cosa fare, lo sappiamo (EBM, linee guida ed esperienza) e chi lo deve fare anche (il medico autore nella sua autonomia professionale).
E poi aggiungono:
“Ma non sappiamo ancora come fare a “linkare” questi due aspetti raggiungendo un livello di appropriatezza adeguato alle necessità cliniche dello stakeholder finale...”
Insisto, il
come fare dipende da
chi è chi fa (
il modo di essere segue l’essere) e
chi fa oggi non è ancora un
autore ma resta un
compitiere che qualcuno vuole mettere sotto tutela.
Quanto a linkare osservo che non è Ermete ICT che linka tutto ciò che c’è nella complessità ma
l’autore perché non tutto è linkabile. Ermete lo aiuta ad organizzare al meglio i saperi e le conoscenze tradizionalmente considerate scientifiche ma tutte le altre in particolare quelle relazionali non si possono linkare.
Se non fosse così non cambierebbe sostanzialmente nulla se a guidare il medico anziché avere delle linee guida avessimo un sistema ICT anche se il medico vi partecipa empiricamente (“
ci mette la faccia”). Quindi non tutti i saperi solo linkabili e meno che mai tutte le conoscenze. Ma è per questo che abbiamo bisogno del medico se non fosse così sarebbe preferibile al suo posto il computer. Se non fosse così sprofonderemmo nello scientismo perché tutta la complessità del malato sarebbe riconducibile solo ad una dispotica verità scientifica.
Se fossi la Fnomceo proporrei al ministero della Salute, il ritiro del decreto sull’appropriatezza, ma sostituendolo con un programma ICT a scala nazionale nel quale progetti come Ermete siano messi a disposizione di un medico autore che per ovvie ragioni dobbiamo assumere a priori come autogovernabile e quindi inamministrabile. Altrimenti ripeto meglio il computer.
Agli autori del progetto Ermete, a parte apprezzare il loro sforzo ideativo, consiglio solo di attrezzare meglio la loro creatura con un apparato concettuale più adeguato alla sua innovatività e quindi di osare di più sul terreno del cambiamento culturale. Lo potete fare si può fare e si deve fare.
Resto convinto che se “
chi cura” non impara a fare con “
chi è curato” scelte compossibili, “
chi cura” e “
chi è curato” sarà sempre più amministrato.. ma.. siccome una “
medicina amministrata” sarebbe una iattura, ben tornato Ermete Trimegisto.
Ivan Cavicchi