Se non fosse per quanto detto sul superamento dell’universalismo, probabilmente non avrei deciso di commentare la
relazione di Giacomo Milillo al congresso della Fimmg. Molto prescrittiva nei confronti degli altri (governo, regioni e università) molto poco auto prescrittiva per quanto riguarda il cambiamento di questa categoria, alquanto superficiale circa l’analisi dei problemi, ma soprattutto molto ma molto determinata in una difesa estrema dei propri interessi costi quello che costi, a spese di tutto e di tutti.
Sostenere come fa Milillo che l’unica strada per assicurare la sostenibilità del sistema sanitario è quella di limitare la tutela pubblica ai soli indigenti, non è solo una manifestazione di cinismo, ma è anche una offesa all’intelligenza di tutti noi. Con questa idea dell’ultima spiaggia sembrerebbe che i medici di medicina generale non abbiano alcuna responsabilità circa l’andamento della spesa sanitaria di questi anni e che in questi anni essi abbiano fatto di tutto per cambiare le cose, combattendo contro regioni e governi conservatori, integrandosi con i distretti, collegandosi con le case della salute, cooperando con gli ospedali per ridurre i ricoveri impropri, ripensando la loro convenzione ecc.
Ma tutto questo non è avvenuto, ed è per questo che oggi le tesi di Milillo appaiono, non solo non condivisibili, ma del tutto inopportune, facendo trasparire, di fatto, che pur di tirarsi fuori dai problemi del Ssn non si esita a creare problemi agli altri. Cioè agli ammalati.
Su che base Milillo dice che la sostenibilità è impossibile e non sarà mai possibile? Temo che egli abbia un’idea sbagliata di sostenibilità, cioè che la intenda banalmente come adattamento dei diritti degli altri ai propri interessi di categoria, nel senso che se le risorse sono poche, gli interessi dei medici generali non si discutono ma i diritti dei malati sì.
Caro Giacomo, perché non fai uno sforzo e consideri la sostenibilità come una sanità, quindi una medicina generale, che si mette in discussione per fare in modo che diritti e risorse possano stare insieme? La sostenibilità è una idea diversa di sviluppo e nel nostro caso si basa sulla produzione di salute come ricchezza usando la salute prodotta come un capitale e che attraverso un sistema di servizi adeguato modera la crescita della spesa sanitaria. Ma se è così, dalla Fimmg ci saremmo aspettati proposte e contributi e non la facile scorciatoia del taglio dei diritti ai cittadini.
Trovo insopportabile che proprio i medici di medicina generale ci vengano a riproporre il luogo comune che ci sta tormentando da almeno 30 anni, e cioè che “non si più dare tutto a tutti” e che non ci possiamo più permettere l’universalismo. Ritenere per Milillo che il “tutto” sia irriformabile significa credere che l’unica cosa riformabile siano gli altri. Milillo ci dice molto semplicemente che fermo restando l’invarianza dell’offerta storica di medicina generale, si tratta semplicemente di distribuirla in modo iniquo cioè dare a qualcuno di più e a qualcuno di meno. Arriva addirittura a parlare di “condizionare l’appropriatezza”. Lui lo chiama “welfare contrattuale”.
Ma trovo insopportabile anche che l’universalismo sia ridotto solo a un problema redistributivo di risorse, come se fosse una torta. Il “tutto” dipende da come il sistema è calibrato, congegnato, distribuito, organizzato, integrato...cioè dai suoi modi di essere sistema. Il tutto dipende anche da quale medicina generale abbiamo, dalla corruzione che sta nel sistema, dalle diseconomie e dalle anti economie che vi sono dentro. Basterebbe semplicemente ripulire un po’ la stalla e ricalibrare i rapporti tra la medicina generale e le varie aree di tutela per avere un “tutto” assolutamente sostenibile.
Ma siccome diceva mio nonno neanche il cane muove la code per niente c’è da chiedersi come mai i medici di famiglia se la prendono con i diritti delle persone.
Credo che la parola chiave per comprendere il neoliberismo della Fimmg sia “liberalità”. Il tentativo che vedo dietro la formula degli indigenti, è quello di mantenere lo schema di convenzione in essere cercando di prendere ciò che è più conveniente dal rapporto libero professionale con il massimo di garanzie pubbliche.
Ma restare semplicemente nelle attuali logiche della convenzione significherebbe accrescere i benefici del rapporto libero professionale e aggiungere a libertà altre libertà. Ma cosa ci guadagna il malato? La sanità? La sostenibilità? Se i medici di medicina generale vogliono giocare davvero al neoliberismo ma allora perché non fare come per i taxisti o come per le piante organiche delle farmacie, cioè perché non liberalizzare in qualche modo le convenzioni e pagare i medici di famiglia in base a criteri diversi da quelli attuali. Cioè perché prendersela con l’universalismo?
Oggi la convenzione prevede sulla carta tutto il necessario per cambiare il mondo della sanità, ma non lo cambia. Altrimenti non si spiegherebbe la ragione per la quale non facciamo altro che parlare di riformare le cure primarie. Forse c'è qualcosa nella convenzione che non funziona. Scusa Giacomo siccome ti vedo tanto preoccupato per la sostenibilità del sistema ti chiedo: sei disposto a rivedere la logica dei massimali e della quota capitaria e magari immaginando anche un collegamento della retribuzione con gli esiti delle cure? Chi ha detto che ogni medico generale debba avere per forza certi massimali? O che i malati debbano essere suddivisi in funzione di chi è già garantito nel mercato del lavoro? O che si debba pagare per forza il medico con degli a priori come le quote capitarie? Chi ha detto che il 23,7% dei medici di medicina generale debba avere un carico oltre 1500 assistiti? Chi ha detto che 60000 medici non debbano essere riorganizzati in una rete assistenziale funzionante per 24 h e 7 giorni a settimana.?
Insomma Giacomo mi sa che questa volta l’hai fatta grossa. Dammi retta, lascia perdere l’universalismo e vedi se puoi dare una mano anche tu come gli altri che per altro, in fatto di contratti e di turn over, stanno molto peggio di te.
Ivan Cavicchi