Lavoro e Professioni
Congresso Sumai. Magi: “Nel 2030 avremo i medici ma non nel Ssn e così la sanità pubblica muore”
L’assenza di efficaci politiche per il personale e le scarsissime risorse economiche messe a disposizione come potranno coniugare il DM 77 con l’evidente carenza di personale medico specialistico, disponibile a lavorare nel SSN e necessario ad attuare la Missione 6 del PNRR?
È con questa domanda che Antonio Magi, Segretario Generale del SUMAI Assoprof, ha iniziato la sua relazione inaugurando il 54 congresso nazionale del Sindacato maggiormente rappresentativo degli specialisti ambulatoriali convenzionati interni, in corso di svolgimento a Roma fino al 20 ottobre presso l’Hotel Villa Pamphili.
“Carenza – secondo Magi – che, in assenza di correttivi, purtroppo si accentuerà nei prossimi anni anche per colpa della ‘gobba pensionistica’. Oggi ci troviamo davanti ad una crescente e profonda carenza di medici specialisti disponibili a lavorare nel nostro SSN, parliamo ovviamente di quel SSN gestito direttamente dal pubblico (poliambulatori e ospedali). Nel corso di questo 54° Congresso Nazionale cercheremo di approfondire il tema della carenza dei medici con i dati a nostra disposizione per poi confrontarci con i rappresentanti della politica, sia nazionali che regionali, con illustri esponenti e tecnici sia del mondo sanitario che del mondo sindacale.
“In questi ultimi due mesi abbiamo assistito ad una ‘vivace’ campagna elettorale ed abbiamo letto i programmi presentati dai partiti. Ebbene, lo possiamo dire, il tema sanità è stato pressoché assente nei discorsi dei leader e dei candidati dei partiti in lizza. Qualche volta solo appena accennato. Com’è possibile che dopo una terribile pandemia, dalla quale non ci siamo ancora liberati e che in Italia ha visto oltre 177.000 morti (tra cui circa 500 tra medici, infermieri e professionisti sanitari che hanno affrontato una comune battaglia con- tro il Covid senza tirarsi indietro), non si parla più di Sanità?”.
Territorio desertificato
“Come è possibile – si è chiesto Antonio Magi – che la Salute sia sparita dall’agenda politica quando invece dovrebbe essere tra i temi centrali del nuovo Governo? Il territorio è di fatto desertificato, privato delle sue figure principali: medici specialisti ambulatoriali, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta. Un territorio che nel corso degli anni, a causa di scellerate e miopi scelte politiche, non è più riuscito a soddisfare efficacemente i bisogni della gente
costringendo i pazienti ad andare sempre più spesso in ospedale (anch’esso in difficoltà per gli accessi impropri nei PS e l’eccessiva richiesta), per poter risolvere i propri bisogni di salute. La ridotta offerta specialistica sul territorio ha generato liste d’attesa interminabili.
Forse il silenzio della politica durante quest’ultima campagna elettorale è dovuto alla mancanza di proposte e di soluzioni da presentare agli elettori?
“Il nostro sistema sanitario finora ha retto ma a che prezzo? Scarsi investimenti, retribuzioni tra le più basse in Europa, difficili condizioni di lavoro denunce e atti di violenza contro gli operatori sanitari. Tutto ciò ha inciso sulla percezione della qualità delle cure e così a questo sforzo non ha corrisposto un equivalente livello di soddisfazione tra i cittadini che lamentano infatti liste d’attesa infinite, strutture spesso fatiscenti, attrezzature obsolete e personale insufficiente. Le soluzioni per il cittadino? Sostanzialmente due: chi può si rivolge alla sanità privata, gli altri vanno direttamente ai pronto soccorso in attesa di essere visitati. In più, i cittadini sempre meno pazienti, condizionati da un’informazione a volte superficiale e da avvocati senza scrupoli, intentano cause contro i medici per malasanità nella speranza di ottenere dei rimborsi.
Non possiamo dimenticare quanto i medici e i professionisti sanitari vivano con preoccupazione queste vicende. Dopo aver passato momenti drammatici a combattere il virus, ora sono addirittura accusati di aver creato una dittatura sanitaria, chiamati nazisti e minacciati perché impegnati nella campagna vaccinale di prevenzione e contrasto di diffusione del virus.
“Lo Stato e le Regioni non hanno difeso i professionisti della salute. Non li hanno tutelati con norme specifiche, li hanno lasciati soli esprimendogli al massimo attestati di stima e cordoglio. Oggi la situazione è esplosiva e in assenza di interventi concreti il Sistema sanitario rischia di non riuscire a mantenere livelli adeguati di assistenza. L’Italia, infatti, in relazione al PIL, spende meno della maggior parte dei Paesi europei ma l’invecchiamento della popolazione e le cronicità che già oggi assorbono l’80% della spesa sanitaria minacciano di superare la soglia di sostenibilità”.
Le proiezioni del Sumai
Gli specialisti considerati professionalmente attivi passeranno dai 151.512 del 2021 ai 202.632 del 2028 e quindi, solo a partire dal 2028, potremo contare su circa 51.120 specialisti in più rispetto al 2021. Nei prossimi anni, dunque, grazie al notevole aumento di borse specialistiche del 2020 e 2021 gli specialisti (almeno dai dati e dalle proiezioni), potrebbero esserci ma l’importante è che i nostri medici formati trovino vantaggioso lavorare nel nostro SSN. Dai dati attuali queste condizioni non si stanno verificando. Stanno infatti aumentando le fila dei medici specialisti che al SSN preferiscono lavorare nel privato o andare all’Estero. Occorre invertire subito questo trend. La situazione in futuro sarà sempre più complicata e per i prossimi anni gli specialisti che opereranno nel SSN (medici ospedalieri e specialisti ambulatoriali convenzionati interni), a situazione invariata, passeranno dai 117.909 del 2021 agli 84.357 del 2030 considerando sia le poche nuove entrate di neo-specialisti che le uscite dei vecchi specialisti per raggiunti limiti d’età.
Le sfide
“Il finanziamento del Sistema, il personale sanitario (medici e infermieri) insufficiente, la poca attrattività del SSN, l’invecchiamento demografico, la prevenzione primaria e il ritorno ad una più omogenea capacità di accesso ed erogazione delle cure sono tra le sfide decisive che si pongono già da oggi sulla strada di un Sistema sanitario che, oltre 40 anni fa, introdusse in Italia cure universali e illimitate e per tutti.
La pandemia però ci ha dimostrato che non possiamo fare a meno di un solido Servizio Sanitario Nazionale e quindi dobbiamo ripartire da questo.
Ormai le elezioni si sono svolte e il governo di centro-destra che si sta formando in queste ore avrà la grande responsabilità, e aggiungo l’obbligo, di dare agli Italiani una risposta a questa domanda: Dobbiamo mettere la parola fine ad un Servizio Sanitario Nazionale che finora ci hanno invidiato tutti e che rischiamo di rimpiangere, oppure vogliamo mantenerlo e potenziarlo, lavorando insieme per raggiungere l’obiettivo di garantire a tutti i cittadini ‘la salute’ come prevede l’articolo 32 della nostra Costituzione? Se la risposta come mi auguro è positiva, e non posso pensare diversamente, allora chiediamo con forza al nuovo Governo di stilare assieme a noi medici un programma di rilancio della sanità pubblica per i prossimi 5 anni.
Ci aspettiamo, da chi avrà la responsabilità di governo, un vero cambio di passo nel concetto di reciprocità: disponibilità, rispetto, competenza, ascolto e soprattutto fatti concreti. La campagna elettorale ormai è finita, dalle promesse bisognerà passare ai fatti. Basta annunci.
Governo, Regioni e Medici, dovranno affrontare i problemi che si presenteranno attraverso il confronto ascoltando chi lavora sul campo per poi trovare soluzioni condivise. Governo, Regioni e tutti gli organi tecnico-scientifici istituzionali ma anche delle Organizzazioni Sindacali dei medici e delle professioni sanitarie dovranno dimostrare la stessa sensibilità per un percorso comune.
Ognuno faccia il proprio lavoro, lo dico alla politica e ai suoi tecnici ma lo dico anche alla professione: i sindacati facciano i sindacati andare in ordine sparso, difendendo il piccolo interesse di alcuni senza una visione comune non ci porterà da nessuna parte, ci vuole un unico obiettivo condiviso e sostenuto come se fosse una unica voce”.