“Ad una settimana dalla scadenza del 25 novembre per l’applicazione della Direttiva europea sull’orario di lavoro in sanità, è finita con un nulla di fatto il confronto odierno all’Aran. A fronte della necessità che abbiamo più volte evidenziato, di garantire la qualità delle prestazioni ai cittadini da parte di medici che abbiano rispettato il giusto orario di lavoro europeo, l'Agenzia ha avuto mandato di chiedere la condivisione di deroghe che avrebbero, però, come unico risultato quello di danneggiare i cittadini oltre che gli stessi medici”.
Così in una nota congiunta i sindacati della dirigenza medica (Area contrattuale IV)
Anaao Assomed, Cimo, Aaroi-Emac, Fp Cgil Medici, Fvm, Fassid (Aipac-Snr-Simet), Cisl Medici, Fesmed, Anpo-Ascoti-Fials Medici e Uil Fpl Medici dove si sottolinea che: “L’osservanza della normativa europea è una questione di politica sanitaria che ha visto sino ad oggi assenti Governo e Regioni. Si tratta di organizzare i servizi in modo appropriato e di garantire le risorse umane necessarie per l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza”.
“Siamo disponibili a mantenere il tavolo tecnico aperto – scrivono ancora i sindacati - ma riteniamo imprescindibile il confronto politico che porti a una ridefinizione complessiva delle tematiche dell’orario di lavoro nell’ambito del nuovo contratto e uno stanziamento di fondi necessari nell’ambito della Legge di Stabilità, a partire dal superamento del precariato”.
E così anche “l’orario di lavoro europeo sarà tra le ragioni della Manifestazione che unitariamente abbiamo organizzato con la Fnomceo il pomeriggio di sabato 28 novembre a Roma in Piazza SS Apostoli e dello sciopero nazionale del 16 dicembre”, concludono.
Critiche anche dai sindacati della dirigenza sanitaria, tecnico professionale amministrativa (Area contrattuale III) del Servizio sanitario nazionale. “Siamo stati riconvocati all’ARAN questo pomeriggio, con nostra sorpresa, e abbiamo ribadito la nostra posizione: no ad altre deroghe alle previsioni normative europee e nazionali sugli orari di lavoro, no soprattutto a ridurre i periodi di riposo fra un turno e l’altro, no alla previsione di pronte disponibilità “camuffate” attivate al posto di turni ordinari di lavoro che non possono essere programmati, perché il personale è insufficiente per aprire i gruppi operatori e i servizi di urgenza ed emergenza”. Dichiarano le federazioni di categoria
Fp Cgil, Cisl Fp e
Uil Fpl.
“Le deroghe sono state attivate ormai dal 2010 – spiegano i sindacati - e in questi anni sono servite solo come alibi al ministero della Salute per non fare le politiche e gli investimenti necessari sul personale. Investimenti che erano e sono necessari a indurre quei cambiamenti che devono accompagnare le trasformazioni dichiarate nei diversi patti per la salute. E sono servite anche alle Regioni, per tagliare la spesa e non controllare sprechi e ruberie che si annidano nel sistema e portano la spesa fuori controllo; e alle direzioni aziendali, per evitare quei cambiamenti organizzativi e professionali indispensabili per assicurare appropriatezza delle cure, nel rispetto di standard adeguati e condivisi.”
“Il personale del servizio sanitario è diminuito in 5 anni di oltre 20.000 unità, il ricambio generazionale è inesistente e l’età media si è alzata in modo preoccupante. I lavoratori che per ragioni di salute non possono esercitare al meglio sono oltre il 20% del personale delle aziende sanitarie e ospedaliere. Questi numeri presentano una fotografia preoccupante, considerato quanto questo settore sia strategico sia per il benessere dei cittadini che per l’economia del nostro paese.”
“Il lavoro, all’interno del sistema sanitario, è l’elemento più qualificante e più importante. Lo devono capire il ministro della salute, i governatori delle regioni, i direttori delle aziende: serve investire sui professionisti e gli operatori, sul loro benessere, sulla crescita delle competenze, sulla formazione, per fare salute in modo qualificato e sostenibile economicamente. Non bloccare il turn over, i contratti di lavoro e tagliare le prestazioni.”
“Per questo ribadiamo il nostro no alle deroghe e chiediamo un confronto vero con il governo e le regioni sulle condizioni organizzative e professionali dei servizi, sugli investimenti e sulla programmazione dei prossimi anni del sistema sanitario. E chiediamo naturalmente – concludono Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl - di aprire la trattativa per il rinnovo contrattuale, con risorse adeguate e con la disponibilità ad aggiornare l’ordinamento professionale e gli istituti contrattuali del salario e delle tutele dei lavoratori.”