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QS Edizioni - venerdì 22 novembre 2024

Lavoro e Professioni

Covid. Allarme chirurghi: “Terapie intensive piene di no vax. Attività chirurgica ridotta dal 50 all’80%. A rischio anche interventi oncologici”

immagine 10 gennaio - La Società italiana di chirurgia denuncia che “la riduzione degli interventi chirurgici è drammatica. Ci avviamo verso la stessa situazione del 2020 che ha portato come conseguenza 400.000 interventi chirurgici rinviati, notevole aumento del numero dei pazienti in lista di attesa e, ciò che è più pesante, si è assistito all’aggravamento delle patologie tumorali che spesso sono giunte nei mesi successivi in ospedale ormai inoperabili”.
“La riduzione degli interventi chirurgici è drammatica, questa purtroppo è l’altra faccia del Covid” Il Presidente della Società Italiana di Chirurgia (SIC), professor Francesco Basile, manifesta forte preoccupazione per le crescenti difficoltà presenti in tutte le Regioni ad operare i pazienti che necessitano di interventi chirurgici.
 
“Posti letto di chirurgia dimezzati, blocco dei ricoveri in elezione, terapie intensive riconvertite per i pazienti COVID, infermieri e anestesisti delle sale operatorie trasferiti ai reparti COVID. In questo modo - continua Basile - l’attività chirurgica in tutta Italia è stata ridotta nella media del 50% con punte dell’80%, riservando ai soli pazienti oncologici e di urgenza gli interventi. Ma spesso non è possibile operare neanche i pazienti con tumore perché non si ha la disponibilità del posto di terapia intensiva nel postoperatorio”.
 
La nuova ondata epidemica ha costretto le Aziende Sanitarie a destinare ampi spazi di ricovero ai pazienti COVID e le stesse terapie intensive sono in gran parte occupate dai pazienti COVID principalmente no vax.
“Ci avviamo verso la stessa situazione del 2020 - dice il Presidente della SIC -  che ha portato come conseguenza 400.000 interventi chirurgici rinviati, notevole aumento del numero dei pazienti in lista di attesa e, ciò che è più pesante, si è assistito all’aggravamento delle patologie tumorali che spesso sono giunte nei mesi successivi in ospedale ormai inoperabili”.
 
Infatti, anche se è consentito operare i pazienti oncologici, la pur giusta attenzione destinata ai pazienti COVID, ha bloccato il percorso diagnostico dei tumori, dagli screening agli esami diagnostici, ritardandone il ricovero. “Nel 2021 non siamo riusciti, nonostante l’impegno delle autorità sanitarie e dei chirurghi - prosegue il professor Basile -  a smaltire le liste di attesa accumulate nel 2020 per patologie chirurgiche in elezione, e ciò anche se in molte Regioni, così come in Sicilia dove lavoro, si sono organizzate sedute operatorie aggiuntive su specifici progetti. Adesso le liste di attesa torneranno ad allungarsi a dismisura.”
 
La situazione appare quindi complessa ed è necessario cercare di intervenire per assicurare le prestazioni chirurgiche nei giusti tempi ad ogni cittadino.
 
“Proporrò al Ministero della Salute, a nome di tutti i chirurghi italiani, delle varie realtà: policlinici universitari, ospedali e strutture private-conclude il Prof. Basile- una interlocuzione per trovare insieme una soluzione che ci consenta di dare risposta alla richiesta sempre più pressante di interventi chirurgici. 
Le nostre proposte prevedono: 1) Linee guida alle Regioni per uniformare e garantire l’attività chirurgica;  2) Creazioni di percorsi differenziati  per i pazienti chirurgici che non risentano delle esigenze dei pazienti COVID; 3) Ripristinare il personale infermieristico e anestesiologico dei blocchi operatori; 4) Mantenere l’efficienza degli screening territoriali e della diagnostica di I e II livello per i pazienti oncologici; 5) Preservare in ogni ospedale un numero adeguato di posti letto NO COVID in terapia intensiva per i pazienti oncologici da operare; 6) Programmazione di piani di recupero delle liste di attesa con eventuale assunzione di chirurghi per aumentare il numero di prestazioni.
 
La situazione è veramente delicata, bisogna agire adesso per evitare che la corretta attenzione alla pandemia, possa gravare eccessivamente sulla salute dei pazienti chirurgici”.
10 gennaio 2022
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