Buone notizie per i medici del corso di formazione specifica in medicina generale per il triennio 2020/2023, ma anche per quelli che verranno ammessi negli anni futuri. Una sentenza pronunciata di recente dal T.A.R. del Lazio sul ricorso promosso da parte di una dottoressa sarda difesa dall’avv.
Mauro Schirra contro il Ministero della Salute e la Regione Sardegna (Assessorato alla Sanità), ha riconosciuto al medico non borsista il diritto di un’adeguata retribuzione (tutelato sia dall’Ordinamento Eurocomunitario che dalla Costituzione italiana) e la concessione pertanto di continuare a svolgere l’attività libero professionale in essere purché in concreto compatibile con la sua formazione.
“Il T.A.R. Lazio – spiega l’Avv. Schirra sentito da
Quotidiano Sanità - ha affermato ancora una volta i princìpi già in passato enunciati dalla giurisprudenza Eurounitaria (Sentenze C.G.U.E. C-616-16 e C-61716 Pantuso del 24 gennaio 2018), secondo la quale ai medici durante il corso, sia in caso di formazione a tempo pieno, sia in caso di formazione a tempo ridotto, debba essere riconosciuta una “remunerazione adeguata”. In assenza di borsa di studio, va consentita ai medici l’opportunità di svolgere altre attività remunerative (libero professionali o di medicina convenzionale) compatibili con la frequenza della Scuola di formazione”.
“La mia assistita – prosegue l’avvocato - è risultata idonea all’ammissione al corso di formazione specifica in medicina generale per il triennio 2020/2023, a seguito dello scorrimento della graduatoria riservata e relativa alla determina che ha disposto l’approvazione dell’avviso pubblico per l’ammissione in sovrannumero di 10 medici. Al momento dell'iscrizione al suddetto corso, il medico in formazione, seppur privo di una borsa di studio, veniva privato degli incarichi lavorativi che diventavano incompatibili con la frequenza del corso, e ciò gli veniva richiesto mediante un documento informativo per il perfezionamento dell'iscrizione al corso in sovrannumero, con cui si ribadiva che «è inibito al medico in formazione l'esercizio di attività libero-professionali* ed ogni rapporto convenzionale, precario o di consulenza con il Servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche o private, anche di carattere saltuario o temporaneo» e che tutti i tirocinanti dovessero compilare delle dichiarazioni sostitutive di atto notorio ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modificazioni, attestanti la non sussistenza di cause di incompatibilità ovvero delle dichiarazioni di rinuncia ai suddetti rapporti incompatibili”.
“Ciò cosa significa – puntualizza Schirra -, che con tale documento veniva inibita al medico in formazione l'esercizio di attività libero professionali ed ogni rapporto convenzionale, precario o di consulenza con il Servizio Sanitario Nazionale o Regionale, o ancora con enti e istituzioni pubbliche e private, anche di carattere saltuario o temporaneo. Condizione questa stabilita anche dal decreto ministeriale del 7 marzo 2006 dello stesso Ministero della Salute e successive circolari, che non ha operato alcuna distinzione tra i titolari di borsa di studio (e quindi in possesso di un supporto economico volto a consentire agli stessi di potersi mantenere durante gli studi) e chi invece non è stato assegnatario di alcuna retribuzione”.
“Il medico di medicina generale da me patrocinato – spiega l’avvocato - svolge anche attività in libera professione sia nel servizio di continuità assistenziale (guardia medica), sia presso studi privati con flessibilità negli orari lavorativi. Per questo motivo ha presentato il ricorso per chiedere l’annullamento degli atti che stabilivano delle incompatibilità tra la frequenza del corso di formazione specifica in medicina generale per il triennio 2020/2023 e lo svolgimento di attività libero professionale”.
“A sostegno di questo ricorso – continua Schirra - ho evidenziato che non esistono norme di rango primario che precludono l'esercizio dell'attività libero professionale ai tirocinanti dei corsi di formazione specifica in medicina generale, e che sussiste una violazione di legge ed eccesso di potere per ingiustificata disparità di trattamento tra i medici “Decreto Calabria” (borsisti) e i medici “Soprannumerari” (senza borsa di studio)”.
“Il Tar Lazio – rileva l’avvocato - ha dunque accolto il ricorso annullando gli atti che stabilivano delle incompatibilità tra la frequenza del corso di formazione specifica in medicina generale per il triennio 2020/2023 e lo svolgimento di attività libero professionale. I giudici hanno riconosciuto che il Decreto Calabria ha introdotto una nuova ed ulteriore modalità di accesso al corso di Medicina Generale, riguardante i medici che hanno già avviato una propria attività lavorativa, tramite una graduatoria riservata senza borsa di studio. Come ho accennato sopra, affermando ancora una volta il diritto all’adeguata retribuzione (tutelato sia dall’Ordinamento Eurocomunitario che dalla Costituzione italiana) del medico al quale deve essere concesso di continuare a svolgere la precedente attività libero professionale purché in concreto compatibile”.
“Per effetto della predetta sentenza – conclude Schirra - il medico di medicina generale da me patrocinato potrà continuare a eseguire la libera professione e così non privarsi ingiustamente del proprio lavoro (propria fonte di sostentamento) per poter frequentare il corso di formazione in medicina generale senza borsa di studio”.
Elisabetta Caredda