Il Tar Lazio, con la sentenza n. 4943, ha condannato i limiti sulla pubblicità sanitaria contenuti nel Codice di deontologia medica. I giudici amministrativi confermano dunque l'impianto giuridico che, lo scorso settembre 2014, aveva portato
l’Antitrust a sanzionare con una multa da 831mila euro la Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) proprio per i divieti sulla pubblicità in materia sanitaria stabiliti dal codice deontologico.
Nel provvedimento sono state richiamate le diverse discipline intervenute in materia (Ln. 248/2006, ln. 148/2011, Dpr 137/2012) che hanno 'liberalizzato' la pubblicità sanitaria stabilendo che la stessa deve solo rispondere ai criteri di correttezza, non ingannevolezza e trasparenza. "Sulla base delle norme primarie applicabili e dei principi comunitari vigenti in materia, sia la pubblicità promozionale che la pubblicità comparativa sono lecite, e non possono essere vietate, laddove prive di profili di ingannevolezza, equivocità e denigratorietà", si legge nella sentenza.
I giudici hanno inoltre sancito che il nuovo codice di deontologia medica “pur abbandonando il criterio del 'decoro' quale parametro di valutazione dei messaggi pubblicitari, continua a utilizzare, al secondo comma dell’art. 54, una serie di parametri, alcuni dei quali molto generici e comunque non previsti dalla vigente normativa, potenzialmente idonei a produrre il medesimo effetto di una applicazione restrittiva della concorrenza, in precedenza riconducibile al richiamo al concetto di 'decoro professionale'".
"La nozione di 'impresa', alla quale occorre fare riferimento per l'applicazione della l. n. 287/90, è quella risultante dal diritto comunitario e si riferisce a tutti i soggetti che svolgono un'attività economica e, quindi, siano 'attivi' in uno specifico mercato; per questo sono ormai considerate 'imprese', ai fini specifici della tutela della libera concorrenza, anche gli esercenti le professioni intellettuali che offrono sul mercato, dietro corrispettivo, prestazioni suscettibili di valutazione economica - si legge nella sentenza - Gli ordini professionali vanno, di conseguenza, qualificati quali associazioni di imprese degli ordini professionali. Le restrizioni alla concorrenza poste da codici deontologici non possono essere considerate necessarie al conseguimento dell’obiettivo legittimo collegato a garanzie accordate ai consumatori, a tutela dei quali esiste un ampio ventaglio di rimedi privatistici".
Infine, il Tar Lazio, rispetto al sopracitato provvedimento dell'Agcom, ha dimezzato la multa da 831mila euro inflitta alla Fnomceo, che ora passa a 415.908 euro, poiché viene ridotto il periodo utilmente valutabile ai fini sanzionatori (3 settembre 2013 - 4 settembre 2014).