19 novembre - Fa discutere il film Il venditore di medicine di Antonio Morabito, che racconta di un informatore del farmaco che, minacciato di licenziamento, inizia a corrompere i medici. Per la Fnomceo rischia di “calare ombre pesanti sul rapporto di fiducia medico-paziente”. Vedi alcune scene del film.
Nessun dubbio sul valore artistico della pellicola o sull’importanza del dramma intimo del suo protagonista, ma alla Fnomceo il nuovo film diAntonio Morabito, Il venditore di medicine (vedi una clip a fondo pagina), non piace proprio. Il motivo è il timore che possa alimentare tra i cittadini la cultura del sospetto nei confronti dei medici.
Il film, presentato fuori concorso in questi giorni al Festival internazionale del Cinema di Roma e distribuito dall'Istituto Luce-Cinecittà, parla infatti di un informatore del farmaco (Bruno, interpretato da Claudio Santamaria), che lavora per un’azienda farmaceutica in crisi e costretta a tagliare il personale. Spaventato dall’idea di perdere il lavoro, l’informatore si lascia convincere a corrompere i medici, offrendo loro viaggi e regali se prescrivono i farmaci della sua azienda. Alcuni declinano l’offerta, altri l’accettano (tra i protagonisti anche Isabella Ferrari, nel ruolo della capoarea, e il giornalista Marco Travaglio, nel ruolo di un incorruttibile primario di Oncologia “corteggiato” da Bruno).
Quello di Morabito è, insomma, un film sullo scottante reato di comparaggio. E il timore del Comitato Centrale della Fnomceo è che alimenti il sospetto dei cittadini nei confronti delle decisioni terapeutiche dei loro medici.
“Pur nella consapevolezza che il film di Morabito sia la narrazione di un dramma intimo che non parla certo solo di corruzione, pur nella convinzione che non si possa giudicare un’opera artistica esclusivamente analizzandone l’oggetto, non vogliamo però esimerci da alcune riflessioni”, ha infatti dichiarato il Comitato Centrale della Fnomceo diffondendo una nota a riguardo.
Citando le parole dello stesso registra, infatti, la Fnomceo sottolinea come “nessuno dopo questo film guarderà senza sospetto la più anonima scatola di medicinali, o almeno senza pensare di essere vittima di una truffa”. “È proprio questa cultura del sospetto, alimentata da un certo clima mediatico, a preoccuparci profondamente”, ha affermato il presidente della Fnomceo, AmedeoBianco.
“Il pericolo insito in questo tipo di messaggi – ha continuato Bianco – è quello di calare ombre pesanti sul rapporto di fiducia che, sotto il profilo tecnico-professionale, etico e civile, legittima la Relazione di cura, rendendo quindi più difficile il saldarsi di un’Alleanza terapeutica. Questa non definisce una base contrattualistica, ma un perimetro comune di valori, fondato sull’Autonomia e sulla Responsabilità, che traduce l’incontro tra il medico e la persona assistita in una relazione intima, unica e irripetibile”.
“Comprendiamo che quella di Bruno è una storia paradigmatica di un dramma che, sulla corruzione, fonda il suo discrimine e la sua analisi umana – ha concluso Bianco -, ma non possiamo non dichiarare che non ci appartiene quello stereotipo di una professione medica svenduta a interessi commerciali, che specula e lucra sulle spalle dei pazienti, prescrivendo farmaci non in ragione dell’appropriatezza e dell’efficacia ma per i meri interessi economici”.