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QS Edizioni - mercoledì 27 novembre 2024

Lavoro e Professioni

Emergenze pediatriche e neonatali. Il ruolo centrale dell’anestesista in una realtà troppo frammentata

di Dario Galante
immagine 7 novembre - Rilevata un’importante disomogeneità dell’assistenza anestesiologica e delle cure intensive e di emergenza-urgenza pediatriche fra diverse Regioni e persino all’interno di una stessa Regione. Ma anche tra i presidi universitari e le altre tipologia di ospedale. L’indagine della Società Italiana di Anestesia, Analgesia e Terapia Intensiva Pediatrica
La Società Italiana di Anestesia, Analgesia e Terapia Intensiva Pediatrica - SIAATIP ha da poco concluso una survey sugli aspetti organizzativi inerenti le emergenze pediatriche e neonatali in Italia che ha visto la partecipazione di anestesisti-rianimatori operanti su tutto il territorio nazionale. I dati preliminari sono stati illustrati in occasione dell’ultimo congresso nazionale e internazionale della Società tenutosi a Vittorio Veneto dal 24 al 26 settembre 2015.
 
Dall’analisi della survey sono emersi risultati estremamente interessanti che mostrano un’importante disomogeneità dell’assistenza anestesiologica e delle cure intensive e di emergenza-urgenza pediatriche fra diverse Regioni e persino all’interno di una stessa Regione. Le più importanti problematiche segnalate durante l’assistenza per le emergenze chirurgiche e anestesiologiche pediatriche si riscontrano nel 59% degli ospedali universitari fino all’81% dei presidi di base e dei DEA di I e II livello. Il motivo principale delle difficoltà lamentate è relativo alla carenza di personale medico e infermieristico dedicato (53% negli ospedali universitari e 71% nei presidi di base e DEA di I e II livello). Tali problematiche non si riscontrano negli ospedali pediatrici specializzati, un dato piuttosto scontato e che ci aspettavamo.
 
Allo stesso tempo, a fronte della carenza di personale dedicato e specializzato, non si osserva una particolare e preoccupante carenza di devices e tecnologie destinate ai pazienti pediatrici, soprattutto per quel che riguarda il management delle vie aeree (5.5% negli ospedali universitari, 11% in tutti gli altri). In ogni caso le tecnologie più moderne/avanzate come i videolaringoscopi e i fibrobroncoscopi risultano essere disponibili in meno di un terzo degli ospedali di base e dei DEA di I-II livello e nel 50% degli ospedali universitari.
 
Un altro punto di debolezza si è riscontrato nella carenza di direttive/linee guida dedicate da parte delle direzioni strategiche aziendali ospedaliere presenti solo nel 28% degli ospedali universitari e nel 17% dei presidi ospedalieri di base e  di I-II livello.
 
Altro dato rilevante emerso è quello del valore di cut-off di età e peso presi in considerazione dagli anestesisti-rianimatori nelle emergenze chirurgiche. Tale valore di cut-off non esiste negli ospedali pediatrici dedicati ed è molto ridotto negli ospedali universitari (5%) per salire fino al 52% in tutti gli altri presidi ospedalieri. Un team specialistico dedicato alle emergenze chirurgiche pediatriche  è assicurato nel 62% degli ospedali universitari e solo nel 20% di tutti gli altri mentre il 20%  dei bambini viene trasferito agli ospedali pediatrici specializzati.
 
Se riportiamo i dati sopra esposti alle realtà geografiche si osserva che il maggior numero di problematiche riguardanti l’assistenza nelle situazioni di emergenza-urgenza chirurgica si riscontra per l’80% in Italia meridionale contro il 66% dell’Italia centrale e il 70% dell’Italia settentrionale.
La carenza di personale dedicato e specializzato è più o meno equivalente (66% nord, 58% centro, 63% sud). Linee guida e direttive aziendali mancano nel 92% degli ospedali delle regioni meridionali e nel 70% degli ospedali di nord e centro Italia. Il cut-off per età e peso è prevalente nelle regioni del nord con il 48% contro il 34% delle regioni centrali e il 40% di quelle meridionali. Un team specializzato e dedicato alle emergenze chirurgiche pediatriche è presente nel 38% delle regioni centrali (con il 17% di trasferimenti verso ospedali pediatrici), nel 31% delle regioni settentrionali (con il 14% di trasferimenti) e nel 27% delle regioni meridionali (con il 20% di trasferimenti). Il 50% dei bambini ricoverati per le emergenze chirurgiche è trattato da chirurghi e anestesisti normalmente dedicati  ai pazienti adulti e senza alcuna differenza fra le Regioni. Anche i devices per il management delle vie aeree pediatriche sono ben distribuiti e presenti in tutte le regioni fatta eccezione per i videolaringoscopi e broncoscopi disponibili solo nel 20% delle regioni meridionali contro il 50% di quelle settentrionali e centrali.
 
Dall’analisi dei risultati della survey emergono importanti riflessioni. Se le criticità non coinvolgono, per ovvie ragioni e in linea di massima, gli ospedali pediatrici specializzati è pur vero che si riscontra un enorme gap organizzativo e formativo in tutti gli altri ospedali compresi i DEA di II livello e quelli universitari che, occorre rilevare, assistono comunque una quota di popolazione pediatrica e neonatale di notevole e non trascurabile entità su tutto il territorio nazionale. In molti di questi ospedali le emergenze e urgenze pediatriche così come le procedure di routine non sono affatto rare e si eseguono interventi chirurgici e procedure anestesiologiche pediatriche anche di una certa complessità pur in un contesto organizzativo che si riscontra avere molti limiti o affidato alla capacità dei singoli.
 
Gli ospedali pediatrici specializzati devono affrontare e selezionare per loro natura le condizioni cliniche più complesse e quindi non possono essere congestionati da afferenze di qualsiasi tipologia mentre deve essere assolutamente ridimensionato il grande gap formativo e organizzativo tra questa tipologia di ospedale e le altre aziende ospedaliere riservando i trasferimenti ai casi clinici di una certa importanza.
 
A tal fine risulta sicuramente indispensabile un rapporto collaborativo interattivo sul modello delle reti ospedaliere HUB e SPOKEche però deve portare anche a un certo grado di autonomia degli ospedali “periferici” che potranno e dovranno essi stessi possedere capacità formativa autonoma o integrata con i centri di riferimento.
 
In questo sistema molte criticità ricadono sulla figura dell’anestesista-rianimatore che gioco forza è lo specialista “finale” cui spetta il compito di eseguire procedure anestesiologiche delicate, affrontare trasferimenti o emergenze potendo contare fin troppe volte solo su sé stesso e non su un’équipe dedicata o quantomeno preparata ad affrontare il paziente pediatrico. Non tutte le direzioni strategiche aziendali, come si evince dalla survey, adottano direttive e protocolli e sarebbe opportuno che esse fossero il più possibile omogenee per tipologia e indirizzo su tutto il territorio nazionale per evitare realtà a macchia di leopardo e comportamenti diversi.
 
Ne deriva che la formazione deve essere trasversale e coinvolgere tutti gli operatori a qualsiasi livello. Dalla survey, infatti, emerge il tasto dolente della formazione. Come è noto la scuola di specializzazione in anestesia e rianimazione e il relativo ordinamento prevede la formazione pediatrica da cui deriva una competenza certificata. Nonostante ciò gli anestesisti interpellati hanno dichiarato come indispensabile un ulteriore training post-specializzazione e un retraining periodico la cui carenza rappresenta un reale punto di debolezza nel corso della propria attività clinica quotidiana. Non ci sono dubbi su chi ha il compito di formare: spetta alle università, alle società scientifiche accreditate e ai centri ospedalieri con documentata esperienza clinica.
 
Come SIAATIP invece abbiamo molte perplessità e siamo seriamente preoccupati sui costi della formazione e dei corsiche in molti casi sono troppo elevati e gravano pesantemente sui singoli dirigenti medici ma anche sulle stesse istituzioni ospedaliere quando se ne fanno carico, specie in questo momento di grave congiuntura economica. Questo aspetto può rappresentare una grave e pericolosa limitazione alle necessità formative che porta fin troppo spesso alla rinuncia e che può essere evitata attraverso strategie diverse nell’interesse prioritario del paziente pediatrico cui occorre dare risposte immediate e concrete.
 
Ci auguriamo che questa survey, i cui risultati sintetici sono stati illustrati nelle linee fondamentali, possa essere utile per un’ampia riflessione da parte delle istituzioni nazionali e regionali e della comunità scientifica al fine di concentrare collegialmente tutti gli sforzi per rendere più efficiente e sicuro il lavoro degli anestesisti-rianimatori interfacciandolo adeguatamente agli altri profili professionali coinvolti. 
 
 Dr. Dario Galante
Presidente Nazionale SIAATIP
7 novembre 2015
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