“Con la pandemia abbiamo dovuto prendere atto che le riforme successive alla 833 si sono allontanate dall’obbiettivo di costruire progressivamente un sistema di tutele della salute equo, universale, solidale, diffuso, strutturalmente solido. Questo è, pertanto, il momento di operare un cambiamento radicale profondo e sistemico, restituendo ai cittadini i loro diritti”. Inizia così il documento
‘La salute delle Comunità’ elaborato dalla
Fp Cgil Medici e che verrà presentato oggi in un
evento.
Il documento rappresenta una vera e propria piattaforma programmatica che traccia la rotta del futuro della nostra sanità che per la Cgil non può che essere pubblica. E per questo occorre “spezzare l’evidente conflitto di interessi tra il privato (soggetto di profitto) e la persona assistita che paga le tasse perché le sia garantito il diritto alla salute. La Salute dei cittadini non può essere soggetto e oggetto di mercato con le sue determinazioni competitive. È un ossimoro gestire la salute dei cittadini mettendo in competizione pubblico e privato”.
Ma la Cgil ritiene urgente anche una revisione dell’organizzazione: “Sul versante organizzativo-gestionale il paradigma dell’Azienda ed il linguaggio ad esso connesso ha assunto un significato mitico all’interno delle nostre società, perché condizionato dalle politiche d’indirizzo della dottrina neoliberista che negli anni sono state orientate ad una logica privatizzante sotto gli influssi del new public management e della public choice, in questo contesto, la salute, è divenuta nell’immaginario di tutti una spesa insostenibile, una moltiplicazione di bisogni infiniti: quelli, tuttavia, del mercato della salute e non quelli di salute”.
Fondamentale in questo senso sarà anche potenziare l’empowerment dei cittadini: “Il fallimento di una sanità concepita in modo rigidamente verticale e sconnessa dalle relazioni di comunità ha portato all’infantilizzazione dei cittadini. L’empowerment degli stessi dovrebbe promuovere la capacità della persona ad “aspirare a...” (maggiore benessere, maggiore libertà e maggiore potere) attraverso un processo collettivo di responsabilizzazione ed autodeterminazione”.
Cardine della proposta della Cgil è anche la riforma del territorio sui cui a breve dovrebbe essere sottoposto alle Regioni il documento elaborato da Agenas e Ministero della Salute. “La risposta al fallimento del sistema di cura ed assistenza territoriale, che ha dimostrato drammaticamente la sua inefficacia durante la pandemia anche in parti del Paese che si pensava fossero al sicuro, non può essere il restyling di modelli organizzativi vecchi, burocratici, statici che hanno sicuramente rappresentato una concausa di tale fallimento”.
“Per questo – prosegue il documento - riteniamo che l’armonizzazione dei rapporti di lavoro, con il passaggio alla dipendenza nel ruolo della Dirigenza per la Medicina Generale e per la Specialistica Ambulatoriale, sia precondizione indispensabile al superamento dell’attuale modello frammentato che la pandemia ha dimostrato essere inefficiente, poiché il regime delle convenzioni non da gli strumenti al sistema delle istituzioni pubbliche di coordinare, integrare e funzionalizzare i servizi della medicina di base in un servizio che si evolva in medicina di comunica, costituendo di fatto un modello di privatizzazione dei rapporti di lavoro endo-sistemico al Ssn”.
Ma in questo quadro la Cgil richiama al ruolo nevralgico che avrà il distretto sanitario: “Oggi i “Distretti Azienda”, nella duplicazione e sovrapposizione di Unità Operative di gestione verticistica, rappresentano un ostacolo alla realizzazione di reti di servizi accessibili, multidisciplinari e interprofessionali, perché, anche a causa di un’organizzazione del lavoro vecchia più di cento anni, creano frammentazione degli interventi sanitari e sociali anziché favorire le relazioni di cura ed assistenza delle persone all’interno di percorsi che devono tendere sempre di più verso l’orizzontalità della rete”.
Per questo “il Distretto non è l’Azienda e non può quindi continuare ad essere struttura dell’Azienda in cui il ruolo di committente, produttore ed allo stesso tempo controllore dei servizi coincidono. Il distretto dovrà essere al contrario, quel luogo prima ideale e poi geografico, in cui amministratori, associazioni, sindacati e cittadini si incontrano e definiscono il fabbisogno sociale e sanitario delle comunità, dove l’obiettivo salute venga raggiunto in funzione dei determinanti sociali, ambientali e culturali che lo condizionano”.
Altro tema affrontato dal documento è la formazione dove si propone il “superamento graduale e progressivo del numero chiuso nell’accesso al corso di laurea in Medicina e Chirurgia”.
E ancora il “contratto formazione lavoro per i medici specializzandi con acquisizione progressiva di autonomia professionale e l’allargamento della rete formativa universitaria alle macrostrutture extra-ospedaliere delle aziende sanitarie ed alle numerose forme di assistenza socio-sanitaria territoriale”.