La medicina difensiva si verifica quando il medico ordina esami, procedure o visite, oppure evita pazienti o procedure a rischio principalmente per ridurre la propria esposizione al contenzioso legale. Per rendersi conto dei termini del problema è sufficiente ricordare come, nell’arco di dieci anni, dal 1995 al 2005, il numero dei sinistri denunciati alle imprese di assicurazione in Italia, nel campo della responsabilità civile nel settore sanitario, sia passato dal poco più di 17.000 a circa 28.500 facendo registrare un incremento del 65%. Il risultato di tale incremento nel ricorso alle denunce? Otto chirurghi su 10 praticano la medicina difensiva. È quanto emerge da uno studio condotto dal Centro studi “Federico Stella” sulla Giustizia penale e la Politica criminale, diretto da Gabrio Forti.
Dei 307 chirurghi intervistati, il 77,9% ammette di aver adottato almeno un comportamento di medicina difensiva nell’arco dell’ultimo mese precedente all’indagine. L’83% circa dichiara di avere inserito in cartella clinica annotazioni evitabili, il 69,8% di aver proposto il ricovero di un paziente in ospedale, nonostante fosse gestibile ambulatorialmente, il 61,3% di aver prescritto un numero maggiore di esami diagnostici rispetto a quello necessario, il 58,6% di aver fatto ricorso alla consultazione non necessaria di altri specialisti, il 51,5% di aver prescritto farmaci non necessari, il 26,2% di avere escluso pazienti “a rischio” da alcuni trattamenti, oltre le normali regole di prudenza.
Quanto alle principali motivazioni che inducono a comportamenti difensivi, l’80,4% del campione intervistato dichiara proprio il timore di un contenzioso medico-legale. Il 65,7% afferma di risentire di l’influenza di precedenti esperienze di contenzioso a carico di altri colleghi e il 51,8% di esperienze vissute in prima persona. Il 59,8% ha il timore di ricevere richieste di risarcimento e il43,5% di rovinare la propria reputazione professionale.
Il fenomeno è particolarmente diffuso tra i medici più giovani al punto che quasi la totalità dei chirurghi compresi tra i 32 e i 42 anni applicano la medicina difensiva (92,3%), ma il tasso resta molto alto anche tra i chirurghi tra i 63 e i 72 anni. (67,4%)
Per far fronte a questo fenomeno, gli studiosi del Centro studi “Federico Stella” hanno elaborato anche una proposta di riforma in tema di responsabilità penale nell’ambito dell’attività sanitaria e gestione del contenzioso legato al rischio clinico. Si tratta da un lato di limitare la responsabilità penale del medico ai soli casi di “colpa grave”, accompagnandola però con la previsione di una serie di percorsi alternativi di risoluzione delle dispute tra medico e paziente, basati non su una semplice conciliazione di tipo monetario, ma articolati secondo i principi tipici della giustizia “ripartiva”. Ma gli esperti sottolineano anche la necessità di introdurre e potenziare, all'interno delle strutture sanitarie, le Unità di gestione del rischio clinico, che hanno il compito di svolgere un'attività volta a monitorare gli incidenti occorsi e, soprattutto, gli errori che non si sono tradotti in un evento avverso allo scopo di raccogliere i dati utili per adottare iniziative volte a prevenire il ripetersi degli stessi errori.