La Sicp ha celebrato pochi giorni fa il suo XX Congresso, registrando una partecipazione consistente e variegata. Sono tante le sfide che attendono un'area professionale che ha "faticosamente ottenuto lo status di disciplina autonoma e che può confrontarsi con pari dignità con le altre discipline". Su questo e tanti altri temi, come l'importanza nodale di investire sulla formazione, abbiamo ragionato con
Adriana Turriziani, presidente nazionale della società.
Lo scorso 30 ottobre il XX Congresso nazionale della Sicp si è chiuso la notizia di un emendamento alla Legge di Stabilità che permetterebbe anche a chi non dispone di una specializzazione di operare nelle Reti per le Cure Palliative, a patto di documentare un’esperienza di almeno cinque anni nel campo. Come giudica questa novità?
Si tratta di una notizia importantissima, in quanto testimonia un impegno concreto ed efficace delle istituzioni nei confronti di chi si è sempre impegnato per creare competenze all’interno della nostra realtà professionale. Siamo davvero felici, perché finalmente viene sancito un adeguato riconoscimento nei confronti di sforzi enormi e in molti casi decisivi. Speriamo quindi che si riesca a completare il percorso, modificando una situazione che poneva l’Italia in una condizione di arretratezza rispetto alle altre realtà europee. Il rischio era infatti quello di perdere dei profili che, nel nostro ambito, rappresentano autentici valori aggiunti. Seguiremo quindi con attenzione l’evoluzione di questo emendamento.
Quali sono gli elementi di maggior rilievo emersi nel corso del vostro Congresso?
L’appuntamento ha costituito un’occasione di confronto scientifico tra diverse professioni, producendo spunti e riflessioni di interesse impareggiabile che ci accompagneranno costantemente nel nostro lavoro. Bisogna poi aggiungere che abbiamo registrato una partecipazione a dir poco lusinghiera, con quasi 200 relatori e 1.175 iscritti. La forza del Congresso è stata indubbiamente la compenetrazione tra profili professionali diversi ma complementari, all’insegna dell’integrazione tra differenti servizi. La nostra è infatti una realtà multiprofessionale, che deve crescere sul confronto, soprattutto culturale, tra esperienze di varia natura. Soltanto un dinamismo di questo genere può garantire un autentico avanzamento scientifico.
Quali sono stati, negli ultimi anni, i progressi più rilevanti per le cure palliative?
Innanzitutto bisogna partire dall’Intesa Stato-Regioni del 25 luglio 2012, che ha previsto espressamente l’istituzione della disciplina “Cure Palliative” ai fini della regolamentazione concorsuale per il personale medico dirigente del Servizio sanitario nazionale. Ciò permette di sviluppare le reti in modo omogeneo in tutto il paese. Successivamente, lo scorso 7 febbraio, la Conferenza Permanente per i Rapporti fra Stato Regioni e Province Autonome ha sancito l’individuazione della Disciplina “Cure Palliative” nell’Area della medicina diagnostica e dei servizi per la categoria professionale dei medici, tra le discipline nelle quali possono essere conferiti gli incarichi dirigenziali di struttura complessa nelle Aziende sanitarie. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto del 28 marzo 2013 “Modifica ed integrazione delle tabelle A e B di cui al decreto 30 gennaio 1998, relative ai servizi ed alle specializzazioni equipollenti”, le cure palliative, quale disciplina autonoma, si confrontano con pari dignità con le altre discipline. E’ stata quindi formalmente riconosciuta con piena dignità la “specificità” dei saperi e delle abilità che i palliativisti, con la loro attività quotidiana, hanno faticosamente costruito sul campo clinico, assistenziale e scientifico. Il documento di intesa del luglio 2012 contiene poi un altro merito enorme: sancisce e definisce precisi indicatori di qualità e quantità.
Quali sono le principali sfide che attendono la vostra professione?
Dobbiamo prima di tutto riuscire a implementare cure di qualità in tutti i servizi. E poi riuscire a determinare un livello di omogeneità a livello qualitativo e quantitativo, in modo da ridurre e colmare il gap che allo stato attuale intercorre tra le diverse realtà regionali. E per raggiugere un simile obiettivo, il nodo principale riguarda il tema della formazione. Come società scientifica, il nostro impegno sarà la promozione della formazione pre-laurea e post-laurea in cure palliative per creare i presupposti didattici affinché il professionista che medita di intraprendere un percorso di palliativista, possa guardare con fiducia alle cure palliative, poiché nel nostro Paese sono un ambito della Medicina ormai affermato e riconosciuto.
Gennaro Barbieri