Lavoro e Professioni
Terapisti neuro e psicomotricità dell’età evolutiva. “Insufficiente inclusione nelle équipe che si occupano di prevenzione”. Intervista al presidente Bonifacio
Proseguono le nostre interviste con i 18 presidenti delle rispettive professioni sanitarie che compongono la Fno Tsrm e Pstrp. Il nostro viaggio ci porta oggi a colloquio con Andrea Bonifacio, Presidente della Commissione di albo nazionale dei Terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva (Tnpee), che in questa intervista a Quotidiano Sanità traccia un quadro della professione mettendo in evidenza alcune criticità da risolvere, a partire dalla necessità di garantire la presenza di questi professionisti nelle équipe che si occupano di prevenzione su tutto il territorio nazionale, anche per abbattere il fenomeno delle liste d'attesa.
In premessa le chiederei di ribadire chi sono i terapisti della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva, quanti sono gli iscritti all'albo e qual è la vostra formazione?
In Italia, i Terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva (Tnpee) sono oltre 6000 e si occupano del trattamento dei disturbi del neurosviluppo in età pediatrica.
Il Tnpee è l’unico professionista sanitario che vanta un'elevata qualificazione e specializzazione per gli interventi di prevenzione, abilitazione e riabilitazione in ambito pediatrico e neuropsichiatrico infantile.
Con la competenza specifica egli è in grado di inquadrare con precisione e accuratezza l'adeguatezza dello sviluppo del bambino rispetto alla sua età cronologica, gli eventuali disturbi neuroevolutivi e come essi interagiscono con il patrimonio neurobiologico e le risorse funzionali del bambino. Questo consente di prevenire le possibili conseguenze che il disturbo stesso potrebbe causare sull'adattività del bambino ai suoi ambienti, alla sfera sociale, alla sua qualità di vita presente e futura.
La metodologia di intervento che utilizziamo si inserisce nella cornice teorica del modello bio-psico-sociale e rispetta il principio di medicina basata sull'evidenza e prevede azioni terapeutiche-riabilitative dominio-specifiche volte all'integrazione delle funzioni apprese. Attraverso l'intervento terapeutico-riabilitativo il Tnpee realizza azioni preventive, adattive e abilitative volte ad agire sulla modificabilità del funzionamento dell'assistito ed a prevenire gli effetti secondari dei disordini dello sviluppo o dei processi di comorbilità. In previsione della complessità degli interventi e delle risposte necessarie nella maggior parte dei disturbi dell'età evolutiva (disturbi del neurosviluppo , paralisi cerebrali infantili, sindromi genetiche, ritardo neuropsicomotorio, malattie neuromuscolari, disturbi sensoriali, disturbi neuromotori, disturbi psicopatologici o neuropsicologici, disturbi della comunicazione) il Tnpee pianifica un programma di intervento, formalmente denominato progetto riabilitativo individualizzato (PRI), che prevede un'organizzazione sequenziale degli obiettivi di intervento orientati alla promozione sia delle singole abilità, sia all'integrazione delle stesse, perseguendo la realizzazione del miglior sviluppo del comportamento adattivo del soggetto.
Rispetto al nostro primo appuntamento del 2021 cosa è cambiato, sono emerse ulteriori criticità?
La specificità dei disturbi neuropsichiatrici richiede una presa in carico ad alta specializzazione in una rete socio-sanitaria integrata all’interno dei servizi territoriali dedicati. Per tale motivo il programma di azione nazionale per la salute mentale prevede la presenza di tutte le figure multidisciplinari in grado di supportare il processo diagnostico, terapeutico e riabilitativo. Dal nostro ultimo incontro, i dati ISTAT ci fanno osservare come ci sia ancora una insufficiente inclusione del Tnpee all'interno delle equipe multiprofessionali che si occupano prevalentemente di prevenzione su tutto il territorio nazionale. La Fno Tsrm e Pstrp ha stimato una carenza di 5.649 Tnpee per soddisfare in modo ottimale il rapporto tra professionisti e 100mila abitanti. La scarsa implementazione del Tnpee in ambito di prevenzione comporta un aumento imponente delle liste d'attesa e quindi uno spreco economico da parte del SSN rispetto a tutte quelle devianze dello sviluppo che potrebbero essere individuate, inquadrate e riabilitate nel periodo di sviluppo più plastico del bambino; ci basta infatti pensare che tre anni fa, in materia di equipe multidisciplinare e multiprofessionale, a nostro avviso, la scommessa sembrava essere la definizione del contributo che ogni disciplina può fornire nella visione clinica e nella presa in carico.
A oggi, invece, si sta valutando sempre di più il concetto di inter-professionalità, che apre una riflessione su quelli che potrebbero essere a lungo termine gli sviluppi delle nostre professioni anche sul piano formativo e dei quali purtroppo in questi ultimi anni abbiamo osservato gli effetti negativi, attraverso l’erogazione da parte di enti non qualificati di formazioni improprie nell’ambito delle discipline pediatriche e neuropsichiatriche infantili. Tali titoli vengono estesi anche a professionisti che non appartengano alla classe delle professioni della riabilitazione (L/SNT2) e quindi non specializzati. Ne consegue che l’offerta sanitaria nazionale, rispetto alla presa in carico dei soggetti in età evolutiva, sia dal punto di vista preventivo, che abilitativo e terapeutico, sta rischiando di essere qualitativamente inadeguata con effetti negativi che potranno osservarsi nel breve termine sullo sviluppo adattivo dei soggetti stessi e nel lungo termine sul SSN; tali titoli infatti non attribuiscono attestati qualificanti un profilo professionale. Situazioni di questo tipo vanno opportunamente affrontate con le Istituzioni coinvolte nella formazione e nel contrasto dell’illegalità e ritengo opportuno sottolinearlo in questa sede, ricordando che domani si celebra la “Giornata mondiale sui diritti per l’infanzia e l’adolescenza” poiché la salute è un diritto dell’età evolutiva.
Una seconda criticità, sulla quale grazie alla preziosa collaborazione delle Commissioni di albo territoriali, e quindi a livello capillare, stiamo lavorando dal 2021 è riferibile al frequente riscontro di errori di nomenclatura delle prestazioni, generati da una diffusa confusione terminologica nella compilazione della prescrizione medico-riabilitativa, che spesso vede trascritta l'indicazione alla “terapia psicomotoria” o ancor più ambiguamente alla “psicomotricità” invece che alla “terapia neuro-psicomotoria o alla riabilitazione neuro-psicomotoria”. Questi errori generano confusione nell’utenza e spazi di ambiguità a cui è fondamentale rispondere sul piano delle competenze anche giuridiche e di sistema. Ribadisco ancora una volta che la disomogeneità nella compilazione della prescrizione medica impedisce un’analisi appropriata circa il numero e la quantità di prestazioni sanitarie erogate per gli interventi neuro-psicomotori, dati che sarebbero informativi degli aspetti epidemiologici in merito ai disturbi trattati, all’attesa relativa alla presa in carico e alla possibilità di accedere alla riabilitazione neuro-psicomotoria, con un impatto notevole sulla programmazione sanitaria. L’appropriata compilazione della prescrizione medico-riabilitativa è uno strumento imprescindibile per la tutela nell’accesso alle cure da parte del cittadino, per l’appropriatezza dei servizi erogati dal Sistema sanitario nazionale, per la riduzione della percentuale dei fattori di rischio sanitario e il conseguente impatto sulla stessa spesa sanitaria. Semplificando: l’identificazione della prestazione sanitaria corretta garantisce una risposta efficace ed efficiente da parte del sistema sanitario.
Quali le prospettive e le sfide future della professione?
Una delle sfide più urgenti nel panorama sanitario italiano è garantire la presenza del Terapista della neuro e psicomotricità della età evolutiva in tutti gli ambiti della prevenzione. Sebbene il sistema universitario e professionalizzante abbia riconosciuto il valore di questa figura, il SSN non ha ancora pienamente colto il suo potenziale, soprattutto per ragioni politiche e organizzative.
Il Tnpee possiede una formazione altamente specializzata, non solo nell’inquadramento dei disturbi del neurosviluppo, ma anche nella capacità di individuare precocemente le traiettorie di sviluppo globale del bambino. Ciò lo rende una figura unica, in grado di occuparsi sia di prevenzione che di follow-up, con competenze che si estendono fino alla neonatologia a partire dall’epoca neonatale. Ricordiamo che il 17 novembre si è celebrata la Giornata mondiale della prematurità e i Tnpee si sentono particolarmente coinvolti da questo tema. Molti di noi sono presenti nelle équipe di ricerca che si occupano dell’individuazione precoce dei segni di alcuni disordini dello sviluppo sin dall’epoca fetale. Tuttavia, la loro presenza in ambiti come la terapia intensiva neonatale (TIN) è ancora scarsamente riconosciuta e valorizzata.
L'obiettivo attuale è integrare il Tnpee all'interno della medicina di comunità e dei dipartimenti pediatrici, neonatologici e materno-infantili. In questi contesti, il Tnpee può applicare le sue conoscenze per svolgere attività di screening, promozione dello sviluppo e educazione terapeutica rivolta alle famiglie. Questo è particolarmente rilevante nei reparti di terapia intensiva neonatale, dove la figura del Tnpee può giocare un ruolo decisivo nel supporto abilitativo precoce dei neonati pre-termine.
Le prove a sostegno dell'efficacia del Tnpee non mancano. Diversi studi condotti dalle Unità operative TIN italiane hanno dimostrato l'importanza dell'intervento precoce, e la recente attivazione del Master interprofessionale di I livello "Riabilitazione neuromotoria e neurosensoriale del neonato prematuro" presso l’Università degli studi di Roma “la Sapienza” ha contribuito a far crescere la consapevolezza riguardo al valore di questa figura professionale. La strada da percorrere è ancora lunga e complessa, e richiede un maggiore impegno da parte delle istituzioni per garantire che il Tnpee trovi il suo spazio naturale all'interno del sistema sanitario, soprattutto in ambito preventivo e pediatrico.
Qual è il suo giudizio sull'attuale stato di salute del Ssn tra lamentate carenze di fondi e se anche la vostra professione è soggetta al fenomeno della carenza di personale lamentata in diversi ambiti sanitari?
Credo che il nostro sistema sanitario stia vivendo uno dei periodi più critici dalla sua istituzione, segnato da difficoltà strutturali e organizzative, che rischiano di comprometterne l’efficacia. Tra le principali cause, la crescente pressione dovuta alla situazione socio-demografica del Paese e la mancata integrazione socio-sanitaria in molte regioni, che ha creato uno squilibrio assistenziale sempre più evidente. I servizi sanitari, in alcune realtà, si vedono costretti a farsi carico di questioni che dovrebbero essere gestite dal welfare comunitario, aumentando i costi e l’inefficienza.
Durante il primo congresso dei Terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, svoltosi lo scorso anno a Napoli, è stato evidenziato come sprechi e inefficienze organizzative gravino pesantemente sulla spesa sanitaria. Le riforme introdotte dal PNRR, attraverso la “Missione 6” sulla salute e il DM 77/2022, avevano l'obiettivo di riorganizzare il SSN, introducendo nuovi standard e rafforzando la concertazione tra servizi attraverso le case di comunità. Tuttavia, il decreto-legge sulle liste di attesa del 7 giugno 2024 n. 73, convertito nella legge 107 del 29 luglio 2024, sembra tradire tale missione, mantenendo un modello ospedalocentrico e focalizzato su soluzioni riparative, anziché riorganizzative. Questo approccio ignora la necessità di un nuovo assetto per la gestione delle cronicità, che costituiscono una parte significativa dei bisogni sanitari attuali.
Le malattie croniche, infatti, richiedono una gestione complessa e continuativa, che deve avvenire principalmente a livello territoriale, dove i cittadini possono trovare maggiore prossimità e accesso ai servizi. Purtroppo, già prima della pandemia, i Servizi di neuropsichiatria infanzia e adolescenza (NPIA) avevano denunciato gravi difficoltà nel rispondere alle esigenze crescenti, con pesanti ricadute sulla salute di bambini e famiglie. L’insoddisfazione degli utenti, spesso esasperati dalle lunghe attese e dall’inefficienza, ha portato ad un aumento degli attacchi contro il personale sanitario, già sotto pressione e privo di adeguate tutele.
Il sistema necessita di strumenti che garantiscano la trasparenza e la tracciabilità delle prestazioni erogate, un aspetto cruciale per gestire le liste d’attesa in modo più efficiente e garantire appropriatezza nelle cure. In questo contesto, è fondamentale superare il modello prestazionale attuale, orientato alla semplice erogazione di prestazioni, per abbracciare un approccio progettuale che favorisca la collaborazione tra i servizi socio-sanitari.
La riabilitazione, in particolare, richiede un processo decisionale basato su priorità di sviluppo, che cambia in base all'età e alle esigenze dei bambini. Per esempio, l’acquisizione di una buona coordinazione oculo-manuale in età prescolare è essenziale per l’apprendimento della scrittura. Questo tipo di approccio, che pianifica gli interventi a lungo termine e ne verifica costantemente l’efficacia, permette di garantire una maggiore appropriatezza clinica e di ottimizzare le risorse.
I disordini dello sviluppo in età evolutiva spesso, si manifestano come condizioni croniche, che richiedono interventi multidisciplinari e integrati. La riabilitazione in ambito ambulatoriale, pur necessaria, non può esaurire il percorso terapeutico: è fondamentale che le acquisizioni ottenute durante la riabilitazione vengano trasferite nei contesti di vita quotidiana, come la casa, la scuola e la comunità. Solo così è possibile promuovere una reale inclusione sociale e garantire una vita autonoma e soddisfacente alle persone con disabilità.
In questo senso, la legge 328 del 2000, che introdusse il concetto di “Progetto di vita”, e il DM 77 del 2022, che parla di “Progetto di salute”, devono essere visti come complementari e interconnessi. La sfida è creare un sistema intersettoriale che supporti il bambino e la sua famiglia in ogni fase del percorso di vita, attraverso un’integrazione tra servizi sanitari, comunali e del terzo settore. Solo un’efficace collaborazione tra tutte le parti coinvolte può garantire la sostenibilità del sistema e la qualità degli interventi.
Concludendo, per realizzare un cambiamento così profondo, è necessario un management tecnico, guidato dai professionisti della sanità che conoscono da vicino i processi decisionali e le peculiarità della presa in carico. Il cambiamento deve prevedere anche l’introduzione di posizioni dirigenziali per i professionisti della riabilitazione e la creazione di sistemi informativi specifici per la età evolutiva, capaci di fotografare i reali bisogni di salute e di monitorare l’accessibilità alle prestazioni. Insomma, la crisi del Ssn non è solo una questione di carenza di risorse, ma di una profonda crisi organizzativa. Per affrontare realmente le liste d’attesa e migliorare la qualità dei servizi, è necessaria una gestione competente, che valorizzi la professionalità e l’expertise di chi lavora quotidianamente per garantire la salute pubblica.