La lotta al dolore procede ancora con troppa lentezza. Nonostante in Italia 13 milioni di persone soffrano di dolore cronico (il 21,7% della popolazione), l’impatto della malattia è sottovalutato, tant’è che 4 pazienti su dieci dichiarano di non essere trattati in maniera adeguata. Questo nonostante l’approvazione nel 2010 della Legge 38 ponga il nostro Paese all’avanguardia in Europa.
Per dare un’accelerazione all’applicazione della legge e attuare le Aggregazioni funzionali territoriali, i grandi ambulatori di famiglia aperti 7 giorni su 7, previsti dalla normativa ma non ancora realizzati, la Simg ha dato vita al progetto Teseo, con il grant educazionale di Angelini.
Il progetto, presentato al 29° Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina Generale in corso a Firenze, ha spiegato Claudio Cricelli, presidente Simg, è centrato sulla figura del medico di famiglia, e ha l’obiettivo di sperimentare un modello organizzativo di erogazione delle cure palliative e terapia del dolore e migliorare la qualità di vita dei pazienti.
Si partirà, ha chiarito Pierangelo Lora Aprile, Responsabile dell’Area Cure Palliative della Simg, con un iniziale intervento formativo su un gruppo nazionale di 22 medici di famiglia “con speciale interesse in cure palliative e terapia del dolore”, che a loro volta avranno il ruolo di formare oltre 400 colleghi sul territorio. Seguirà poi una fase attuativa a livello locale, in cui sarà valutato l’impatto dell’attività del medico di famiglia sui percorsi assistenziali e in particolare il miglior riconoscimento dei pazienti da inserire nelle reti di cure palliative e terapia del dolore, previste dalla Legge 38.
Una legge che, per il presidente della Simg, nonostante abbia rappresentato un passo in avanti decisivo “perché ha segnato il passaggio della concezione del dolore non più solo come sintomo ma come malattia” presenta ancora alcune criticità.
“È un provvedimento importante che però deve essere tradotto in atti concreti – ha detto Cricelli – infatti nella realtà lo Stato e le Regioni non si sono fatte carico di offrire le informazioni necessarie per far capire ai cittadini che è un loro diritto farsi curare senza dolore. Noi medici possiamo e dobbiamo fare formazione su questa materia, ma se l’applicazione della legge procede con lentezza non dipende dagli operatori sanitari, ma dalle istituzioni a cui compete appunto questo compito di divulgazione. È dai cittadini che deve arrivare la spinta a chiedere il diritto a non soffrire”.