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QS Edizioni - domenica 24 novembre 2024

Lavoro e Professioni

Opg. Dalla Sip allarme criminalità organizzata. "Più collaborazione tra magistrati e psichiatri”

immagine 8 giugno - Per la Società di Psichiatria occorre arrivare a una definizione "non equivoca tra chi ha bisogno di cura e chi mira solo a sfruttare impropriamente le facilitazioni legate ai percorsi di cura". Per la Sip servono inoltre standard diagnostici e terapeutici "più validi". Domani la prima riunione con il Gruppo Interregionale Salute Mentale e il Gruppo Interregionale Sanità Penitenziaria.
“Bisogna evitare a coloro che non sono portatori di disturbi psichici ma appartengono alla criminalità organizzata di approfittare dei percorsi sanitari alternativi previsti nel percorso di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG). Un rischio concreto, che potrebbe insinuarsi tra le pieghe delle applicazioni della nuova normativa per il superamento degli OPG”. A lanciare l’allarme è oggi la Società Italiana di Psichiatria, alla vigilia dell’incontro di domani, 10 giugno con l’incontro a Roma del Gruppo Interregionale della Salute Mentale (GISM) e con il Gruppo Interregionale della Sanità Penitenziaria (GISPE), che darà il via a una serie di scadenze molto rigide che dovranno portare entro il 31 marzo 2015 alla conclusione del processo di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) e alla loro chiusura definitiva.

Un processo condiviso per gran parte dalla SIP, “anche se, è inutile nasconderlo, esistono indubbiamente delle criticità che richiedono una risoluzione costruttiva”. Tali criticità si riferiscono soprattutto alle necessità di garantire migliori standard di cura all’interno delle carceri, di giungere ad una revisione forte del concetto di pericolosità sociale e di identificare percorsi non equivoci per evitare inserimenti impropri da parte della criminalità nei percorsi di cura garantiti dal superamento degli OPG. “In assenza delle dovute risposte a questi problemi, il rischio è vanificare sul nascere una riforma fondamentale, dal punto di vista sociale, etico e morale, per il nostro Paese”, spiega la Sip.

“La Società Italiana di Psichiatria – afferma il presidente Sip, Emilio Sacchetti, che dirige anche il Dipartimento di Salute Mentale degli Spedali Civili di Brescia – segue da molto tempo e con attenzione questo delicato percorso e intende partecipare a pieno titolo al coordinamento nazionale previsto nel DL n 52/2014, per il contribuito tecnico-scientifico e operativo dei propri soci psichiatri, impegnati a tutti i livelli nel percorso di dimissione e di accoglienza delle persone malate di mente e autori di reato. Recentemente è stata anche redatta una “carta per il superamento delle logiche manicomiali” per un percorso di valutazione clinica e medico legale delle necessità assistenziali delle persone da dimettere, in modo da poter individuare le situazioni territoriali esterne più idonee alla loro assistenza. Si ritiene, infatti, fondamentale evitare che, non coloro che sono realmente portatori di disturbi psichici, ma personaggi appartenenti alla criminalità organizzata, attraverso la simulazione e consulenti compiacenti, approfittino dei percorsi sanitari alternativi previsti dalla riforma”.

“A questo proposito – per Sacchetti - è indispensabile una collaborazione tra la Magistratura e gli operatori sanitari. Gli psichiatri hanno un ruolo primario soprattutto quando incaricati del ruolo di perito o consulente tecnico nel procedimento penale”.

“Il modello più a lungo sperimentato – spiega Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di salute mentale dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano e past president della SIP – è il reinserimento del paziente nell’ambito territoriale di provenienza, in collaborazione con il magistrato e con gli psichiatri degli OPG. Questo modello consiste nell’utilizzare le risorse e le strutture disponibili accreditate dalle ASL, idonee al programma individuale di trattamento. Un’altra possibilità, nel caso di pazienti con caratteristiche cliniche e giuridiche più complesse, prevede il passaggio nelle cosiddette Residenze per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS) per accogliere e trattare coloro che hanno una “pericolosità sociale” presente dal punto di vista giuridico e che necessitano di misure di sicurezza. Queste devono essere intese come un percorso sanitario, che inizia, anche in condizione di detenzione, prosegue nelle REMS e quindi nelle strutture sanitarie territoriali in funzione del grado di malattia e di collaborazione del soggetto. In questo senso è indispensabile potenziare l’attività della Salute Mentale negli Istituti di Pena, unitamente al resto della Sanità Penitenziaria”.

“Questo – conclude Mencacci – è l’unico modo per poter intercettare precocemente il disagio e la malattia psichica ed intervenire evitando di trasformare le REMS in luoghi di detenzione tout-court. Bisogna che la misura di sicurezza nelle REMS sia sanitaria e non detentiva come erano gli OPG”.

A questo riguardo alcune delle funzioni che venivano svolte dagli OPG come quella di osservazione psichiatrica devono poter essere svolte nelle sezioni speciali “di osservazione” o “per minorati psichici” (terminologia tecnica, ma non condivisa dalla SIP) degli Istituti di Pena, in rete con le REMS e le restanti strutture sanitarie della salute mentale.

“Per il coordinamento di questi percorsi – spiega Enrico Zanalda, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell'ASL TO3 e segretario della Società Italiana di Psichiatria – è strategico che i “gruppi di lavoro regionali per il superamento degli OPG”, già istituiti ai sensi della normativa del 2008, svolgano un'azione di monitoraggio e di verifica dei percorsi di cura. Questi gruppi sono formati da rappresentanti del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria (DAP), della Medicina Penitenziaria, del garante dei detenuti e dei DSM delle ASL. Tuttavia il principale obiettivo – aggiunge Zanalda – rimane la revisione di alcuni istituti del Codice Penale quali la non imputabilità/responsabilità dell’infermo da cui derivano il vizio totale o parziale di mente per infermità mentale e la connessa pericolosità sociale. Questo consentirebbe di non discriminare il comportamento del sano dall’insano a priori, ma individuare delle attenuanti o esimenti, caso per caso, specificando l’influenza sul dolo nel singolo fatto reato”.

“La Società Italiana di Psichiatria – conclude Sacchetti – intende partecipare a tutti i livelli istituzionali con proposte e contributi pragmatici e tecnicamente realizzabili affinché il percorso di superamento degli OPG sia l’occasione per aiutare adeguatamente le persone malate di mente potenziando i DSM e l’assistenza nelle carceri senza ridurre i già provati servizi territoriali a luoghi di detenzione o custodia sociale”.
 
8 giugno 2014
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