Ancora non è stato inventato un modo per misurare la qualità di un codice deontologico. Potremmo però ricorrere al “
criterio di pertinenza” cioè valutare se il codice è
pragmaticamente adeguato alla realtà del medico. Quindi il criterio che dichiaro quale postulato dei miei ragionamenti e del quale intendo avvalermi è “
pertinenza come validità”.
Ma come si fa? Semplice... si assume la realtà del medico, cioè i suoi problemi, limiti, contraddizioni, possibilità, quindi tutti i fenomeni che lo riguardano (
explananda), come pietra di paragone e li si confronta con gli articoli del codice. Il codice è pertinente se risponde agli
explananda scelti, cioè se li spiega deontologicamente, quale realtà. Propongo, come secondo postulato ai miei ragionamenti, di riassumere l’insieme degli
explananda con l’espressione “
questione medica”.
Da dove partire? Partirei dai presupposti del codice dai quali sono dedotte le sue regole, con una doppia finalità:
· valutare se il codice è
coerente con i suoi presupposti,
· valutare se i presupposti sono
pertinenti con la questione medica,
I presupposti che esaminerò in questo primo articolo sono sostanzialmente due:
· le sua premessa strategica,
· la sua definizione di deontologia.
1) La premessa strategica dichiarata dalla Fnomceo è quella di “aggiornare” le regole del precedente codice deontologico (2006). Il suo scopo quindi non è “
riformare” ma è “
migliorare”, cioè rieditare in forma aggiornata il codice precedente, che a sua volta ha migliorato e ha rieditato quello ancora prima, ecc , come si fa con i trattati che si aggiornano ma senza mutarne mai il modello.
Si tratta quindi di capire:
· se il codice riesce a fare un buon lavoro di aggiornamento,
· se l’aggiornamento del codice è pertinente con la “
questione medica”,
· se basta aggiornare per avere la pertinenza desiderata.
Il lavoro di aggiornamento del codice, valutando tutti i cambiamenti importanti della medicina e della sanità, risulta essere,
lacunoso e
contraddittorio.
Lacunoso perché ignora tante cose, cioè è disattento nei confronti dei tanti cambiamenti della realtà sociale, medica, e sanitaria un esempio per tutti: ignora il fenomeno più significativo che ha investito la medicina dei nostri giorni vale a dire la “
femminilizzazione della professione”, per cui omette di aggiornare le sue regole in ordine alle discriminazioni di genere, ai soprusi di cui le donne medico sono vittime, ma anche ai nuovi problemi che questa “
nuova maggioranza” pone in termini di rappresentanza.
Contraddittorioin tanti articoli ma soprattutto in quelli che:
· da una parte traslano sui comportamenti professionali i valori tipici dell’economicismo di questi anni anche se essi sono stati il più formidabile fattore di condizionamento dell’autonomia del medico(art 6),
· dall’altra esaltano il valore dell’autonomia quale valore incondizionabile (art 3, 4,13, 79).
Si è discusso molto sull’art 3, a proposito del rischio di condizionare le “
attività” del medico con le “
innovazioni organizzative e gestionali”, (il che se fosse evolutivo di professionalità non sarebbe un problema), ma il vero nodo è nell’art 6, dove l’interdipendenza tra professione e gestione è apertamente dichiarata. In questo articolo gli atti della professione sono vincolati ai principi del marginalismo, quindi all’uso ottimale delle risorse, ai principi dell’appropriatezza e a quelli dell’efficacia, che sono principi in quanto tali inconfutabili, ma che agiti nelle realtà aziendali diventano tutto e il contrario di tutto.
Gli errori del codice sono due:
· assumere questi valori in modo decontestualizzato cioè acriticamente,
· non subordinarli, proprio perché trattasi di valori con un’alta ambivalenza e ambiguità, a regole deontologiche precise di salvaguardia dell’autonomia professionale.
2) Per quanto riguarda la “definizione” di deontologia(art 1) che il codice ci fornisce, è necessario valutare se le premesse dalle quali essa è dedotta sono pertinenti con la realtà. Le premesse della definizione per essere pertinenti dovrebbero riferirsi agli
explananda, ma in realtà esse si riferiscono a principi tautologici. Il codice ,
“identifica le regole” ispirandosi “
ai principi di etica medica che disciplinano l’esercizio professionale del medico ”(art 1). In questo modo la definizione di deontologia che ci viene proposta è teorica e in quanto tale fuori dalla realtà e quindi non pertinente.
Dove è il problema? Proprio la “
questione medica” è la dimostrazione che i “
principi” e i “
valori” tautologici, dentro contesti finanziariamente complessi, sono fortemente condizionanti le autonomie professionali, per cui a confronto con la realtà, diventano “
petizioni di principio” e nulla più. Inevitabilmente un codice che non si rapporta ai problemi dei medici ma alle petizioni di principio finisce per essere irrealistico e rituale. Con ciò non sto dicendo che nel codice non si debbano definire principi e valori, ma solo che non basta enunciarli, serve cioè accompagnarli con dei “
condizionali” che ne garantiscono l’uso e l’applicazione razionale e ragionevole.
I principi per di più, anche quelli dell’etica medica, enfatizzano per loro natura i
fini presupponendo una cosa che oggi in sanità non può più essere data, cioè che “
i fini giustificano i mezzi”. La “
questione medica” dimostra esattamente il contrario, vale a dire, che nella pratica ordinaria oggi sono “
i mezzi che giustificano i fini”. Oggi i principali problemi dei medici nascono dal fatto che la loro autonomia , è subordinata all’impiego dei mezzi disponibili.
La deontologia del codice, nonostante le petizioni di principio circa l’autonomia professionale, risulta purtroppo inquinata dall’economicismo e in qualche caso ad esso subordinata. Oggi partire dai principi e non dai problemi è una operazione discutibile anche perché si pensa che la deontologia sia una, cioè quella che corrisponde a certi principi, ma oggi è molto riduttivo parlare di “
deontologia” al singolare perché i fenomeni che interessano il medico sono tanti al punto da sollecitare più “
etiche deontologiche ”.
Se dietro ad un codice vi è sempre un insieme di fenomeni ai quali corrispondono etiche deontologiche diverse, allora il difficile è trasformare questo
insieme in un
sistema di regole non contraddittorio. Per armonizzare le regole tra loro ci vuole questa volta una idea/ideale di medico che coordini in modo evolutivo, l’elaborazione deontologica. A partire da questa idea/ideale di professione si tratta di convocare e armonizzare tutte le etiche che ci servono per scopi deontologici. Nel codice questa nuova idea/ideale non c’è. Cosa fa il codice? Assume implicitamente quella del medico di ieri aggiornandola, non quella del medico di domani, cioè riformandola, cioè assume una idea tradizionale di professione che proprio perché tradizionale è rispetto ai mutamenti in essere inevitabilmente regressiva.
Cosa avrebbe dovuto fare il codice? Avrebbe dovuto:
· abbozzare una idea/ideale di medico per il terzo millennio,
· delegare alla suaautonomia la mediazione tra i principi e la realtà, tra fini e mezzi, tra etica ,scienza e economia,
· condizionare con precisione la sua autonomia a dei criteri di “
razionalità” e di “
ragionevolezza” in grado entrambi di garantire tanto il raggiungimento del “
giusto fine” quanto l’impiego del “
giusto mezzo” .
L’idea di “
autore”, che tutti mostrano di apprezzare in teoria, è una idea nuova di medico, un
ideal tipo, calibrata sul terzo millennio, che in cambio di autonomia assicura responsabilità facendosi valutare sui risultati. Il medico autore può riprendersi l’autonomia perduta proponendosi quale mediatore ragionevole tra i principi, i valori e la realtà, tra i fini della medicina e i mezzi della sanità, tra l’azienda e la società. Se non sarà sua la mediazione essa sarà di altri... cioè egli sarà suo malgrado mediato.
Ricorrendo ad una metafora che i medici conoscono bene, si potrebbe definire l’autore come il “
genotipo professionale” (corredo professionale, assetto funzionale, identità, possibilità, limiti) attraverso il quale si definisce il “
fenotipo” cioè i suoi tanti atti e comportamenti professionali senza essere costretti, come fa il codice inutilmente, a defaticanti specificazioni.
Il “
genotipo professionale” del medico a cui il codice si riferisce è quello che si forma tra l’800 e il ‘900, per cui il
“fenotipo professionale” che esso descrive, pur aggiornato qua e la, è superato.
(Fine prima parte)
Ivan Cavicchi