Promossi e a pieni voti i centri di diabetologia italiani. A dare il voto all’assistenza è l’Associazione medici diabetologi (Amd) che ha presentato a Milano i dati preliminari degli Annali 2010, il rapporto nazionale sulla qualità dell’assistenza offerta nei centri di diabetologia. Il rapporto, alla quinta edizione, sarà presentato al V Congresso nazionale del Centro studi e ricerche Fondazione Amd, in programma a Firenze dal 18 al 20 novembre.
L’efficacia e l’efficienza della qualità della cura nei Centri di diabetologia sono stati, per la prima volta, misurati negli Annali con un indice, lo score Q (Qualità). “L’indice o score Q – ha spiegato Carlo Giorda, vicepresidente Amd – rappresenta la ciliegina sulla torta. Si tratta di una misura sintetica che valuta da un punto di vista qualitativo l’efficienza delle cure e dell’assistenza prestate, e conseguentemente l’efficacia nel prevenire le complicanze tipiche del diabete, dall’infarto all’ictus, ai disturbi alla vascolarizzazione, alla mortalità”.
L’indice Q è stato calcolato assegnando un punteggio sia alle modalità assistenziali - effettuazione delle misurazioni di emoglobina glicosilata (HbA1c, il parametro che determina il livello di controllo del diabete), pressione arteriosa, profilo lipidico, microalbuminuria - sia ai risultati ottenuti dalla cura, ossia il mantenimento di HbA1cal di sotto dell’8%, della pressione inferiore a 140/90 mmHg, del colesterolo LDL a meno di 130 mg/dl, all’impiego dei farmaci adatti alla protezione renale in caso di microalbuminuria. Il punteggio varia da 0 a 40, con tre classi: inferiore a 15, fra 15 e 25, maggiore di 25; un punteggio inferiore a 15 si associa a un eccesso di rischio di complicanze di circa l’80%, mentre un punteggio fra 15 e 25 si associa ad un rischio più alto del 20%.
Dall’analisi contenuta negli annali è emerso che l’indice Q dell’assistenza italiana è positivo: 24,9 nel diabete tipo 1, con i centri più efficienti al 29,1, e 24,3 con l’elite al 27,5 nel diabete di tipo 2. Inoltre è superiore al 90%la percentuale di persone con diabete che effettua la misurazione dell’emoglobina glicosilata, almeno una volta l’anno.Un risultato quindi eccellente. Non solo, è buono anche il grado complessivo di controllo della malattia nelle persone con diabete assistite dai centri italiani, pur con la necessità di migliorare ulteriormente l’intervento terapeutico: l’HbA1c risulta, infatti, inferiore al 7% (obiettivo da raggiungere per prevenire sia le complicanze microvascolari della malattia diabetica, sia quelle macrovascolari) in un quarto dei pazienti con diabete di tipo 1, e in quasi la metà (44%) di quelli con tipo 2.
Insomma, nel complesso, la qualità dell’assistenza fornita nel nostro Paese, è promossa a pieni voti, anche se, rileva l’Amd, esistono ulteriori margini di miglioramento. “L’emoglobina glicosilata dovrebbe essere misurata almeno una volta l’anno a tutte le persone con diabete – ha affermato Giacomo Vespasiani, coordinatore dell’equipe che analizza dati raccolti dalle cartelle cliniche delle persone con diabete– e anche i dati sulla valutazione del profilo lipidico e della pressione arteriosa, oggi effettuati nel 73% e nel 79% dei casi rispettivamente, indicano la necessità di interventi più incisivi, soprattutto verso questi importanti fattori di rischio cardiovascolare. Infatti, solo il 42% delle persone con diabete italiane presenta valori di colesterolo Ldl inferiori a 100 mg/dl”.
Diabete, sempre più, patologia dei giovani uomini.Gli Annali hanno fotografato anche le dimensioni della patologia. È emerso che nel nostro Paese le persone con diabete rappresentano ormai il 7% della popolazione, oltre 4milioni di italiani. Il 55% è maschio; il 56,6% ha oltre65 anni; il 35,4% tra 45 e 65, ma l’8% ne ha meno di 45. E se si considera la fascia di età sino a 55 anni, questa percentuale sale al 18,8%: quasi 1 persona con diabete su 5 ha oggi meno di 55 anni. Il 91,9% è colpito da diabete di tipo 2 e, tra questi, 1 su dieci ha tra i 45 e i 55 anni, ma già 4 su cento meno di 45, segno che la malattia una volta definita “diabete senile” è sempre più giovane.
I due terzi dei soggetti con diabete di tipo 2 sono obesi (BMI superiore a 27) e solo meno del 20% risulta normopeso. Invece, nel diabete di tipo 1 l’obesità riguarda circa un quarto dei pazienti.
Poco meno di un terzo delle persone con diabete tipo 1 (28,9%), e il 17,3%di quelli con tipo 2, è fumatore. Per quanto riguarda i costi, questi sono raddoppiati in 20 anni: nel 1998, il diabete pesava sulle casse dello Stato per circa 5 miliardi di euro, pari al 6,7% della spesa totale per la sanità; oggi le stime parlano di 11 miliardi di euro, circa il 10% della spesa sanitaria. In Italia, infine, ogni anno 75mila persone con diabete subiscono un infarto, 18mila un ictus, 20mila vanno incontro a insufficienza renale cronica, 5mila patiscono l’amputazione degli arti inferiore e 18mila muoiono.
(E.M.)