L’Anaao cambia pelle. E in un congresso straordinario riscrive il proprio statuto per aprire le porte a energie nuove in grado rinnovare l’Associazione trasformandola in un sindacato sempre più rappresentativo delle istanze che arrivano dal mondo del lavoro.
Largo quindi a giovani, donne e dirigenti non medici che acquisiranno, di diritto, posizioni incisive dentro il sindacato. Soprattutto spazio a professionisti con contratti atipici, con rapporti di dipendenza a tempo determinato o di collaborazione coordinata e continuativa, in convenzione o in libera professione, pubblici o privati accreditati.
E non finisce qui, perché le modifiche statutarie - che saranno discusse dal 14 al 16 novembre a Casera – punteranno anche ad accorciare le distanze tra il livello nazionale e quello periferico del sindacato. Il restyling interesserà, infatti, anche il Consiglio nazionale, dove una quota di segretari aziendali, portatori di esigenze locali, potrà far sentire la propria voce.
Insomma, un importante giro di boa, perché - come ha ricordato
Costantino Troise, segretario nazionale Anaao Assomed, in questa intervista - a
Quotidiano Sanità, in una sanità che cambia “mutare non è più una scelta, ma una necessità”.
Ma per Troise bisogna anche andare oltre l’Intersindacale, che ha avuto il grande merito di consentire alla categoria di portare avanti iniziative importanti, ma ora inizia a scricchiolare. Meglio “cercare, in maniera concordata, forme più semplificate di rappresentanza del nostro mondi professionale che, proprio a causa della frammentarietà sindacale, paga un prezzo molto alto”.
Dottor Troise, sono passati 19 anni dal congresso di Riccione nel quale avete disegnato il profilo della vostra Associazione. Ora avete deciso di cambiare riscrivendo il vostro Statuto. Perché?
Perché si è trasformato il contesto in cui ci muoviamo. E quando mutano gli scenari, cambiare non è più una scelta, ma una necessità. La sanità è cambiata, così come gli interessi e le aspettative dei medici. È cambiato l’accesso al mondo del lavoro con l’entrata in scena dei contratti a tempo determinato, dei contratti atipici, della precarietà del lavoro. È cambiata anche l’Anaao Assomed: infatti, già dal congresso di Silvi Marina abbiamo deciso di non rappresentare solo il lavoro dei medici, ma anche quello dei dirigenti sanitari grazie all’unione con lo Snabi Sds. Cambi di scenario che abbiamo deciso di governare assumendo le trasformazioni in atto come occasione per rinnovare le energie del sindacato. Questo inevitabilmente ci ha portati a riscrivere le regole, perché l’obiettivo è dare rappresentanza ai nuovi soggetti professionali che stanno emergendo nel mondo della sanità. Figure professionali che possono anche avere posizioni contrattuali differenti, da quelle a tempo indeterminato a quelle atipiche. Rappresentare, cioè, il lavoro a prescindere dalla sua natura giuridica.
In particolare, a quali soggetti professionali si riferisce?
Prima di tutto, al di là della professione, alle donne e ai giovani in quanto tali. E poi a tutte quelle figure professionali, non mediche, come ad esempio gli ingegneri clinici, che operano nelle strutture dove si svolge attività assistenziale. La rivoluzione di genere in sanità tra qualche anno porterà al sorpasso della componente femminile su quella maschile. Un sorpasso di cui le organizzazioni sindacali non possono non tenere conto. Pensiamo che solo nella nostra Associazione le donne rappresentano circa il 40% degli iscritti. C’è poi la necessità di inserire energie giovanili per evitare di chiuderci al ricambio generazionale, perché la gobba demografica ha colpito anche le organizzazioni sindacali che contano tra le proprie fila dirigenti con un’età media in continua crescita. Insomma, cambi di scenario ai quali dobbiamo dare risposte. Abbiamo quindi deciso di portare avanti delle politiche positive, per far sì che i giovani e le donne entrino dalla porta principale negli organismi statutari.
Come si traduce tutto questo nell’ambito delle norme statutarie?
Nel riconoscere al settore dei giovani e dei dirigenti sanitari un’autonomia organizzativa con la possibilità di scegliere i propri rappresentanti a livello centrale e periferico e di agire con proprie iniziative e proposte sulle tematiche che più interessano le categorie rappresentate.
Qual è l’obiettivo?
Quello che vogliamo è diventare un sindacato più forte, realmente rappresentativo di tutte le istanze che arrivano dal mondo medico e non. Capace di farsi portatore di istanze diverse e di tutelare interessi legittimamente differenti, includere letture differenti perché fatte da occhi diversi del mondo sanitario.
Trasformando poi il Consiglio nazionale in un luogo rappresentativo dei territori con compiti consultivi e propositivi, intendiamo, grazie alla presenza di segretari aziendali, accorciare le distanze tra centro e periferia e dare vita ad un’osmosi costruttiva e più vicina alle esigenze locali della categoria. Oltre a questo rivedremo anche quelle che saranno le competenze specifiche delle cariche ai vertici dell’Associazione.
È convinto che ci sarà una risposta positiva da parte di giovani e donne?
Spero proprio di sì. In ogni caso è doveroso provarci. Dobbiamo seminare sperando che dalla semina arrivi un buon raccolto. L’alternativa è il declino. Dobbiamo “sparigliare” inserendo nelle regole del gioco anche altri soggetti con nuove energie e idee.
In poche parole state costruendo la leadership del futuro?
Sì, stiamo creando le condizioni per far crescere quelli che saranno i nostri dirigenti nei prossimi dieci anni. Abbiamo l’esigenza di guidare la transizione da un passato , glorioso ma senza indulgere in nostalgie, al futuro, gestendo contemporaneamente anche il presente. I dirigenti di oggi si avviano a chiudere un’esperienza che per forza di cose è a termine. Nel congresso di Silvi Marina abbiamo inserito degli elementi d’innovazione, ossia il limite di due mandati consecutivi per le figure apicali e l’impossibilità di candidarsi, a livello aziendale, regionale e nazionale, per chi è in pensione. Con questo non vogliamo rottamare chi ha acquisito tanta esperienza nel corso degli anni, ma far sì che questa esperienza possa essere messa a disposizione delle future generazioni di dirigenti. Vogliamo creare un sindacato che faccia scuola nella prassi quotidiana. Stiamo provando a metter in piedi un sindacato più forte e consapevole del ruolo di leadership che ci assegnano i numeri. Questo comporta necessariamente delle responsabilità e il dovere di cercare soluzioni nuove.
Soluzioni che possono partire da un sindacato più strutturato e rinnovato, capace di aprirsi alle nuove esigenze e capace di coinvolgere in questo rinnovamento gli altri sindacati. Cimentandosi anche con lo sforzo di andare oltre l’Intersindacale.
Superare l’Intersindacale, come?
L’Intersindacale ha avuto il grande merito di consentirci di portare avanti, con slancio e passione, iniziative importanti, culminate con la grande manifestazione unitaria dell’ottobre del 2012. Ma oggi inizia a scricchiolare. Credo sia necessario cercare, in maniera concordata, forme più semplificate di rappresentanza della categoria che proprio a causa della frammentarietà sindacale paga un prezzo molto alto. Dobbiamo provare a mettere sul tappeto forme più strutturate e continuative.
Ester Maragò