Da anni se ne parla, tutti la vogliono, la normativa lo consente, ma la “farmacia dei servizi” non decolla. Eppure viene indicata come una soluzione ai problema della Sanità pubblica che deve affrontare la crisi economica a fronte di un aumento della richiesta di salute da parte dei cittadini, che grazie alle cure beneficiano di una sopravvivenza più lunga. In questo contesto i farmacisti pubblici vogliono riqualificare il loro ruolo diventando parte integrante del Servizio sanitario nazionale, applicando in maniera sistematica e non a spot la normativa vigente che consente alle farmacie di essere il primo e più facile sportello di accesso alla prestazione dei servizi sanitari. Lo hanno ribadito i farmacisti delle "Comunali" aderenti ad Assofarm, che ieri hanno affollato i saloni della fiera di Milano per l'incontro di “Farmacista più” la seconda edizione di una kermesse della Federazione degli ordini dei farmacisti per discutere sul futuro della professione e affrontare le nuove sfide.
La rivoluzione è in corso ma deve essere avallata dalla convenzione scaduta che deve regolare il rapporto fra le Regioni e le farmacie. Praticamente la farmacia pubblica potrebbe diventare un presidio territoriale della Asl con molte funzioni, a partire dai cup e dal pagamento del ticket, già in atto in alcune strutture, ma anche erogazione di servizi e prestazioni a volte in convenzione, a volte con minima spesa per il cittadino, utilizzando anche figure professionali esterne. Ma ce la farà il Servizio Sanitario Nazionale ad organizzare un tale sistema e a sostenerlo finanziariamente? I relatori del seminario specifico di Assofarm sulla “farmacia dei servizi” ritengono di sì, perchè la medicina territoriale ha lo scopo di prevenire le malattie e di evitare gli innumerevoli ricoveri delle persone anziane che utilizzano una larga fetta dei costi della Sanità. Ma ecco il quadro della situazione.
Assofarm comprende migliaia di farmacie in Italia e aderisce all’unione europea farmacie sociali. “Il nostro obiettivo – ha spiegato
Venanzio Gizzi, presidente di Assofarm – è di venire incontro alle fasce più deboli della popolazione, gli anziani e i malati cronici, non soltanto con informazioni e consegna dei farmaci a domicilio, ma anche come educazione su come utilizzare i farmaci e migliorare l’aderenza alle terapia. Prima di essere farmacia siamo persone mosse da un impegno personale e una funzione sociale comune. E’ una sfida che vogliamo lanciare al mondo sanitario, perché le farmacie stanno perdendo il loro ruolo, sono indifese, sottoposte a molte normative, mentre viene trascurato il ruolo di garante della salute del cittadino”. Nella mission di Assofarm partecipano anche farmacisti privati come il gruppo Farmacie Unite di Treviso che ha firmato un documento che stabilisce la presa in carico del malato, con l’obiettivo di contenere la spesa pubblica. “Dal Veneto alla Lombardia, dal l’Emilia Romagna al Lazio e alla Puglia –ha sottolineato il loro consigliere Maurizio Giacomazzi – siamo già in 300, tutti accomunati dall’obiettivo di gestire la farmacia in modo sanitario e non commerciale. Per questo ci opponiamo al DDL che prevede l’ingresso nelle aziende farmaceutiche di capitali esterni alla farmacia”.
Il nuovo volto della farmacia è stato spiegato da Fosco Foglietta, presidente di CUP 2000, il centro prenotazioni pubblico dell’Emilia Romagna, il quale, dopo aver tracciato il panorama della crisi finanziaria che ha toccato soprattutto le farmacie periferiche e quelle rurali, ha detto che il ruolo della farmacia non è futuribile, ma reale, immediatamente fruibile con potenzialità inimmaginabili. Non soltanto per pratiche amministrative, ma anche per servizi diagnostici e terapeutici, integrati da servizi di autocura.
Intantgo ancora calano le risorse, cresce il bisogno della popolazione anziana (gli over 65 sono il 23% della popolazione italiana e gli over 85, che sono grandi consumatori di assistenza, crescono in Europa dell o 0,7%, mentre da noi la percentuale sale del’1.55%), si allarga la forbice fra domanda e offerta. “Sul piano organizzativo – ha detto Foglietta – la farmacia dei servizi si caratterizza in vari modi, come l’istituzione di servizi decentrati, capillari e diffusi soprattutto nei piccoli comuni, dove si è assistito a una loro diminuzione con una concentrazione dei servizi nelle “Casa della Salute”(diffuse in Toscana e Emilia Romagna) , che hanno però sguarnito il territorio. Ne consegue che la popolazione fa schizzare la domanda di domiciliarità (l’Italia ha il più basso coefficiente di assistenza domiciliare in Europa) e il pagamento diretto delle prestazioni”.
L’ipotesi di Assofarm è di convolgere anche le Associazioni di volontariato che sono 32.000 i cui associati vogliono entrare nel sistema sanitario, desiderano essere voce e presenza piena, insomma, più coinvolgimento. Ma anche ascolto e assistenza dei care giver familiari e incrementare i servizi alla porta del cittadino. Per far ciò gli esperti non nascondono le difficoltà economiche, perché nuovi servizi e nuove prestazioni comportano più spazio e più tempo di lavoro di lavoro, quindi le farmacie dovranno essere messe in condizione di investire, ma anche di recuperare in redditività.
L’incontro di “Farmacista più” non si conclude qui. Per altri due giorni, fino a domenica, si parlerà del farmacista di comunità, di quali patologie può intercettare, prima che esplodino e di come la professione di farmacista non sia un bene ereditario, ma un impegno sociale.
Edoardo Stucchi