Chirurghi italiani sempre più all’avanguardia. Nelle sale operatorie robot e sofisticate tecniche mininvasive sono ormai realtà. E sempre di più lo saranno anche la genetica, la biotecnologia e l’utilizzo di cellule staminali. La chirurgia italiana scala le classifiche e si posiziona ai primi posti nel mondo nonostante la scarsezza di risorse. Eppure il futuro non è roseo: su questa professione incombe il calo della vocazione che porterà le sale operatorie a un progressivo svuotamento. È questo lo scenario tratteggiato dalla Società Italiana di Chirurgia (Sic), che dall’11 al 13 ottobre si riunisce a Roma per il suo 112° Congresso nazionale dal titolo “Robot, biotecnologia e cellule staminali: presente e futuro della medicina. Ma è ancora il medico che comanda il futuro”.
“Il Ssn da più di dieci anni è ai primi posti delle classifiche stilate dagli organismi internazionali – ha ricordato Enrico De Antona, presidente della Sic nel corso della conferenza stampa di presentazione del Congresso – e anche nell’introduzione delle nuove tecnologie siamo avanti rispetto agli altri, infatti, per quanto riguarda la chirurgia robotica siamo secondi solo agli americani, ma in percentuale rispetto agli abitanti siamo i primi al mondo. Tutto questo pur destinando alla sanità solo il 6% del Pil, molto meno rispetto ad esempio alla Germania con l’11%”.
Eppure, nonostante le elevate performance, le criticità per i “camici verdi” iniziano a farsi sentire. Infatti, se in tutte le Università italiane aumenta il numero degli aspiranti dottori, sempre meno neolaureati scelgono le scuole di specializzazione in chirurgia. “Da alcuni anni – ha dichiarato Rocco Bellantone, segretario generale della Sic – si sta verificando un evento impensabile nel recente passato: le sedi vacanti. Scuole di specializzazione che non riescono a colmare i posti a disposizione. Eppure oggi lo status di medico in formazione prevede uno stipendio, un “punteggio” riconosciuto in Europa e un iter sempre più chiaro e definito. Fino a non tantissimi anni fa chi voleva specializzarsi doveva pagarsi il corso e molto spesso si doveva accontentare di vedere chi operava. Da alcuni anni si sta perdendo il 30% degli iscritti alle prove di ammissione alle scuole di chirurgia”.
Il risultato? Tra dieci anni i chirurghi scarseggeranno. O almeno quelli italiani. “Potrebbe accadere un po’ quello che sta succedendo in alcune parti del mondo, Inghilterra, Stati Uniti, Emirati Arabi e, per motivi diversi, molti paesi dell’Asia e dell’Africa: l’importazione dei ‘bisturi’. Analogamente a quanto è già successo per gli infermieri, in un prossimo futuro potremmo essere obbligati a far venire a lavorare in Italia chirurghi stranieri” ha aggiunto Bellantone.
Le cause di questa crisi di vocazione? Disparate. Si va dal lavoro pesante, carriere troppo lunghe (primi inserimenti intorno ai 35-38 anni), riconoscimenti economici a volte mortificanti. Soprattutto incombe su questa specializzazione la “spada di Damocle” dei contenziosi medico-legali. “Non è possibile dare una cifra esatta - spiega De Antona - secondo i dati dell’Ania il numero si aggira intorno alle 30mila denunce l’anno. Sul piano penalistico però i dati dimostrano che dopo 6-7 anni il 90% dei medici viene assolto. Bisogna però ricordare che la gente comune percepisce la qualità della nostra sanità, visto che da un sondaggio che abbiamo commissionato il 90% degli italiani è soddisfatto delle prestazioni ricevute”.
Una cosa è poi certa: il futuro della chirurgia sarà sempre più “rosa”. “Ormai il numero delle specializzande è in crescita e nelle scuole metà degli iscritti sono donne - ha spiegato De Antona - quindi nei prossimi anni aumenterà la percentuale di chirurghi donne, anche se tra le dottoresse sono maggiori gli abbandoni”. I motivi sono tutti da attribuire al fatto che le condizioni di lavoro mal si conciliano con le esigenze della famiglia. Bisognerebbe seguire la soluzione adottata in Svizzera per le anestesiste, ha suggerito Giovanni Battista Grassi, presidente del 112° congresso Sic, che propone alle donne una tipologia di contratto che non prevede i turni di guardia consentendo di conciliare professione e famiglia.
Il Congresso sarà soprattutto l’occasione per fare il punto della chirurgia in Italia: saranno affrontate le tematiche sulle nuove metodologie chirurgiche, dalle più sofisticate tecniche mininvasive, utilizzate ad esempio nella chirurgia bariatrica, alla chirurgia robotica che permette di compiere grandi interventi demolitivi.
E tra le novità figura l’utilizzo delle cellule staminali. “Le ricerche – ha detto Giovanni Battista Grassi – sono ancora in fase sperimentale, ma di sicuro nel futuro le applicazioni saranno moltissime. Quest’anno ci concentreremo sulla possibilità di usare le staminali in oncologia, per sostituire il tessuto tumorale con quello sano, ma si cominciano ad aprire prospettive importanti anche nella chirurgia della mammella e della trachea”.
Però sottolineano i chirurghi della Sic, si discuterà sì di tecnologie, ma mettendo ben in chiaro che “è ancora il medico che comanda il futuro”. Non a caso è questo il titolo scelto per la 112esima edizione del Congresso.
(E.M.)