Prende sempre più forma la nuova organizzazione dell’assistenza territoriale. È infatti pronta una nuova versione del documento (
vedi prima versione pubblicata da Quotidiano Sanità in estate) elaborato da Agenas e Ministero della Salute che ridisegna completamente l’assistenza primaria e “affronta le principali tematiche strettamente connesse agli interventi previsti nell’ambito della Missione 6 Component 1 “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale” del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza”.
Perno di questo nuovo sistema sarà il
distretto sanitario. Ce ne dovrà essere uno ogni 100 mila abitanti ed esso sarà il luogo “privilegiato di gestione e di coordinamento funzionale ed organizzativo della rete dei servizi sociosanitari e sanitari territoriali, centro di riferimento per l’accesso a tutti i servizi dell’ASL”.
Il Distretto sarà inoltre deputato al “perseguimento dell’integrazione tra le diverse strutture sanitarie, sociosanitarie, nonché dei servizi socioassistenziali in un’ottica di collaborazione con le istituzioni locali presenti sul territorio, in modo da assicurare una risposta coordinata e continua ai bisogni della popolazione, nonché di uniformità dei livelli di assistenza e di pluralità dell'offerta”.
In quest’ottica il Distretto avrà sia la funzione di committente, ossia la capacità di programmare i servizi da erogare a seguito della valutazione dei bisogni dell’utenza di riferimento anche in relazione alle risorse disponibili.
Ma avrà pure la funzione di produzione, ossia di erogazione dei servizi sanitari territoriali, è caratterizzata da erogazione in forma diretta o indiretta dei servizi sanitari e sociosanitari territoriali che la funzione di garanzia, ossia di assicurare l’accesso ai servizi, l’equità all’utenza attraverso il monitoraggio continuo della qualità dei servizi, la verifica delle criticità emergenti nella relazione tra i servizi e tra questi e l’utenza finale.
Ecco gli standard del Distretto:
- almeno 1 Casa della Comunità hub ogni 40.000-50.000 abitanti;
- Case della Comunità spoke e ambulatori di Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali. Tutte le aggregazioni dei MMG e PLS (AFT e UCCP) sono ricomprese nelle Case della Comunità avendone in esse la sede fisica oppure a queste collegate funzionalmente;
- almeno 1 Infermiere di Famiglia e Comunità ogni 2.000 - 3.000 abitanti;
- almeno 1 Unità Speciale di Continuità Assistenziale (1 medico e 1 infermiere) ogni 100.000 abitanti;
- 1 Centrale Operativa Territoriale ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale, qualora il distretto abbia un bacino di utenza maggiore;
- almeno 1 Ospedale di Comunità dotato di 20 posti letto ogni 50.000 - 100.000 abitanti;
- 1 Unità di Cure Palliative Domiciliari (UCP – DOM) ogni 100.000 abitanti;
- 1 Hospice con almeno 10 posti letto all’interno della rete aziendale delle cure palliative.
La Casa della Comunità è il luogo fisico di prossimità e di facile individuazione dove la comunità può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria e sociosanitaria. La CdC promuove un modello organizzativo di approccio integrato e multidisciplinare attraverso équipe territoriali. Costituisce la sede privilegiata per la progettazione e l’erogazione di interventi sanitari e di integrazione sociale.
Standard:
- almeno 1 Casa della Comunità hub ogni 40.000-50.000 abitanti;
- Case della Comunità spoke e ambulatori di Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali. Tutte le aggregazioni dei MMG e PLS (AFT e UCCP) sono ricomprese nelle Case della Comunità avendone in esse la sede fisica oppure a queste collegate funzionalmente;
- almeno 1 Infermiere di Famiglia e Comunità ogni 2.000 - 3.000 abitanti.
Le CdC promuovono un modello di intervento integrato e multidisciplinare, in qualità di sedi privilegiate per la progettazione e l’erogazione di interventi sanitari e di integrazione sociale. L’attività, infatti, deve essere organizzata in modo tale da permettere un’azione d’équipe tra Medici di Medicina Generale, Pediatri di Libera Scelta, Specialisti Ambulatoriali Interni – anche nelle loro forme organizzative – Infermieri di Famiglia e Comunità, altri professionisti della salute, quali ad esempio Psicologi, Logopedisti, Fisioterapisti, Dietisti, Tecnici della Riabilitazione e Assistenti Sociali, anche al fine di consentire il coordinamento con i servizi sociali degli enti locali del bacino di riferimento.
Occorre assicurare il coinvolgimento delle AFT dei MMG e PLS e delle UCCP, sulla definizione e l’assegnazione di obiettivi condivisi dall’équipe multiprofessionale, sulla partecipazione attiva del MMG e PLS e sulla valorizzazione delle competenze delle professioni sanitarie e sociali, insieme alle articolazioni organizzative delle strutture aziendali, aspetti ritenuti fondamentali per la sua effettiva realizzazione.
I medici e gli altri professionisti sanitari operano sia all’interno delle CdC che nella loro individualità, nei territori a minore densità abitativa. In tal modo provvedono a garantire l’assistenza primaria attraverso un approccio di medicina d’iniziativa e la presa in carico della comunità di riferimento, con i servizi h 12 e integrandosi con il servizio di continuità assistenziale h 24.
Sia nell’accezione hub sia in quella spoke, la CdC costituisce l’accesso unitario fisico per la comunità di riferimento ai servizi di assistenza primaria e di integrazione sociosanitaria. Entrambe, quindi, propongono un’offerta di servizi costituita da medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali interni, infermieri di famiglia e comunità, presenza di tecnologie diagnostiche di base.
La CdC hub garantisce l’erogazione dei seguenti servizi, anche mediante modalità di telemedicina:
- Équipe multiprofessionali (MMG, PLS, Continuità Assistenziale, Specialisti Ambulatoriali Interni (SAI) e dipendenti, Infermieri e altre figure sanitarie e sociosanitarie);
- Presenza medica h24 - 7 giorni su 7 anche attraverso l’integrazione della Continuità Assistenziale;
- Presenza infermieristica h12 – 7 giorni su 7;
- Punto Unico di Accesso (PUA) sanitario e sociale;
- Punto prelievi;
- Programmi di screening;
- Servizi diagnostici finalizzati al monitoraggio della cronicità (ecografo, elettrocardiografo, retinografo, oct, spirometro, ecc.) anche attraverso strumenti di telemedicina (es. telerefertazione);
- Servizi ambulatoriali specialistici per le patologie ad elevata prevalenza (cardiologo, pneumologo, diabetologo, ecc.);
- Servizi infermieristici, sia in termini di prevenzione collettiva e promozione della salute pubblica, inclusa l’attività dell’Infermiere di Famiglia e Comunità (IFeC), sia di continuità di assistenza sanitaria, per la gestione integrata delle patologie croniche;
- Sistema integrato di prenotazione collegato al CUP aziendale;
- Servizio di assistenza domiciliare di base;
- Partecipazione della Comunità e valorizzazione della co-produzione, attraverso le associazioni di cittadini e volontariato.
- Relazione tra la CdC hub con il funzionamento delle strutture per le cure intermedie (es. assistenza medica nelle strutture residenziali territoriali come l’ospedale di comunità).
La CdC spoke garantisce l’erogazione dei seguenti servizi, anche mediante modalità di telemedicina:
- Équipe multiprofessionali (MMG, PLS, Specialisti Ambulatoriali Interni (SAI) e dipendenti, Infermieri e altre figure sanitarie e sociosanitarie);
- Presenza medica e infermieristica almeno h12 - 6 giorni su 7 (lunedì-sabato);
- Punto Unico di Accesso (PUA) sanitario e sociale;
- Alcuni servizi ambulatoriali per patologie ad elevata prevalenza (cardiologo, pneumologo, diabetologo, ecc.);
- Servizi infermieristici, sia in termini di prevenzione collettiva e promozione della salute pubblica, inclusa l’attività dell’Infermiere di Famiglia e Comunità (IFeC), sia di continuità di assistenza sanitaria, per la gestione integrata delle patologie croniche;
- Programmi di screening;
- Collegamento con la Casa della Comunità hub di riferimento;
- Sistema integrato di prenotazione collegato al CUP aziendale;
- Partecipazione della Comunità e valorizzazione co-produzione, attraverso le associazioni di cittadini, volontariato.
L’Infermiere di Famiglia e Comunità è il professionista che mantiene il contatto con l’assistito della propria comunità in cui opera e rappresenta la figura professionale di riferimento che assicura l’assistenza infermieristica ai diversi livelli di complessità in collaborazione con tutti i professionisti presenti nella comunità, perseguendo l’integrazione interdisciplinare, sanitaria e sociale dei servizi e dei professionisti e ponendo al centro la persona. L’infermiere di comunità interagisce con tutte le risorse presenti nella comunità formali e informali. L'infermiere di comunità non è solo l’erogatore di cure assistenziali, ma diventa la figura che garantisce la riposta assistenziale all’insorgenza di nuovi bisogni sanitari e sociosanitari espressi e potenziali che insistono in modo latente nella comunità. È un professionista con un forte orientamento alla gestione proattiva della salute. È coinvolto in attività di promozione, prevenzione e gestione partecipativa dei processi di salute individuali, familiari e di comunità all’interno del sistema dell’assistenza sanitaria territoriale.
Standard:
- almeno 1 Infermiere di Famiglia e Comunità ogni 2.000 - 3.000 abitanti.
L’Unità Speciale di Continuità Assistenziale è un’équipe mobile distrettuale per la gestione di situazioni condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità e di comprovata difficoltà operativa di presa in carico sia a carico di individui che a carico di comunità.
- almeno 1 medico e 1 infermiere ogni 100.000 abitanti.
La Centrale Operativa Territoriale è un modello organizzativo che svolge una funzione di coordinamento della presa in carico della persona e raccordo tra servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali: attività territoriali, sanitarie e sociosanitarie, ospedaliere e dialoga con la rete dell’emergenza-urgenza.
- 1 Centrale Operativa Territoriale ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale, qualora il distretto abbia un bacino di utenza maggiore.
- Standard minimo di personale di 1 COT per 100.000 abitanti: 5 infermieri/IFeC, 1 coordinatore
La Centrale Operativa 116117 sede del Numero Europeo Armonizzato per le cure mediche non urgenti offre un servizio telefonico gratuito alla popolazione attivo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 per tutte le prestazioni sanitarie e sociosanitarie a bassa intensità assistenziale.
- almeno 1 Centrale Operativa NEA 116117 ogni 1-2 milioni di abitanti o comunque a valenza regionale (se con popolazione inferiore allo standard), incrementabile sulla base della numerosità della popolazione. La Centrale raccoglie le chiamate di uno o più distretti telefonici in funzione delle dimensioni dei distretti stessi e delle modalità organizzative delle Regioni/PA.
L’Assistenza Domiciliare è un servizio a valenza distrettuale finalizzato all’erogazione al domicilio di interventi caratterizzati da un livello di intensità e complessità assistenziale variabile nell’ambito di specifici percorsi di cura e di un piano personalizzato di assistenza.
- 10% della popolazione over 65 da prendere in carico progressivamente.
L’Ospedale di Comunità è una struttura sanitaria di ricovero breve che afferisce alla rete di offerta dell’Assistenza Territoriale e svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, con la finalità di evitare ricoveri ospedalieri impropri o di favorire dimissioni protette in luoghi più idonei al prevalere di fabbisogni sociosanitari, di stabilizzazione clinica, di recupero funzionale e dell’autonomia e più prossimi al domicilio.
Standard:
- almeno 1 Ospedale di Comunità dotato di 20 posti letto ogni 50.000 - 100.000 abitanti.
- 0,4 posti letto per 1000 abitanti da attuarsi in modo progressivo secondo la programmazione regionale.
Standard minimo di personale per 1 Ospedale di Comunità dotato di 20 posti letto:
-9 infermieri, 6 operatori sociosanitari e un medico per almeno 4 ore al giorno 7 giorni su 7.
La rete delle cure palliative è costituita da servizi e strutture in grado di garantire la presa in carico globale dell’assistito e del suo nucleo familiare, in ambito ospedaliero, domiciliare e in hospice. I servizi della rete garantiscono cure e assistenza a favore di persone affette da patologie ad andamento cronico, evolutivo e a prognosi infausta per le quali non esistono terapie o se esistono sono inadeguate o inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o di un prolungamento significativo della vita.
- 1 Servizio Ospedaliero di Medicina e Cure Palliative multiprofessionale 1 ogni 600.000 abitanti;
- 1 Unità di Cure Palliative Domiciliari (UCP – DOM) ogni 100.000 abitanti;
- 1 Hospice con almeno 10 posti letto ogni 100.000 abitanti.
Il Consultorio Familiare è la struttura aziendale a libero accesso e gratuita, deputata alla prevenzione, promozione della salute, consulenza e cura rivolte alla donna, al minore, alla famiglia in senso ampio, in linea con le evoluzioni sociali correnti e al contesto comunitario di riferimento dei predetti.
- Almeno 1 consultorio ogni 20.000 abitanti con la possibilità di 1 ogni 10.000 nelle aree interne e rurali. L’attività consultoriale può svolgersi all’interno delle Case della Comunità, privilegiando soluzioni logistiche che tutelino la riservatezza.
Il Dipartimento di Prevenzione (DP), come previsto dall’articolo 7 del decreto 502/1992 e successive modificazioni ed integrazioni Articoli 7-bis, 7-ter e 7-quater, ha il compito di promuovere azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale, mediante iniziative coordinate con i distretti e con i dipartimenti dell'azienda sanitaria locale e delle aziende ospedaliere, prevedendo il coinvolgimento di operatori di diverse discipline. Standard massimo di popolazione per DP = 1: 500.000 abitanti (necessario per mantenere efficienza organizzativa e conoscenza del territorio che ha identità, omogeneità culturale e socioeconomica imprescindibili nell’azione preventiva).
Nel documento si evidenzia infine che, “nell’ambito delle tematiche affrontate dal presente documento, dovranno essere sviluppati ulteriori approfondimenti rispetto ai seguenti argomenti: farmacie, servizi per la salute mentale, ruolo della telemedicina e servizi sociosanitari con particolare riferimento alle RSA”.
L.F.