Basta con i tentativi puerili e incompetenti di trovare scusanti fuori luogo addossando le colpe al territorio. Anche perché non è vero che le future e ipotetiche case della salute, aggregazioni nel territorio e ospedali di comunità “snelliranno” gli accessi ai pronto soccorso.
È questo il commento dello Snami al problema del caos nei Pronto Soccorso che soprattutto in questo periodo di epidemia influenzale sta rendendo ancora più critica la situazione.
“Tagli e ridimensionamenti di posti letto e personale in un contesto sotto la media europea per i finanziamenti destinati alla sanità – ha sottolineato in una nota
Angelo Testa, presidente nazionale dello Snami – hanno portato i pronto soccorso a precipitare in un girone dantesco infernale, emblema di una ‘grave malattia dell’indecenza’ nonostante l’impegno quotidiano e sovraumano degli operatori sanitari e degli infermieri che vi lavorano, spesso costretti a turni massacranti. Anche per questo l'Italia è stata deferita alla Corte Europea di Giustizia per l'assenza di una normativa sull'orario di lavoro per i medici, che dovrebbe prevedere un massimo di 48 ore settimanali e riposi giornalieri di 11 ore”.
Per lo Snami meglio pensare a potenziare le residenze sanitarie assistenziali, che “potrebbero ospitare per un periodo variabile da poche settimane a tempo indeterminato persone non autosufficienti che non possono essere assistite in casa e che necessitano di specifiche cure mediche erogabili nel territorio, decongestionando così gli ospedali che potrebbero dimettere precocemente”. Viceversa, continua la nota dello Snami, non è detto che come è dimostrato in parecchie esperienze, le future ed ipotetiche case della salute, aggregazioni nel territorio e ospedali di comunità “snelliranno” gli accessi ai pronto soccorso. “Allora soluzioni pratiche – ha concluso Testa – e non messaggi governativi ottimistici sulla nostra sanità per tranquillizzare i cittadini, ma che servono a prender tempo e non risolvono di certo i problemi reali”.