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QS Edizioni - martedì 3 dicembre 2024

Lavoro e Professioni

La responsabilità in tema di equipe sanitaria e la nozione di errore evidente e non setteriorale

di Paola Frati
immagine 1 settembre - L’onere di vigilanza imposto ai componenti di una equipe medica non può trasformarsi in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione degli spazi di competenza altrui, soprattutto in presenza di posizioni professionalità del tutto distinte e caratterizzate da diverse fonti di cognizione delle condizioni del paziente.

Ripercorrendo i principali arresti della giurisprudenza penale in tema di attribuzione della responsabilità ai componenti della equipe, il principio cardine, più volte richiamato, è quello del controllo reciproco: "in tema di responsabilità medica, l'obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell' equipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate, ma anche il controllo sull'operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali, in quanto tali rilevabili con l'ausilio delle comuni conoscenze del professionista medio. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo nei confronti, oltre che del ginecologo, anche delle ostetriche, ritenendo che l'errore commesso dal ginecologo nel trascurare i segnali di sofferenza fetale non esonerava le ostetriche dal dovere di segnalare il peggioramento del tracciato cardiotocografico, in quanto tale attività rientrava nelle competenze di entrambe le figure professionali operanti in equipe);
(Cass. pen. n. 53315 del 2016), con la puntualizzazione che tale principio non si estende a fasi dell'operazione distinte: "In tema di colpa professionale, in caso di intervento chirurgico in "equipe", il principio per cui ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell'attività altrui, se del caso ponendo rimedio ad errori che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l'ausilio della comune conoscenza scientifica del professionista medio, non opera in relazione alle fasi dell'intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell'affidamento per cui può rispondere dell'errore o dell'omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell'intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica, non potendosi trasformare l'onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di competenza altrui" (Cass. n. 27314 del 2017).

In particolare poi in relazione alla posizione del “componente sottordinato” della equipe, la Cassazione penale ha affermato che: "In tema di colpa medica, il medico componente della equipe chirurgica in posizione di secondo operatore che non condivide le scelte del primario adottate nel corso dell'intervento operatorio, ha l'obbligo, per esimersi da responsabilità, di manifestare espressamente il proprio dissenso, senza che tuttavia siano necessarie particolari forme di esternazione dello stesso. (In motivazione, la Corte ha sottolineato che la valutazione relativa alla idoneità della forma di dissenso impiegata ad escludere la responsabilità penale deve essere compiuta avendo riguardo al contesto in cui questa opinione è stata resa manifesta, dovendo necessariamente distinguersi tra la situazione in cui si procede a scelte puramente terapeutiche a quella di tipo operatorio)" (Cass. n.43828 del 2015, che innova rispetto a Cass. pen. n. 5864 del 2013: "In tema di colpa in ambito sanitario, non è configurabile una responsabilità professionale dell'aiuto e dell'assistente medico sulla base della sola partecipazione all'intervento chirurgico effettuato direttamente dal primario, non essendo essi obbligati a dissociarsi dall'attività materialmente compiuta dal primo operatore o a manifestare il proprio dissenso "in tempo reale" abbandonando la sala operatoria.

Da ultimo la Corte di Cassazione ha ritenuto che in caso di lavoro in "équipe" e, più in generale, di cooperazione multidisciplinare nell'attività medico-chirurgica, l'accertamento del nesso causale rispetto all'evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta ed al ruolo di ciascuno, non potendosi configurare aprioristicamente una responsabilità di gruppo, in particolare quando i ruoli ed i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti tra loro (Cassazione penale sez. IV, 21/11/2019, n.49774).

In ambito civilistico è stato affermato che in tema di responsabilità sanitaria l'obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell'équipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate, ma anche il controllo sull'operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali, sicché rientra tra gli obblighi di ogni singolo componente di una équipe chirurgica, sia esso in posizione sovra o sotto-ordinata, anche quello di prendere visione, prima dell'operazione, della cartella clinica contenente tutti i dati per verificare la necessità di adottare particolari precauzioni imposte dalla specifica condizione del paziente ed eventualmente segnalare, anche senza particolari formalità, il suo motivato dissenso rispetto alle scelte chirurgiche effettuate e alla scelta stessa di procedere all'operazione, potendo solo in tali casi esimersi dalla concorrente responsabilità di membri dell'equipe nell'inadempimento della prestazione sanitaria (Cassazione civile sez. III, 17/10/2019, n.26307).

Si tratta di arresto conforme a quella giurisprudenza secondo cui nel caso di equipe chirurgica e più in generale in quello in cui ci si trovi di fronte ad ipotesi di cooperazione multidisciplinare nell'attività medico - chirurgica, sia pure svolta non contestualmente, ogni sanitario, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, è tenuto ad osservare gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico.

Con la conseguenza che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l'attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio o facendo in modo che si ponga opportunamente rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali e, come tali, rilevabili ed emendabili con l'ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio (Cass. pen. 24 gennaio 2005, n. 18548; 26 ottobre 2011, n. 46824).

I limiti dell'obbligo in discorso sono, però, rappresentati dal carattere evidente e non settoriale dell'errore altrui, come tale rilevabile ed emendabile con l'ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio e dal livello di competenza e di professionalità di ciascun componente l'equipe.

In definitiva sintesi, deve affermarsi che l'onere di vigilanza imposto ai componenti di una equipe medica non può trasformarsi in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione degli spazi di competenza altrui, soprattutto in presenza di posizioni professionalità del tutto distinte e caratterizzate da diverse fonti di cognizione delle condizioni del paziente.

Paola Frati
Professore Ordinario Medicina Legale Sapienza di Roma

1 settembre 2023
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