15 dicembre -
Il merito non paga. È questa la triste consapevolezza che non abbandona mai le donne medico. Il soffitto di vetro che le separa dalle stanze dei bottoni non è stato infranto, nonostante le corsie degli ospedali siano sempre più “rosa”.
Ma i camici rosa non demordono. Anzi intensificano ancora di più la loro azione propositiva per consentire non solo di rimuovere tutti gli ostacoli che le separano dalle posizioni apicali, ma anche di poter attuare quelle politiche di conciliazione che consentiranno di realizzare un equilibrio tra lavoro e famiglia. Gli strumenti normativi ci sono, basta solo applicarli. E occorre anche formulare nuove proposte.
Serve però un cambiamento culturale per arrivare a una nuova concezione dell’organizzazione del lavoro.
È quanto emerso nel corso della prima Conferenza nazionale dell’Anaao Assomed “Donne in medicina. Una nuova sfida per la sanità del futuro” organizzata oggi a Roma. Un’occasione per presentare proposte e offrire spunti di riflessione per una sanità che sempre di più parla al femminile.“Dobbiamo ripensare ai modelli organizzativi – ha spiegato Rosella Zerbi, coordinatrice del gruppo di lavoro Anaao Donne – ci sono nuove esigenze del lavoratore in sanità. Vogliamo che sia riconosciuta una maggiore e migliore occupazione femminile come ricaduta positiva sul Pil”.
Gli strumenti per compiere il giro di boa ci sono. “Bisogna cambiare mentalità – ha detto Alessandra Spedicato, della segreteria nazionale Anaao Assomed e rappresentante di Anaao Giovani – e le soluzioni sono a portata di mano. Basterebbe una puntuale applicazione delle norme già esistenti come la legge 53 del 200 e il D.lgs. 151 del 2001, provvedimenti che consentono flessibilità oraria, accorpamento delle ore, tutoring. Ed anche la sostituzione dei dipendenti che usufruiscono di lunghi congedi di lavoro, pensiamo che solo il 5% della donne in maternità viene sostituito con ricadute negative su quanti rimangono in corsia. E ancora, c’è bisogno di un part time più flessibile, accessibile, Servono nuovi criteri di accesso”.
I vantaggi? Aumento produttività, diminuzione dell’assenteismo e creazione di nuovo posti di lavoro. Riduzione dello stress. Certo gli svantaggi rimangono, in particolare nell’applicazione dell’istituto del part time, sul fronte pensionistico.
Ma l’atout vincente è quello della rimodulazione dell’orario di lavoro che consentirebbe la conciliazione dei tempi casa-lavoro. “Dobbiamo iniziare a pensare a un turno notturno dalle 21 alle 7 – ha detto Spedicato – questo consentirebbe alle donne di rimanere in famiglie nelle ore calde, come quelle della cena, ed anche di accorpare i turni di lavoro 7-14 a 14-20 o 8-14 a 14-21. È solo una delle ipotesi esistenti, ma è fondamentale che s’inizi a parlarne. Ma ci scontriamo con molti ostacoli. In primis il cambiamento di consuetudini, ed anche maggiori oneri per chi gestisce i tabulati e per chi compila i turni di guardia”.
Per Sandra Morano dell’università degli studi di Genova “le donne hanno il dovere di ritessere non solo le vite private, ma anche quelle professionali in base ad altri canoni. Non si tratta solo di conciliare tempi di lavoro e famiglia, di acconciare cioè, per quanto possibile la forza lavoro e tutto il resto all’esistente”. Nel rincorrere un’improbabile parità, le donne in passato hanno temporaneamente perso di vista le contraddizioni e il malessere che derivava dal lavorare in un contesto maschile. Bisogna perciò recuperare gli svantaggi accumulati, perché ha sottolineato Morano “ Il futuro della medicina in molti Paesi occidentali dipende in gran parte dal lavoro delle donne, dalla loro capacità di intrecciarlo con agio con relazioni, affetti, libertà”.
Essenziale è però un cambiamento culturale, non solo nel mondo maschile ma anche tra le donne. In Europa e nel nostro ordinamento sono state attuate delle politiche di conciliazione vita-lavoro per agevolare le donne lavoratrici, ha spiegato Carla Spinelli professore aggregato di Diritto del lavoro Politiche femminili. Ma il legislatore può favorire ma non determinare un cambiamento culturale, se poi non si fanno valere i propri diritti le norme rimangono lettera morta. Va appunto cambiata non solo la cultura degli uomini ma anche quella delle donne.
“L’espressione più alta delle recenti politiche di conciliazione – ha affermato - è nella direttiva comunitaria 54 del ‘96 sui congedi parentali. Il nostro ordinamento l’ha recepita con la legge 53 del 2000. E un’ulteriore svolta è arrivata anche con il congedo di paternità che è però alternativo alla madre lavoratrice quando non è in grado di accudire la famiglia”. Il problema è che i congedi esistono, ma se nessuno se li chiede la normativa diventa inutile.
Certo se anche le norme esistono e possono agevolare il lavoro, si inciampa poi in effetti economici negativi che ne limitano i benefici. I congedi parenterali come anche il part time, ha ricordato, pagano il limite del compenso economico, soprattutto mentre prima il part time era un diritto del lavoratore, dal 2008 è a discrezione dell’amministrazione riconoscerlo.
Per Spinelli, uno valido strumento è quello della contrattazione che in molte realtà ha consentito di benefici soprattutto sotto il profilo dell’organizzazione del lavoro.
Per Isabella Mastrobuono, direttore sanitario del Policlinico Tor Vergata di Roma, bisogna che cresca non solo tra le donne medico, ma in generale nel mondo della sanità la consapevolezza dei cambiamenti radicali che stanno investendo la sanità. Quali sono quindi gli scenari dietro l’angolo? Risorse economiche al lumicino, blocco del turn over, 7.380 posti letto in meno, quasi 300 strutture complesse e più di 14 mila semplici in meno. Le conseguenze? Tagli al numero dei volumi delle prestazioni e crescita delle liste d’attesa. Nel contempo le iscrizioni alle specializzazione diminuiscono. Questo significa che in futuro bisognerà ricorrere a personale straniero.
Va quindi rivista l’organizzazione aziendale e senza che questo aumenti le criticità per il lavoro della donne. Una soluzione potrebbe essere quella di incentivare il Day Hospital e il Day Surgery. Una formula che consentirebbe di favorire la presenza e la partecipazione femminile al mondo del lavoro. Deve anche essere ripensato il welfare aziendale, con asili nido per le donne-madri che lavorano.
Insomma, cambiare si deve e si può. “L'Anaao Assomed – ha quindi chiosato Zerbi – ritiene inaccettabile che le peggiorate condizioni di lavoro, conseguenza non tanto della pesante congiuntura economica quanto degli indiscriminati tagli lineari operati in sanità, possano essere pretesto per ridurre diritti (quali ad esempio, la sostituzione delle maternità, la effettiva disponibilità di congedi parentali, già ora previsti, anche ad ore, per entrambi i genitori)”.
“Abbiamo avviato da tempo – ha dichiarato il Segretario nazionale dell'Anaao Assomed Costantino Troise – una riflessione sulla valorizzazione della donna nel mondo della sanità in cui la percen-tuale di donne medico è cresciuta esponenzialmente in questi ultimi 10 anni, fino ad arrivare ad una inversione della predominanza di genere nelle corsie degli ospedali. A testimonianza di questo impegno l’Associazione ha costituito un gruppo di lavoro con l’obiettivo di valutare l’impatto di questa rivoluzione di genere nel Ssn, studiando i limiti delle leggi, della giurisprudenza e anche del contratto di lavoro che non sempre offrono pari opportunità alle donne, analizzando i problemi di carattere organizzativo–gestionale, soprattutto in una professione che si è costruita nei secoli a misura maschile. Essere donna medico oggi – ha proseguito – nasce da una grande passione considerato che necessita di un lungo e faticoso percorso di studi (dai 10 ai 12 anni, a seconda della specialità), implica sacrifici nella sfera privata e la previsione di accedere a ruoli di prestigio è limitata: le statistiche parlano chiaro, solo il 10% delle donne medico ricopre ruoli primariali a fronte di grandi rinunce nella sfera familiare. Le soluzioni per conciliare tempo di vita e tempi di lavoro – ha concluso Troise – esistono, a partire da una corretta applicazione delle leggi esistenti e dal superamento di pregiudizi e di-scriminazioni. Una sfida tutta da esplorare che l’Anaao Assomed intende accogliere per dare risposte concrete”.
L'Anaao Assomed si impegna quindi da subito affinchè si realizzino: la sostituzione obbligatoria dei medici in astensione obbligatoria o facoltativa per maternità/paternità, per l'attuazione di politiche che favoriscano la conciliazione lavoro-famiglia, per la flessibilità degli orari di lavoro, l'adeguamento della normativa sul part-time, l'estensioni delle tutele ai numerosi contratti atipici.