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QS Edizioni - giovedì 21 novembre 2024

Lavoro e Professioni

Radioprotezione in ambito sanitario: legislazione, procedure e obbligo formativo per gli operatori sanitari

di Arnaldo Iodice
immagine 17 novembre - Cosa devono fare gli operatori sanitari per ridurre al minimo il rischio di esporre i pazienti (e loro stessi) alle radiazioni? Intervista a Luigi Manco, specialista in Fisica medica (Azienda Usl Ferrara): “La formazione in questa materia assume un ruolo di estrema rilevanza”

L’esposizione alle radiazioni in ambito sanitario è estremamente pericolosa per la salute. La Commissione Internazionale per la Radioprotezione definisce il rischio in questo ambito come una funzione di molteplici fattori, tra i quali sono inclusi: incidenza di tumore; malattie ereditarie correlate alle radiazioni; la mortalità associate ai punti precedenti (in termini di anni di vita persi); la qualità di vita.

Per questo negli anni sono stati sviluppate procedure e buone pratiche mirate a limitare il più possibile questi problemi. La radioprotezione è, per l’appunto, la disciplina applicata alla protezione dell'uomo e dell'ambiente dagli effetti dannosi delle radiazioni.

La legislazione in materia di radioprotezione

La legislazione in materia è attualmente regolata dal Decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, intitolato “Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell’articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117”.

Il decreto stabilisce norme di sicurezza al fine di proteggere le persone dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti, e disciplina la protezione sanitaria delle persone soggette a qualsiasi tipo di esposizione alle radiazioni ionizzanti, il mantenimento e la promozione del continuo miglioramento della sicurezza nucleare degli impianti nucleari, la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, la sorveglianza e il controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile esaurito e materie radioattive.

“La normativa sulla radioprotezione, disciplinata dal decreto 101 pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel luglio 2020, ha introdotto significative innovazioni, recependo la direttiva Euratom del 2013 – spiega ai nostri microfoni Luigi Manco, specialista in Fisica medica (Azienda Usl Ferrara), e responsabile scientifico del corso FAD “Radioprotezione in sanità: dalla teoria alla pratica (D. Lgs. 101/20)”, presente sulla piattaforma Consulcesi Club (12 crediti ECM) –. Questa direttiva ha permesso l'aggiornamento del quadro normativo precedentemente regolato dal decreto legislativo 230 del 1995, ormai obsoleto. Tra le novità più rilevanti figura la riduzione del limite di dose equivalente al cristallino da 105 a 20 millisievert. Ciò implica la necessità di un monitoraggio rigoroso per i lavoratori che potrebbero essere esposti a livelli di dose superiori a questo nuovo limite durante le loro attività”.

Le disposizioni del decreto si applicano a qualsiasi situazione di esposizione pianificata, esistente o di emergenza che comporti un rischio da esposizione a radiazioni ionizzanti che non può essere trascurato sia dal punto di vista della radioprotezione sia per quanto riguarda l’ambiente ai fini della protezione della salute umana a lungo termine.

“Il decreto – continua il dottor Manco – ha anche affrontato la gestione dei rifiuti radioattivi e la tracciabilità delle sorgenti radioattive nel territorio nazionale. Questo ha comportato l'adempimento a obblighi di registrazione tramite un portale ministeriale con tempi definiti. Tale portale richiede la tracciatura dettagliata delle movimentazioni di queste sostanze sul territorio nazionale, inclusi i trasporti e la gestione di un registro. Inizialmente, ciò ha generato sorpresa per il carico di lavoro aggiuntivo per gli operatori del settore, dato che tutte le sorgenti di radiazioni ionizzanti e le macchine radiogene delle strutture sanitarie, compresi gli ambulatori odontoiatrici, sono soggette a questa normativa e devono essere regolarmente registrate sul portale”.

Norme interne di protezione e sicurezza

L’articolo 118 elenca gli obblighi dei lavoratori:

  • Osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale, a seconda delle mansioni alle quali sono addetti.
  • Usare secondo le specifiche istruzioni ricevute i dispositivi di sicurezza, di protezione, e di sorveglianza dosimetrica predisposti o forniti dal datore di lavoro.
  • Segnalare immediatamente al dirigente o al preposto la mancanza, l’insufficienza o il mancato funzionamento dei dispositivi di sicurezza, di protezione e di sorveglianza dosimetrica, nonché le eventuali condizioni di pericolo di cui si viene a conoscenza.
  • Astenersi dal compiere, di propria iniziativa, operazioni o manovre che non sono di propria competenza o che possono compromettere la protezione e la sicurezza propria o di altri lavoratori o del paziente.
  • L’accesso alle Zone Classificate durante l’esecuzione della procedura radiologica è consentito al solo personale preventivamente classificato dall’EdR (esperto di radioprotezione).

Le radiazioni da cui è necessario proteggersi sono di tre tipi:

  • Primaria: radiazione emergente dal tubo radiogeno. Rappresenta la fonte potenzialmente più pericolosa, perché non attenuata; dipende dai parametri tecnici di esposizione: kV e mAs e filtrazione.
  • Diffusa: radiazione generata dal paziente investito dal fascio primario + piccola percentuale del fascio diretto; dipende dalla collimazione, dai kVp e dalla geometria di irraggiamento.
  • Di fuga: radiazione emergente dalla cuffia che contiene il tubo radiogeno al di fuori del fascio primario.

L’importanza dell’aggiornamento professionale

“Un altro aspetto cruciale della normativa – spiega Manco – riguarda la formazione, in quanto segna una prima volta rispetto ai decreti precedenti. Sono stati introdotti crediti specifici per i professionisti sanitari in materia di radioprotezione, da accumulare nel triennio insieme al fabbisogno ECM. Questi crediti devono essere ottenuti attraverso corsi dedicati, generalmente condotti da esperti di radioprotezione o medici autorizzati”.

In ottemperanza all’articolo 162 del decreto 101, infatti, la Commissione nazionale per la formazione continua in medicina adottò una delibera in materia di radioprotezione del paziente. Per questo, nel triennio 2020-2022 (attualmente in corso, grazie all’anno di proroga, ma in scadenza il 31 dicembre prossimo), è scattata la variazione che interessa l’obbligo di aggiornamento in materia di radioprotezione per tutti i professionisti sanitari. Per essere in regola, dunque, i crediti in materia di radioprotezione devono rappresentare:

  • almeno il 10 per cento (15 crediti ECM) dei crediti complessivi previsti nel triennio per medici specialisti, medici di medicina generale, pediatri di famiglia, tecnici sanitari di radiologia medica, infermieri e gli infermieri pediatrici.
  • almeno il 15 per cento (22,5 crediti ECM) dei crediti complessivi previsti nel triennio per specialisti in fisica medica, medici specialisti e odontoiatri che svolgono attività complementare.

“La formazione assume un ruolo di estrema rilevanza – spiega ancora il dottor Manco –, soprattutto alla luce del decreto legislativo 101, il quale ne amplifica significativamente l'importanza. Ciò è particolarmente evidente nel contesto della formazione sulla radioprotezione, un ambito intrinsecamente complesso. La complessità deriva dai continui cambiamenti nelle attrezzature e nelle modalità di esposizione, rendendo indispensabile un costante aggiornamento professionale. Il legislatore, a mio avviso, ha voluto sottolineare la necessità di questo aggiornamento continuo nel settore della radioprotezione”.

Il decreto legislativo 101 struttura il debito formativo in due modi distinti: “In primo luogo, attribuisce al datore di lavoro l'obbligo di formare i propri dirigenti e preposti, nonché di addestrare i dipendenti a esso subordinati. In pratica, il datore di lavoro assume la responsabilità di una formazione specifica. Parallelamente, vi è una formazione che ricade direttamente sulle spalle del lavoratore, in quanto professionista sanitario. È compito del professionista, nel contesto dei programmi di aggiornamento continuo in medicina, assicurarsi di conseguire i crediti formativi richiesti”.

Arnaldo Iodice

17 novembre 2023
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