Tanti oneri e pochi onori. È dura la vita dei medici nelle corsie degli ospedali italiani. All’enorme peso di responsabilità cui sono sottoposti non corrisponde una retribuzione soddisfacente, e tanto meno la prospettiva di una progressione di carriera. Come se non bastasse, il carico di lavoro aumenta sempre di più, mentre i contenziosi medico legali incombono come spade di Damocle. Il risultato? La loro serenità professionale è profondamente compromessa. E così i dottori italiani si sentono stressati, delusi, insoddisfatti e minacciati.
Senza distinzione di età e provenienza. Da Nord a Sud, giovani e meno giovani, quasi sette su dieci confessano di sentirsi frequentemente stanchi, circa sei su dieci si dichiarano economicamente scontenti e poco meno della metà emotivamente sfiniti. Soprattutto la totalità dei medici ritiene che a decidere della loro carriera nelle strutture ospedaliere sia la politica.
Ma nonostante tutto la maggioranza continua a considerare buona la qualità dei servizi che il Ssn mette sul piatto.
A scattare la fotografia dei camici bianchi nelle corsie degli ospedali è un’indagine condotta Swg per l’Anaao Assomed su un campione di 502 medici distribuito su tutto il territorio nazionale. Obiettivo, fotografare lo stato dell’arte delle condizioni lavorative dei medici tra criticità e aspettative.
Dal sondaggio emerge un vero e proprio “Sos” che la categoria lancia alle forze politiche e alle istituzioni riproponendo l’attualità della “questione medica” che anziché trovare soluzioni adeguate si aggrava con il passare del tempo, nell’indifferenza di chi quella soluzione è tenuto a trovare, minacciando la quantità ed i livelli di qualità delle prestazioni del Ssn.
“L’indagine – ha commentato
Costantino Troise, Segretario nazionale Anaao Assomed – dimostra che abbiamo visto giusto quando negli ultimi anni abbiamo posto con forza il problema della governance delle aziende sanitaria e nella contrapposizione tra logiche organizzative e valori professionali una della cause principali di una questione medica che certo viene da lontano, ma che da questa crisi viene alimentata ed amplificata. Torna tra i medici, specie i più giovani particolarmente colpiti dagli anni del blocco, il tema della retribuzione, a testimonianza di un impoverimento della categoria che non è solo di potere di acquisto e livelli previdenziali, ma anche di formazione, sicurezza, investimenti in tecnologie e risorse umane. Occorre adoperarsi per portare la sanità nella agenda del Governo e con essa i diritti del lavoro non scindibili da quelli dei cittadini. Ripartire dal lavoro, nelle sue varie forme, e dai suoi contenuti per ricordare a chi governa che senza di noi non esiste sanità pubblica e financo la crociata contro gli sprechi, esige la nostra partecipazione e la nostra professionalità”.
Ma vediamo in sintesi alcuni dei principali dati emersi.
Medici insoddisfatti. Quando si parla di progressione di carriera il giudizio è quasi unanime: il 77% è profondamente insoddisfatto. La maggioranza dei medici (53%) ritiene infatti che la competenza professionale conti poco rispetto alla politica che, invece, il 97% dei medici crede decisiva per gli avanzamenti professionali.
Tra le altre cause di insoddisfazione, il 75% indica il livello di retribuzione ancor prima della distribuzione di carichi di lavoro (64%), ed un miglioramento del livello retributivo costituisce la prima della aspettative dichiarate (67%). Un dato che indica chiaramente come il blocco della retribuzione e del contratto di lavoro in vigore dal 2010 abbiano notevolmente peggiorato il potere di acquisto dei salari e la condizione economica dei medici e delle loro famiglie, al di là dei luoghi comuni su una attività libero professionale che interessa il 60% della categoria.
I rapporti con la politica. Altro risultato significativo dell’indagine riguarda il rapporto con la politica: il 97% dei medici intervistati chiede di avere più peso nelle scelte aziendali e il 67% attribuisce alla invasività della politica la principale responsabilità della crisi del Ssn. È questo un dato che conferma come le riforme del sistema sanitario (502/1992 e 229/1999) abbiano fallito l’obiettivo di reclutare i medici nella gestione degli ospedali. I dipartimenti ed il collegio di direzione, anche se formalmente istituti, non hanno avuto riconosciuto il ruolo di collaborazione nelle scelte di politica gestionale. Il governo clinico è stato un obbiettivo mancato e la dirigenza medica è stata relegata in un ruolo subalterno, ridotta al rango di fattore produttivo da controllare, sebbene impegnata in una difesa di valori professionali sempre più minacciati dalla invadenza della politica. Il Direttore generale è considerato come una figura monocratica dal potere assoluto e l’87% dei medici intervistati crede debba essere rivisto l’assetto direzionale e la stessa scelta dell’aziendalismo in sanità.
I medici e il Ssn. Nonostante gli aspetti negativi della professione, i medici continuano a considerare buona la qualità dei servizi offerti dal Ssn e dagli ospedali in Italia nel loro complesso (rispettivamente 66% e 67%). Tuttavia, pur nel giudizio positivo, ritengono che ci sia un peggioramento progressivo della qualità dei servizi ospedalieri (49%), specie nel confronto con gli altri Paesi europei tanto che il 35% degli intervistati ritiene che la sanità italiana funzioni peggio.
Tra i motivi del peggioramento della qualità delle prestazioni ospedaliere i carichi di lavoro sono indicati come la causa principale, seguiti dagli scarsi investimenti nelle strutture e dalla crescita del contenzioso medico legale.
“Un giudizio complessivo sulle cause di peggioramento – sottolinea l’Anaao Assomed – che indica ancora una volta come sul lavoro medico e sulla qualità dei servizi si riflettano le scelte di politica economica (blocco turn-over, pensioni ecc.) e di politica sanitaria (ritardi nella definizione delle reti ospedaliere ed assistenziali, integrazione ospedale-territorio ecc). Tutte le maggiori cause del peggioramento delle qualità delle prestazioni sono segnalate nelle Regioni del Sud più che in quelle del Nord”.
Rivedere il ruolo giuridico de medici. Infine il 76% dei medici si dichiara favorevole ad una revisione del ruolo giuridico dei medici. Un dato che indica con chiarezza come una componente medica emarginata dalla gestione degli ospedali renda attuale il tema della collocazione della dirigenza medica nel pubblico impiego. “I provvedimenti legislativi e le leggi di stabilità che negli ultimi anni – sottolinea l’Anaao – hanno interessato la Pubblica Amministrazione hanno coinvolto la Dirigenza Medica, disconoscendo la sua specificità di dirigenza professionale, assimilando l’atto medico a quello di procedimento amministrativo. Appare evidente come non sia rinviabile un intervento legislativo che definisca la specificità ed unicità del ruolo medico”.