29 ottobre -
“La polemica aperta da alcuni rappresentanti ordinistici dei medici sfociata in una denuncia alla Procura della Repubblica volta a prevedere provvedimenti disciplinari per i loro colleghi che in Emila Romagna hanno redatto procedure e istruzioni operative che regolano l'intervento di infermieri sulle ambulanze del 118, attribuendo al personale infermieristico compiti di diagnosi, prescrizione e somministrazione di farmaci soggetti a controllo del medico, rischia di minare alla base la vera assistenza che il Servizio sanitario nazionale eroga. Interventi drastici e polemiche che mettono inoltre in cattiva luce anche davanti ai cittadini, chi per questo lavora e ledono ancora una volta l’assistenza e le stesse categorie professionali”.
Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione Ipasvi, interviene sulla notizia della denuncia alla Procura della Repubblica e di provvedimenti disciplinari che gli Ordini dei medici di Modena, Ravenna, Piacenza e Bologna hanno deciso contro i propri colleghi, per aver “redatto procedure e istruzioni operative che regolano l'intervento di infermieri sulle ambulanze del 118, attribuendo al personale infermieristico compiti di diagnosi, prescrizione e somministrazione di farmaci soggetti a controllo del medico”.
Secondo Mangiacavalli “è necessario fermare a tutti i costi questa spirale autolesionista che sta insinuandosi nella sanità pubblica al solo scopo di affermare primazie e domini che in realtà solo pochi ormai riconoscono come tali e che stanno impedendo al sistema una crescita tanto naturale, quanto indispensabile per migliorare prestazioni, servizi e anche la stessa spesa”.
“Nel caso specifico dell’Emila Romagna - spiega la presidente Ipasvi - si configura ancora una volta una vicenda analoga a quella già avvenuta in Toscana dove gli stessi Ordini dei medici che hanno avviato i provvedimenti, avevano denunciato un’organizzazione simile dell’emergenza urgenza, approvata con delibera dalla Regione”.
“Il ministero della Salute – aggiunge Mangiacavalli - in quel caso espresse un parere in base al quale la Procura rigettò i ricorsi, sottolineando che “nel complesso sistema dell’emergenza-urgenza sanitaria l'art. 10 del DPR del 27/03/1992 … prevede che “il personale infermieristico professionale, nello svolgimento del servizio di emergenza, può essere autorizzato a praticare iniezioni per via endovenosa e fleboclisi, nonché a svolgere le altre attività e manovre atte a salvaguardare le funzioni vitali, previste dai protocolli decisi dal medico responsabile del servizio”.
“Nel recepire queste indicazioni la Regione Toscana, nell'ambito dell'accordo quadro per l’attività di trasporto sanitario in Toscana
– ricorda ancora la presidente dell’Ipasvi
- emanò linee di indirizzo che prevedevano un'ambulanza infermieristica, il cui equipaggio è tuttora costituito da un autista, due soccorritori volontari di livello avanzato e un infermiere con adeguato percorso formativo”.
“A questi protocolli – aggiunge - si è giunti facendo proprio quanto la comunità scientifica internazionale ha elaborato in materia, nella gestione di patologie traumatiche e non traumatiche
, prevedendo le specifiche competenze dell’infermiere adeguatamente e preventivamente formato: oltre alla formazione e alle competenze dell’infermiere laureato, sono previsti ulteriori interventi formativi per accrescerne le competenze professionali e metterlo nelle condizioni di poter esprimere la propria professionalità in questi contesti”.
“Ci auguriamo – conclude la presidente Ipasvi - che la vicenda segua lo stesso copione di quella Toscana. Resta tuttavia davvero preoccupante questo atteggiamento che non tutela né la categoria professionale né i pazienti, ma fa da vetrina a situazioni che con l’assistenza, le cure e la corretta gestione dei servizio non hanno davvero nulla a che fare”.