L’essere madre o padre arricchisce il professionista dal punto di vista affettivo, e questo è scontato. Ma lo arricchisce anche e soprattutto dal punto di vista professionale. Gestire le dinamiche all’interno di una famiglia per un professionista medico significa imparare ad essere un medico migliore, che conosce le debolezze, le fluttuazioni necessarie degli equilibri familiari durante una giornata. L’intensa relazione che si vive nella famiglia è come un mare che si muove. Ci sono i momenti di calma e c’è il momento di crisi. Il bambino che si sente male e ti vomita addosso di notte, magari è una banalità che minimizzi come professionista quando te la vengono a raccontare a studio il giorno dopo. Quando però la devi gestire nell’ora buia della notte e capire se tre vomiti di seguito sono una cosa normale, comprendi l’angoscia, vivi l’essere malato, l’ansia del genitore. Insomma vivi la vita in prima persona e sei più in grado di interpretarla professionalmente quando poi la devi affrontare nella sua declinazione professionale e tecnica.
Con la bocciatura dei ministeri della nostra proposta di nuove tutele gestite dal nostro Ente, abbiamo perso (per il momento) qualcosa di diretto e cioè le nuove coperture che potremmo garantire con il nostro regolamento, un’indennità minima più alta, migliori tutele per la gravidanza a rischio, l’equiparazione in caso di adozione nazionale e internazionale, i voucher per le spese del nido e della baby sitter.
La proposta dell’Enpam è stato il frutto del lavoro articolato di una commissione di esperti che si è costituita anni fa sotto il coordinamento di
Anna Maria Calcagni, consigliere Enpam e presidente dell’Ordine di Fermo e consigliere Enpam. Tra i componenti c’erano
Francesca Basilico, allora consigliere Enpam di nomina ministeriale,
Roberta Cherservani, poi eletta presidente della Fnomceo,
Maria Carmela Strusi, presidente della consulta degli specialisti ambulatoriali,
Alba Latini presidente della Cao di Teramo e oggi membro dell’Assemblea nazionale della Fondazione,
Giampiero Malagnino, vice presidente vicario Enpam, con il supporto tecnico di
Ernesto Del Sordo, allora direttore generale e
Vittorio Pulci, direttore della Previdenza della Fondazione.
Il no dei ministeri alle nuove tutele alla genitorialità non è stato mirato alla specificità della proposta, qualsiasi iniziativa avrebbe avuto lo stesso corso. A bocciare il nuovo pacchetto di misure è stato un concetto che si chiama bilancio consolidato dello Stato. Secondo questa visione ogni nostra spesa configura una voce negativa per il saldo consolidato statale, dato che la Ragioneria dello Stato si ostina a considerarci pubblici nonostante siamo una Fondazione privata, per il fatto che siamo inseriti nell’elenco Istat della pubblica amministrazione. Insomma se esce un euro e non c’è una voce analoga di copertura loro dicono no. Anche se è un costo, o un investimento, che nella nostra autonomia possiamo permetterci.
La limitazione dunque è per l’Enpam anche di carattere generale. Siamo stati infatti chiamati nuovamente a confrontarci sul piano dell’autonomia. Una battaglia per noi sempre più prioritaria, come ho chiaramente indicato nella proposta di mandato per la presidenza della Fondazione e che ho ribadito anche come presidente dell’Adepp. Autonomia da declinare come diritto all’autodeterminazione, visto che in venti anni dalla privatizzazione le Casse dei professionisti hanno dimostrato di saper fare il loro mestiere meglio della controparte pubblica.
Ma non abbiamo nessuna intenzione di restare a guardare rassegnati mentre veniamo messi dentro una visione retriva, una cappa ragionieristica che non ci permette di investire sul vero motore portante della tenuta del sistema, cioè il patto tra generazioni subentranti, con un’assistenza strategica che favorisca concretamente i giovani. Perché la questione della genitorialità è uno dei nodi principali che li riguarda. Fare welfare significa anche favorire il rientro al lavoro dopo la nascita di un figlio, alleggerire la gestione dei compiti familiari, sostenere il reddito della famiglia.
Un ente previdenziale che abbia una visione ampia e lungimirante deve costruire la sostenibilità sulla corrispettività: se le generazioni precedenti hanno avuto condizioni demografiche e quindi previdenziali più favorevoli, adesso bisogna assicurare ai giovani una serie di misure che li sostengano concretamente nelle esigenze professionali e di vita.
Per quanto riguarda, infine, la disparità di genere nella professione, di reddito tra donne e uomini e nelle opportunità di carriera, come Enpam ci proponiamo di sostenere la qualità della professione e non solo la quantità, oltre a valorizzare la specificità delle donne nel mondo del lavoro. La qualità, attraverso la formazione, che deve essere legata alla corretta definizione del concetto di istruzione, di educazione e di addestramento.
Non ci accontenteremo dunque di un no ragionieristico che mortifica le mamme, i papà e tutta la categoria medica e odontoiatrica. Il nostro lavoro prosegue per trovare una soluzione con i ministeri.
Come Enpam non ci arrenderemo finché non otterremo di poter dare le tutele di cui gli iscritti hanno bisogno.
Alberto Oliveti
Presidente della Fondazione Enpam