Nominata la nuova Commissione di vigilanza sulla legge antidoping, ma senza il biochimico clinico e il tossicologo forense abitualmente nominate dal Consiglio Nazionale dei chimici (Cnc). "Scelta azzardata" che "non tiene conto del ruolo fondamentale della chimica nel doping e di quello che in passato la commissione è riuscita a realizzare anche grazie all'attività dei rappresentanti di questo settore". Ad affermarlo è il presidente del Consiglio nazionale dei chimici, Armando Zingales, che denuncia così le nuove regole per la composizione della commissione previste dalla legge approvata nel novembre scorso (l.183/2010).
"Bisogna ricordare che, per iniziativa dei chimici, sono state inserite nell'elenco ufficiale dell'agenzia mondiale antidoping nuove sostanze, altrimenti sfuggite al controllo e che grazie ai chimici sono state smascherate operazioni di doping abilmente camuffate", afferma Zingales. "Averli esclusi dalla Commissione di vigilanza e controllo sul doping, appena insediatasi, equivale ad assicurare la sostanziale impunità a chi assume e somministra sostanze dopanti, soprattutto quelle di nuova introduzione. E' inaccettabile sia dal punto di vista sportivo che dal punto di vista della tutela della salute dei giovani". "
"Purtroppo - commenta Dario D'Ottavio, biochimico clinico e già membro per 4 anni della Commissione antidoping -, i nuovi criteri secondo cui vengono nominati i componenti della Cvd non sono più in grado di garantire l'autonomia e la scientificità che tipicamente hanno sempre caratterizzato l'attività di questo organismo". E così, nella nuova composizione c'è "una prevalenza della componente politica della commissione, a totale detrimento della scientificità e dell'indipendenza" e questo "ne riduce le potenzialità per la lotta al doping".
"Forse - continua il presidente Zingales -, quando il prof. Veronesi afferma in un suo intervento che si dovrebbero liberalizzare le sostanze dopanti non palesemente nocive alla salute, si fa soltanto interprete dell'opinione dominante nel settore sportivo secondo la quale se un atleta vuole minare la sua salute per raggiungere risultati per lui impossibili, è liberissimo di farlo. Sono certo - conclude - che le famiglie italiane vorrebbero poter mandare i loro figli ad esercitare attività sportiva, anche agonistica, senza dover avere la quasi certezza che torneranno menomati nella salute dal doping. Sembra che non si sia imparato nulla dalla storia e dalla cronaca. Il richiamo vacuo a comportamenti etici, senza un controllo efficace, è pura demagogia".