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QS Edizioni - giovedì 21 novembre 2024

Bissoni (Agenas): “Non è vero che spendiamo troppo in sanità”

8 novembre - La manovra del 2011 di Tremonti, la spending review, il Patto per la salute in discussione in queste settimane, senza dimenticare la legge di stabilità e il percorso fatto dal paese per arrivare alla riforma del Titolo V. Quello di Giovanni Bissoni, presidente Agenas, è stato un intervento in cui punto per punto ha analizzato, dal suo osservatorio, lo stato dell’arte sull’universo sanità.
 
“Il periodo 2011-2013 a partire dai provvedimenti Tremonti fino alla spending review – ha spiegato Bissoni – hanno toccato pesantemente la sanità. Sono stati anni difficili in cui la sanità ha dato uno dei contributi principali alle manovre finanziarie del bilancio dello stato. Siamo attorno ai 30mld”.
 
I tagli alla sanità, secondo Bissoni, sono stati fatti sulla scorta di affermazioni: “si spende molto, la spesa è fuori controllo, ci sono vaste aree di inefficienza”. Ma questo modo di agire e tagliare per il presidente dell’Agenas “fa parte fortunatamente di un passato. Almeno spero”.
 
Bissoni è poi entrato nel dettaglio delle affermazioni. “Si spende troppo. Troppo rispetto a cosa? Dipende dall’idea di paese che si ha quando si affrontano questioni di questo tipo. Se prendiamo come riferimento l’Ocse, l’Europa, o altri Paesi con cui ci rapportiamo sappiamo che non è così, che non spendiamo di più”.
In merito alla seconda affermazione: la spesa è fuori controllo e specie nel periodo 2005-2010 si è registrato un incremento del 45% della spesa sanitaria. Questa tesi secondo Bissoni “era dovuta all’avvio della riforma del Titolo V. E’ vero negli anni 2000-2005 la spesa sanitaria ebbe un balzo molto forte, ma fu una scelta precisa concordata fra regioni e governo con l’obiettivo di recuperare, in un quinquennio, ciò che il nostro Paese aveva perso sul finanziamento del Fsn sceso al minimo storico nel corso degli anni ’90. Il recupero quindi fece superare il 6% del Pil, obiettivo che ci si era dati e condiviso. Nello stesso periodo però fu introdotta la piena responsabilizzazione delle regioni nella spesa sanitaria e questo permise di arrivare alla fine del 2010 ad una spesa, secondo dati Ocse, depurata dell’inflazione, intorno al 1,9% l’anno”.
 
La terza affermazione secondo la quale: ci sono tante inefficienze Bissoni non la nega, però sottolinea come “le inefficienze in sanità sono date da molte cose: cattiva organizzazione dei servizi, scarsa innovazione, è inappropriatezza. Alcune di queste cose sono facilmente aggredibili altre chiamano in causa processi complessi. Ovviamente la sfida va accettata, l’innovazione deve essere nel Dna del Ssn perché senza la capacità di governare l’innovazione qualunque Sistema è destinato all’auto-marginalizzazione”.
Per il presidente Agenas “l’efficientamento del servizio va dunque affrontato, ma con l’impegno che mentre si recupera l’inefficienza, destiniamo le risorse a quei servizi che non abbiamo o ad altro che non funziona”.
 
Bissoni poi fa riferimento alla legge di stabilità “Rispetto a questa situazione – dice – dobbiamo però partire da una novità positiva. Perché in questa situazione di difficoltà incrementare il fondo di circa due miliardi, assumendo anche a carico del bilancio dello Stato i due miliardi di ticket, credo che sia un fatto importante. Altro elemento importante legato alla legge di stabilità è che ciò che la spending review produce viene reinvestito nel sistema”.
Queste risorse però per Bissoni vanno considerate “un’opportunità di stimolo e cambiamento”. E il problema non è che mancano le idee su cosa fare, quanto piuttosto “è che non abbiamo tutto il tempo che stiamo cercando di prenderci”.
 
Patto per la salute
“Il patto per la salute in uno stato a forte regionalismo come il nostro è la sede in cui la leale collaborazione istituzionale tra stato e regioni condivide vincoli, obiettivi e percorsi da farsi. L’accordo sulla parte finanziaria sblocca di fatto la possibilità di arrivare al nuovo patto e questo è certamente positivo”.
Legate al Patto della salute Bissoni  ha poi svolto alcune considerazioni a partire dalla riforma del Titolo V. “Quando si è affrontata la riforma – ha ricordato - il clima era molto diverso, il federalismo godeva di buona stampa e condivisione da parte dell’opinione pubblica. Oggi la situazione è cambiata. E i limiti non riguardano solo la sanità ma anche altri aspetti come la mancata introduzione della Camera delle autonomie che ha inciso in maniera negativa su un paese che ha intrapreso la strada federalista. Lo stesso impianto della Stato-regioni è debole per uno stato che ha fatto del federalismo un tentativo di riforma costituzionale. Ma restando sulla sanità l’accusa è che il titolo V ha generato 21 modelli sanitari, ma questi c’erano anche prima del titolo V. Il problema della situazione del nostro Paese è la differenza tra il centro Nord e il centro Sud. E la forbice che esiste in sanità tra aree forti e aree deboli rischia di appesantirsi ulteriormente”.
 
Piani di rientro e costi standard
“I piani di rientro che hanno portato alla messa in sicurezza dei conti, ma non hanno inciso nel rapporto finanziamento-spesa, riorganizzazione dei servizi, recupero e rispetto dei Lea. Il piano di rientro non può esaurirsi sul controllo di alcuni aspetti della spesa. Su questo c’è consapevolezza da parte di tutti e abbiamo bisogno che il Patto per la salute scriva una pagina nuova sul modo in cui lo stato assume la responsabilità che la Costituzione gli dà in ultima istanza di esercitare i poteri sostitutivi”.
Infine i costi standard. Questi secondo Bissoni “non corrispondono più all’idea iniziale che il ministro Tremonti aveva in testa. Quella fase è stata superata. Oggi i costi standard servono a trovare un meccanismo di suddivisione del fondo rispetto al sistema attuale basato su una lettura attenta delle performance finanziarie dei servizi delle regioni oggetto di riferimento.
 
Innovazioni nel Patto
Infine le innovazioni contenute nel patto per la salute. Tra queste una riguarda il riordino ospedaliero e delle cure primarie e l’ipotesi di scendere a 3,7 posti letto per mille abitanti. Per Bissoni si può fare “è una scommessa che si può vincere però senza un territorio forte i contraccolpi li avremo. Per questo la rete va completamente riorganizzata”. 
8 novembre 2013
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