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QS Edizioni - martedì 16 luglio 2024

Lavoro e Professioni

Logopedisti. “Formazione, più professionisti e ricerca: queste le sfide principali per la nostra professione”. Intervista alla presidente della Commissione di albo nazionale Tiziana Rossetto

di Giovanni Rodriquez
immagine 16 giugno - “La formazione dovrà essere adeguata a più alti standard europei. Abbiamo un numero professionisti laureati che non permette di soddisfare tutte le richieste della popolazione. La ricerca è un settore molto sentito tra i colleghi. Eppure, non c’è sufficiente offerta per formare i nuovi ricercatori. E senza ricerca non c’è futuro per nessuna professione”

Proseguono le nostre interviste con i 19 presidenti delle rispettive professioni sanitarie che compongono la FNO TSRM e PSTRP. Il nostro viaggio ci porta oggi a colloquio con Tiziana Rossetto, Presidente della Commissione di albo nazionale dei Logopedisti che in questa intervista a Quotidiano Sanità traccia un quadro della professione tra criticità da risolvere, a partire dalla formazione fino all’inadeguato numero programmato universitario, fino alle prospettive legate al Pnrr e alla nascita di team multidisciplinari che sappiamo offrire risposte sul territorio.

Presidente Rossetto, cominciamo dal principio, di cosa si occupa il Logopedista?
Il Logopedista è quel professionista sanitario che in Italia, così come nel resto del mondo, si occupa prevalentemente di tutti i disturbi della comunicazione, verbale e non verbale; del linguaggio parlato, letto e scritto; delle funzioni della voce così come delle funzioni orali, ossia per quegli aspetti come, per esempio, la difficoltà di deglutire. E si occupa di queste problematiche in tutte le età della vita: da quei disturbi che insorgono sia dalla gestazione per malattie genetiche che possono comportare difficoltà di carattere evolutivo nello sviluppo della comunicazione linguistica, a problematiche che fanno seguito ad incidenti o traumi come gli ictus che possono colpire persone sia in età giovanile che avanzata. Ci occupiamo poi sempre più di persone anziane, essendo tra i paesi al mondo con maggiore speranza di vita, seguendo sia coloro che sono colpiti da patologie legate al decadimento cognitivo che coloro che sono affetti da malattie croniche e degenerative.

Assistiamo queste persone ricorrendo anche alle tecnologie più innovative e ponendo un’attenzione particolare anche a quel potenziale rappresentato dalle famiglie e caregiver del malato. Un ultimo aspetto che caratterizza sempre più la professione è quello della multiculturalità e multilinguismo, legato al fenomeno migratorio. C’è ormai un consistente numero di persone assistite con queste caratteristiche. Del resto, come naturale, l’evoluzione della professione va di pari aspetto con la società che cambia.

Qual è la formazione di un Logopedista?
C’è un corso universitario strutturato in 3+2. Quindi un corso accademico triennale che abilita alla professione, seguito da una laurea magistrale di due anni. Vi sono poi master per specializzazioni in diversi ambiti: dall’area pediatrica a quella neurologica, chirurgica e così via.

L’attuale formazione è adeguata alle sfide della professione?
No, ritengo che a 20 anni dalla sua istituzione la formazione dei Logopedisti andrebbe rivista per offrire ai professionisti quei mezzi necessari alla gestione di casi sempre più complessi. È vero che la maggior parte dei Logopedisti compie un percorso di studi quinquennale, ma l’abilitazione alla professione avviene già dopo il triennio. Penso sia più corretto prevedere l’abilitazione alla fine del percorso quinquennale. Oggi le problematiche che ci troviamo ad affrontare quotidianamente con il nostro lavoro sono più complesse, è obsoleto pensare che si possa lavorare così come si faceva 20 anni fa. Si deve puntare maggiormente sulla formazione. Una riforma organica penso sia necessaria.

Anche per i Logopedisti si riscontra quel fenomeno della carenza di personale che caratterizza diverse professioni sanitarie?
Da noi c’è un altissimo livello di occupabilità. Abbiamo un fenomeno ridotto di mobilità esterna da altri Paesi. E questo anche perché per il tipo di lavoro che facciamo la competenza linguistica è molto fondamentale. Abbiamo però richieste di Logopedisti competenti in diverse lingue, questo è un fenomeno relativamente nuovo e interessante. Credo ci sia assolutamente la necessità di rivedere al rialzo la programmazione. Alcuni numeri per rendere meglio quello che sto sostenendo: per 100mila abitanti la Francia ha 45 Logopedisti, noi in Italia siamo solo 16. Un bambino nei servizi della età evolutiva con disturbi linguaggio può aspettare in media anche 24 mesi in lista d’attesa. Non abbiamo personale nei reparti di neurologia per persone con ictus, ed è gravissimo. Vorremo che in futuro il fabbisogno di Logopedisti possa essere legato all’invecchiamento della popolazione, al dato epidemiologico e a quello sociale. Si deve trovare il modo di risposte al reale bisogno di salute della popolazione.

Il Pnrr rappresenta un’occasione per la vostra professione?
Abbiamo lavorato moltissimo per dare il nostro contributo. Ci siamo concentrati sulla missione salute, ma anche su istruzione, ricerca e digitalizzazione. Nella missione salute abbiamo pensato in particolare agli anziani e ai fragili, l’aumento delle aspettative di vita porterà a un aumento delle cronicità. Si deve riorganizzare i servizi, soprattutto a livello territoriale, perché in questi anni di pandemia abbiamo visto quanto questo sia sprovvisto. In tal modo si sgraverebbero gli ospedali e si limiterebbero i ricoveri inappropriati. L’idea da dover sviluppare è quella di team di comunità inter-professionali che riescano a offrire cure integrate, anche a domicilio. Dobbiamo garantire una maggiore capacità di governance delle cure domiciliari e sviluppare reti integrate sociosanitarie.

Vorremmo poi che il Governo faccia chiarezza su cosa intende fare con le case della comunità. È un progetto sul quale si è deciso di puntare ancora? Noi abbiamo dato un’idea chiara su come queste dovrebbero funzionare. Anche il DM77 descrive benissimo come dovrebbero operare. Farmacia dei servizi e studi dei Medici di medicina generale sono sicuramente risposte utili ma non credo siano in grado di dare risposte molto diverse da quelle che già registriamo oggi. Il Pnrr è un’occasione unica che non dobbiamo perdere, mi auguro che questo esecutivo spieghi come intenda procedere per investire quelle risorse messe a disposizione dall’Europa.

In conclusione, quali le principali criticità e sfide che dovrà affrontare la professione?
Le criticità sono legate alla formazione che dovrà essere adeguata a più alti standard europei. Al fatto che abbiamo un numero professionisti laureati che non permette di soddisfare tutte le richieste della popolazione. La formazione deve essere migliorata anche per quanto riguarda i dottorati di ricerca. La ricerca è un settore molto sentito tra i colleghi. Eppure, non c’è sufficiente offerta per formare i nuovi ricercatori. E senza ricerca non c’è futuro per nessuna professione. Siamo penalizzati nei dibattiti scientifici a livello internazionale perché abbiamo pochi ricercatori e docenti universitari. Bisogna quindi sistemare il quadro giuridico delle nostre docenze e attivare nuovi dottorati di ricerca.

Giovanni Rodriquez

Leggi le precedenti interviste: Tonelli (Dietisti), Cavallo (Assistenti Sanitari)

16 giugno 2023
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