"Con la legge regionale n. 19 del 2014, la Regione Umbria ha dettato una regolamentazione complessiva delle discipline bionaturali, al dichiarato scopo di valorizzare le stesse. La potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle 'professioni' deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato". Questa la motivazione che ha portato la Corte Costituzionale a dichiarare l’illegittimità degli artt. 2, comma 1, e 5, comma 1, della legge della Regione Umbria 7 novembre 2014, n. 19 (Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione delle discipline bionaturali) e, di conseguenza, delle restanti disposizioni della medesima legge regionale.
A questa considerazione di ordine generale, la Corte ha aggiunto che "tra gli indici sintomatici della istituzione di una nuova professione" vi è "quello della previsione di appositi elenchi, disciplinati dalla Regione, connessi allo svolgimento della attività che la legge regolamenta, giacché l’istituzione di un registro professionale e la previsione delle condizioni per la iscrizione in esso hanno, già di per sé, una funzione individuatrice della professione, preclusa alla competenza regionale". Nella fattispecie, infatti, si spiega nella sentenza, " il legislatore regionale ha individuato nuove figure professionali, ignote, come tali, alla legge statale".
"Si deve quindi concludere - spiegano i giudici - che le disposizioni impugnate identificano la nuova professione di operatore in discipline bionaturali e travalicano i limiti della potestà legislativa regionale nella materia, di competenza concorrente, delle 'professioni'".