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QS Edizioni - giovedì 21 novembre 2024

Lavoro e Professioni

Fallisce sterilizzazione, ma lei non lo sa e resta incinta. Cassazione: "Medici responsabili di mancata informazione"

immagine 13 novembre - L’intervento era stato suggerito per evitare un’ulteriore gravidanza a una donna che aveva già subito tre cesarei. Ma la chiusura delle tube non era riuscita completamente. La donna, certa di essere sterile, non aveva usato anticoncezionale ed era rimasta di nuovo incinta. "I medici hanno mancato ai doveri di informazione e di avviso". La sentenza.
Le avevano assicurato che con la chiusura delle tube non avrebbe avuto altri figli, ma nessuno le aveva detto che l’intervento non era perfettamente riuscito. E così la donna, che si era già sottoposta a tre cesari, si è trovata di nuovo incinta di due gemelli. Per questo la Cassazione, con la sentenza n. 24109/2013, ha dato torto al medico e rinviato il caso alla Corte d'appello di Trieste.

Secondo i giudici della Cassazione, infatti, se nel caso in specie “il mancato raggiungimento del risultato non determina l’inadempimento, ove non sia consequenziale alla non diligente prestazione o alla colpevole omissione dell’attività sanitaria, deve tenersi presente che l’inadempimento (o l’inesatto adempimento) consiste nell’aver tenuto un comportamento non conforme alla diligenza richiesta, non solo con riguardo alla corretta esecuzione della prestazione sanitaria ma anche con riferimento a quei doveri di informazione e di avviso, definiti prodromici e integrativi dell’obbligo primario della prestazione”. L’informazione alla donna, dunque, non doveva secondo i giudici esaurirsi nel fornire alla paziente generiche informazioni sull’intervento che si intendeva eseguire, ma dovevano evidenziare “i profili di incertezza che invece gravavano sulla definitività della sterilizzazione”. Questo specialmente in considerazione del fatto che – sottolineano i giudici – “rientra nel comune patrimonio delle conoscenze di un ginecologo – ma non anche di una paziente – che la legatura delle tube, eseguita in occasione di un parto cesareo, essendo i tessuti edematosi, non assicura l’irriversibilità della sterilizzazione e può risultare inadeguata ad impedire la discesa dell’ovulo quando i tessuti medesimi tornano in condizioni di normalità”.

La donna infatti, rassicurata sull’“impossibilità” di rimanere incinta e sulla “irreversibilità” della sterilizzazione, non si era preoccupata di assumere alcun anticoncezionale dopo l’intervento. In pratica, sottolineato i giudici, i sanitari hanno “violato” il diritto all'autodeterminazione della paziente, “che resa consapevole della non definitività della sterilizzazione e informata in maniera completa ed esaustiva sul bilancio rischi-vantaggi derivante dall'intervento, avrebbe potuto adottare gli opportuni accertamenti per impedire ulteriori gravidanze non volute”.

Secondo la Cassazione, insomma, la donna aveva ricevuto dai medici un’informazione “non solo inesatta ma, anche e soprattutto, fuorviante così da incidere in maniera determinante sul valido e corretto processo formativo della volontà dei due coniugi in relazione alla scelta del momento – e del contesto operatorio – in cui eseguire la legatura delle tube”.
13 novembre 2013
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