1 febbraio -
Nel 2016 si sono persi altri 1723 infermieri rispetto al 2015, quando già se ne erano persi rispetto all’anno prima 2.788: oltre 4.500 professionisti in meno in soli due anni quindi. Un’emorragia di personale di cui gran parte di colpa è delle misure di contenimento della spesa soprattutto dove ci sono i piani rientro.
In più, aumentano i precari (lavoro flessibile): ce ne sono +1951 a tempo determinato, +513 con lavoro interinale e per la prima volta 1 in formazione lavoro. E l’età media, che in anno “guadagna” oltre sei mesi passando dai 47,47 anni medi del 2015 ai 48,02 del 2016.
“Un’emorragia di personale che oltre a mettere a rischio chi deve lavorare con turni e ritmi insostenibili, mette in pericolo la sicurezza dei pazienti che sicuramente hanno un danno rilevante dovuto a professionisti stanchi e che non possono ascoltarli, ascoltare i loro bisogni, come si dovrebbe”, dichiara il neo eletto Comitato centrale della Federazione degli infermieri, futura Federazione nazionale degli Ordini delle professioni sanitarie (Fnopi), che nasce con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio della legge 3/2018, la legge Lorenzin.
E' la stessa Rgs che nella relazione allegata al documento spiega che la perdita di personale nel Ssn ha come “fattore rilevante… la sottoposizione… delle Regioni alla disciplina del piano di rientro della spesa sanitaria”.
Ma c’è di più e di peggio: gli infermieri perdono tra il 2015 e il 2016 altri 50 euro l’anno di retribuzione, soprattutto per il forte calo delle indennità fisse e accessorie che perdono circa 143 euro l’anno, assieme ad altri 11 euro l’anno in meno per indennità varie e paradossalmente, nonostante il calo di personale e, quindi, l’aumento di lavoro per chi resta in servizio, di 99 euro l’anno di straordinario.
Ad aumentare, bilanciando in parte le perdite, sono le voci stipendiali fisse (ma non la tredicesima che perde 7 euro), ovviamente retribuzione individuale di anzianità compresa visto l’aumento dell’età media del personale dipendente. E questo più che altro per l’indennità di vacanza contrattuale che ha ripreso a essere corrisposta. Nulla di più.
“I servizi – affermano ancora i responsabili della Federazione – fanno fatica a essere erogati con la massima appropriatezza dovuta ai cittadini e sul territorio c’è il vuoto, come già sottolineato più volte dalla nostra Federazione. E se questi sono i numeri su cui si deve lavorare per il prossimo contratto, davvero non è il piede giusto per partire: un numero sempre più basso di professionisti e retribuzioni ancora più asciutte rispetto agli anni precedenti non sono una buona base su cui cercare un recupero di risorse, sia umane che economiche”.
“Ora – proseguono - la situazione si aggrava. E’ ora dei nuovi contratti, è vero, ma anche di disegnare un nuovo modello e una diversa organizzazione assistenziale e dei servizi ascoltando e premiando quella che universalmente è riconosciuta come prima risorsa per il successo delle politiche sanitarie: il personale”.
“Come infermieri – concludono - vogliamo ribadire e ricordare solo alcuni dati elaborati a livello internazionale. Secondo un recente studio inglese, il tasso di mortalità risulta del 20% inferiore quando ogni infermiere ha in carico un numero di pazienti pari a 6 o meno, rispetto a quei contesti dove ogni singolo infermiere ha in carico 10 o più pazienti e in Italia lo scorso anno, con più professionisti, la media era di 12 pazienti. Un altro studio ha sottolineato che il rischio di morte aumenta con l’esposizione a turni con ore di presenza infermieristica inferiori di almeno 8 ore rispetto al monte-ore programmato o nei quali il turnover dei pazienti è molto elevato. Il rischio aumenta del 2% per ogni turno con presenze di professionisti al di sotto del monte ore e del 4% per ogni turno con elevato turnover dei pazienti. Un brutto segnale visto che meno personale si traduce in più straordinario e turni necessariamente più lunghi.
Questi dati, che peggiorano ancora la situazione nazionale e in modo grave in alcune Regioni pesantemente sotto l’effetto dei tagli, davvero non confortano rispetto a ciò che un’organizzazione più efficiente potrebbe garantire grazie ai suoi professionisti, ai cittadini e ai pazienti”.
“Allora basta con i tagli, sia al personale che alle retribuzioni. E’ necessario tutelare la sicurezza di professionisti e pazienti e la dignità economica di chi lavora, prevedendo risorse degne di professionisti che hanno la responsabilità dell’organizzazione dell’assistenza. In questo modo, e i numeri parlano chiaro, a rimetterci è non solo la qualità del servizio, ma anche quella della nostra professionalità e la sicurezza dei pazienti”.