Le recenti dichiarazioni del Ministro della Salute non meritano di passare sotto silenzio, per quello che dice ma, soprattutto, per quello che non dice. Vogliamo dare credito al Ministro sul fatto che le risorse per la sanità cresceranno a partire dal 2016, come prevede il patto della salute, non senza però ricordare che il DEF, approvato dal CdM, prevede una discesa, il rapporto al PIL, della spesa sanitaria, che nel 2030 raggiungerà i livelli del 2010, rimanendo, comunque, sempre più vicina alla Grecia che al resto d’Europa. E attendiamo con fiducia che l’incremento delle risorse previsto sia destinato anche al personale dipendente del SSN, i cui salari sono inchiodati ai valori nominali del 2010, ad onta del DEF che non prevede risorse contrattuali fino al 2020.
Le acrobazie lessicali con le quali si trasformano i tagli in risparmi, ed in recuperi di efficienza ed appropriatezza, per i quali dovremmo tutti essere contenti, non nascondono la invadenza pervasiva ed intimidatoria messa in atto sui medici, destinatari di linee guida di stato che scaricheranno ulteriori costi, e disagi, sui cittadini. E chissà se la riforma dei LEA terrà conto del fatto che, attraverso tagli, tasse e ticket, in troppe Regioni, essi si sono trasformati da essenziali ad eventuali, declinando, per dirla con il ministro, il diritto alla salute dei cittadini in base al CAP. Se il rinnovo della convenzione è, giustamente, una priorità, non si vede come possa non esserlo, fino ad espellerlo dalla agenda politica e dal lessico, il rinnovo di contratti bloccati da 6 anni per un personale dipendente che vede le proprie condizioni di lavoro diventare sempre più gravose e rischiose. Ben venga la riforma degli ordini professionali, ma il Ministro non può continuare a tacere su tempi e contenuti della legge sulla responsabilità professionale, senza la quale richiami, e commissioni, sulla medicina difensiva diventano grida manzoniane.
Dove però, il disaccordo è totale è sul famigerato comma 566, a proposito del quale il Ministro non dice l’unica cosa che i Medici si aspettano di sentire, e cioè che l’incipit di quel testo va cambiato, senza se e senza ma, rappresentando una inaccettabile forzatura che non si è peritata di usare una legge finanziaria per confinare le competenze dei Medici in fantomatici “atti complessi e specialistici”. Scoprire la concertazione, dopo che per anni nelle stanze del Ministero della Salute, evidentemente ad insaputa del titolare di turno, si sono animati tavoli tecnici che hanno proceduto unilateralmente, sposando anche l’idea di Ivan Cavicchi di una co-evoluzione delle professioni, è certo un dato positivo. Che non può, però, fare dimenticare che ci si invita a giocare dopo che si è proceduto per legge a delimitare il campo di gioco, toccando, e come, l’atto medico. E non stiamo sereni se il Ministro parla di ambiti esclusivi di “dottori”, titolo che oggi definisce una ventina di professioni sanitarie.
Il patrimonio professionale medico che è affidato ad ogni Ministro della Salute non può essere svalutato, svenduto, intimidito con entrate a piedi uniti nell’ ambito dell’esercizio professionale che gli è proprio. Su questo aspetto, e sulla salvaguardia di una responsabile autonomia professionale, ci aspettiamo che Ministro e Governo facciano più di quanto dicano.
Costantino Troise
Segretario nazionale Anaao Assomed