La legge sugli studi clinici spontanei va cambiata quanto prima. E i risultati delle sperimentazioni non sponsorizzate devono essere utilizzati a fini registrativi. È questa la richiesta contenuta nella lettera inviata al Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, dall’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e dal Collegio italiano primari oncologi medici ospedalieri (Cipomo) dopo il caso Avastin/Lucentis.
“La vicenda Roche-Novartis, al centro delle cronache degli ultimi giorni – hanno scritto nella lettera
Stefano Cascinu, Presidente Aiom, e
Gianpiero Fasola, Presidente Cipomo – ha suscitato comprensibili preoccupazioni nella popolazione e tra i professionisti della sanità. L’origine del problema va, a nostro avviso, ricondotta alle norme che regolano l’approvazione e la rimborsabilità dei farmaci”. Deve infatti essere considerato quanto stabilisce la legge n.648 del 1996, che caratterizza il sistema italiano di dispensazione dei farmaci off label, cioè al di fuori delle indicazioni autorizzate.
“Questa norma – si legge nella lettera – di fatto costituisce un ostacolo all’utilizzo di bevacizumab, cioè il farmaco (con il prezzo più basso) prodotto da Roche, per il trattamento della degenerazione maculare senile, essendo già disponibile un’alternativa terapeutica valida e autorizzata, rappresentata da ranibizumab, il farmaco prodotto da Novartis. Ben tre studi, che pur hanno dimostrato un’equivalenza dei due farmaci, non hanno potuto essere valutati né per la registrazione né per l’estensione dell’indicazione del bevacizumab, in quanto frutto della ricerca spontanea. Questo purtroppo è un grave handicap, che deve essere assolutamente superato con un nuovo dispositivo di legge”.
“La vicenda Roche-Novartis, grave nella forma e nella sostanza e che danneggia sia i pazienti che il Ssn, non può però oscurare i nodi normativi da risolvere” sostengono gli oncologi. “Uno dei passi fondamentali – hanno quindi aggiunto – potrebbe essere la modifica della norma sulla sperimentazione clinica spontanea, che attualmente vieta l’utilizzo dei risultati per fini registrativi e che può essere cambiata in tempi brevi. Abbiamo letto con interesse le dichiarazioni di Guido Rasi, direttore esecutivo dell’Ema, che sono in linea con le nostre proposte. L’Aifa divenire soggetto promotore di sperimentazioni cliniche che abbiano queste finalità e le società scientifiche possono essere partner attivi nell’identificare le aree terapeutiche dove queste sperimentazioni possono avere maggiore rilevanza nell’interesse sia dei pazienti che del sistema. Questo modello – hanno concluso – porrebbe il nostro Paese all’avanguardia in Europa nell’elaborare nuove strategie di valutazione dei farmaci, non solo in termini di efficacia ma anche di sostenibilità economica”.