Consiglio nazionale straordinario il 7 giugno scorso a Roma per l’Ipasvi, aperto dalla relazione del presidente Annalisa Silvestro che, partendo da un’analisi sull’attuale realtà del Ssn, ha sottolineato come “continua a ridursi il costo del personale (35,6 miliardi di euro) con un decremento dell'1,4% rispetto al 2011”, in conseguenza degli interventi di contenimento della spesa delle ultime manovre.
Il tasso occupazionale è sceso per gli infermieri ad un anno dalla laurea, dal 94% del 2007 all’83% del 2010 con segni oggettivi di un’ulteriore riduzione. Siamo quindi ad una “stasi occupazionale” che, sottolinea Silvestro, “ha indotto alcuni Colleghi a chiedere o a sostenere la necessità della chiusura/sospensione di parte dei corsi di laurea in infermieristica”.
“Se è vero che una contenuta riduzione dei posti in ingresso – rileva tuttavia la presidente Ipasvi - non è necessariamente e automaticamente foriera di una riduzione dei laureati, è altrettanto vero che chiedere la soppressione di corsi di laurea in infermieristica non risolve il problema della stasi occupazionale, mentre potrebbe mettere le basi per ben ulteriori problemi nel tempo medio (mantenimento/diminuzione dei Docenti e Ricercatori in Scienze infermieristiche, diminuzione della forza contrattuale della professione in ambito accademico, debole sviluppo della disciplina infermieristica ecc.).
“Inoltre deve essere ben presente a tutti – ha continuato - che non è possibile “fermare” la libera circolazione dei lavoratori e dei professionisti - anche infermieri - nell’Unione europea”.
“Né va sottovalutato – ha aggiunto - che numerose Regioni hanno definito e stanno ponendo in atto piani di riorganizzazione della rete ospedaliera che “liberano” risorse professionali infermieristiche che vengono riallocate diminuendo, il tal modo, la necessità di assumere nuovi professionisti”.
Secondo Silvestro, quindi, “la questione va affrontata in logica sistemica ed integrata tra FNC e Collegi provinciali - auspicabilmente riuniti in Coordinamento - tenuto conto del fatto che la vera
governance del sistema sanitario è in mano alle Regioni”.
“La Rappresentanza professionale – secondo Silvestro - deve costantemente e sistematicamente stressare e rendere evidente che la carenza/mancanza di infermieri ha una oggettiva ricadute sul mantenimento dei LEA; rende inattuale l’orientamento e il potenziamento delle cure primarie e dell’assistenza infermieristica domiciliare; non permette l’attivazione delle strutture sanitarie e socio sanitarie territoriali intermedie; rende inattuale l’attenzione e l’orientamento alla presa in carico di cittadini anziani e/o con patologie cronico-degenerative e/o fragili che necessitano di continuità ed estensività assistenziale lungo l’intero arco della vita”.
Ma non si è parlato solo di questo. Al centro dell’intervento della presidente degli infermieri (e ora senatrice del Pd) anche la “questione medica”.
Per Silvestro “il sistema sanitario sta uscendo da un’atavica pletora medica che ha reso l’Italia il Paese con il maggiore numero di medici rispetto alla popolazione”. “L’impegno della compagine professionale tutta, su questa “questione”, deve essere forte e corale”, ha detto. “Va attivato e mantenuto il confronto, l’analisi e il dibattito per quanto attiene il costrutto disciplinare, la sfera di decisionalità autonoma, l’evoluzione ormai fattuale delle competenze e dell’operatività infermieristica sia in campo clinico- assistenziale, sia in campo organizzativo-gestionale, sia in campo formativo”.
Ma soprattutto, “è necessario un cambio di marcia: ci dicano in che cosa consiste l’
atto medico, ci dicano sulla base di quali elementi giuridici, disciplinari, formativi, si sostengono alcune posizioni professionali che si riverberano nella stampa di settore e minano i rapporti e le relazioni professionali”.
Per Silvestro è infatti finita “la stagione dell’autoreferenzialità basata sulla mitologia della centralità e primazia della professione medica su tutte le altre professioni”, ed “è di palese evidenza che la riflessione su quest’annosa “questione” riverbera anche sul tasso di occupazione degli uni piuttosto che degli altri, sulla ridefinizione dei paradigmi relazionali tra le professioni e tra le professioni e i cittadini e sul ridisegno dello status sociale ed economico/contrattuale”.