Quasi tre anni dopo l’emanazione del testo proposto della Commissione Europea è stata adottata la Direttiva (UE) 2020/2184, rifusione della direttiva sulla qualità delle acque destinate al consumo umano.
Remo Tavernari, Attaché ‘Ambiente e Infrazioni ambientali’ della Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Unione europea, che ha seguito l’intero iter del provvedimento nell’ambito del Consiglio esprime soddisfazione: “La negoziazione è stata intensa e il dialogo tra i diversi Stati membri e la Commissione incessante: questo anche in ragione della vasta esperienza acquisita dagli stessi Stati membri in oltre vent’ anni di applicazione della previgente direttiva. La continuità dei lavori negoziali è stata assicurata dalle Presidenze bulgara, austriaca, rumena e finlandese per concludersi, dopo 5 triloghi tra Parlamento, Consiglio e Commissione, sotto Presidenza Tedesca”.
“Il pacchetto varato converge su un testo – sottolinea Tavernari – in cui molti fondamentali elementi politici e tecnici sono stati introdotti a favore della protezione della salute e dell’ambiente, citerei tra tutti il dare concreta attuazione alla prima iniziativa popolare dei cittadini europei per l’accesso sicuro all’acqua potabile. L’Italia ha avuto un ruolo fondamentale nella costruzione della nuova direttiva – conclude l’esperto europeo – il gruppo di lavoro inter-istituzionale nazionale coordinato dal Ministero della Salute sotto l’egida del Ministero degli Esteri, attraverso gli interventi diretti del Ministro dell’Ambiente presente in Consiglio, ha consentito di fornire contributi rilevanti su molti temi: oltre all’accesso all’acqua ricordo ad esempio l’analisi di rischio, la qualità di reagenti e prodotti a contatto con le acque, la regolamentazione sui PFAS. Il ruolo del nostro Paese in Consiglio è stato in molti passi fondamentale per gli equilibri della negoziazione grazie al dialogo costante e costruttivo con gli altri Paesi, con la Presidenza e la Commissione e alla volontà di accogliere nelle fasi di compromesso molte proposte del Parlamento Europeo”.
Il coordinamento nazionale delle attività finalizzate all’elaborazione della nuova direttiva è stato condotto da
Pasqualino Rossi della Direzione Generale Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, che sottolinea come “il successo dell’azione italiana sia stato possibile grazie a una sinergia costante nel gruppo di lavoro costituito da Ministero dell’Ambiente, Istituto Superiore di Sanità e ARERA, e al dialogo inclusivo basato su contributi delle Regioni e delle autorità sanitarie e ambientali che ha consentito di valorizzare un patrimonio di conoscenze e esperienze in direzione di una migliore protezione delle acque e della salute”.
“La normativa oggi in vigore – ha dichiarato Rossi – sta garantendo in generale acqua salubre e pulita per uso umano nei diversi paesi, ma i criteri di protezione datati più di 20 anni si fondavano sul controllo di un set (molto) limitato di parametri prestabiliti ai rubinetti e quindi perseguivano approcci retrospettivi. Era quindi urgente un riposizionamento verso le più moderne conoscenze scientifiche che orientano la prevenzione. A supporto di un nuovo approccio – aggiunge Rossi – abbiamo portato in Consiglio l’esperienza che da tempo ci vede impegnati ad applicare modelli basati sul rischio, particolarmente efficaci per la protezione di tutte le filiere idro-potabili a cominciare dall’ambiente e dalle fonti di acqua. Nel nostro paese, attraverso i piani di sicurezza dell’acqua, stiamo infatti affrontando in chiave di prevenzione le nuove sfide e gli impatti dei cambiamenti climatici e ambientali sulla disponibilità e qualità delle risorse idriche per la nostra e le future generazioni”.
Dal fronte europeo a quello nazionale: “Il recepimento della nuova direttiva è straordinariamente impegnativo – prosegue ancora Rossi – perché sta interessando l’intero corpus normativo di rilevanza sul tema salute-acqua-clima ed è, d’altra parte, è un’opportunità straordinaria per aumentare la fiducia dei cittadini nelle acque di rubinetto e nelle istituzioni. Questo è possibile, anche grazie alla competenza e, mi sento di dire, passione di un gruppo di lavoro consolidato intersettoriale e interdisciplinare che è già attivo per completare il quadro normativo sui piani di sicurezza dell’acqua e sta lavorando a una nuova regolamentazione per i materiali e prodotti a contatto con l’acqua, a misure efficaci per garantire una informazione estensiva sulla qualità delle acque per i consumatori, con l’impegno di Istat e, non ultimo, all’elaborazione di una proposta per l’introduzione di misure obbligatorie che garantiscano la fruibilità di acqua potabile e di servizi igienici nelle scuole, nei luoghi e nei locali pubblici. Per obiettivi così ambiziosi – conclude il Dirigente del Ministero – è necessario un nuovo assetto culturale e istituzionale, che il Ministero della Salute ha proposto in maniera ancora più concreta con l’azione ‘Salute-ambiente-clima’ nell’ambito del Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza, Next-Generation EU”.
Nella definizione della rifusione della direttiva è stato fondamentale l’apporto tecnico-scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità che ha operato contestualmente a livello nazionale nel gruppo di lavoro del Ministero della Salute e con il Coordinamento Interregionale di Prevenzione e in ambito europeo, supportando i lavori del Consiglio e contribuendo alle proposte definite nell’ambito del gruppo di esperti della Commissione e dell’European Network of Drinking Water Regulators.
Luca Lucentini, Direttore del Reparto Acqua e Salute dell’Iss definisce le prospettive della nuova direttiva per il nostro Paese e per l’Istituto. “Il testo concordato è partito dalla revisione tecnico-scientifica degli standard di qualità delle acque potabili che risalivano a più di 25 anni fa, cogliendo e estendendo le raccomandazioni dell’Oms, nel senso di costruire un obiettivo globale e ambizioso di prevenzione, ancorato allo stato delle conoscenze e ispirato non solo all’innovazione tecnologica e metodologica ma anche alla volontà di ridurre sostanzialmente gli impatti dannosi dell’inquinamento sulle nostre risorse naturali e sulla salute umana”.
“I contenuti della nuova direttiva – prosegue l’esperto – riguardano l’aggiornamento di molti standard di qualità delle acque rispetto a possibili pericoli per la salute umana, come nel caso del cromo, del piombo, dei PFAS, delle microcistine, dell’uranio, della Legionella o di sottoprodotti di disinfezione emergenti, ma sono prima di tutto indirizzati a garantire l’interazione completa e efficace del settore sanitario, ambientale, dei servizi idrici e di ogni altro portatore di conoscenza, promuovendo formazione e ricerca”. In altri termini, secondo Lucentini “la qualità dell’acqua di rubinetto è ripensata in chiave preventiva come il risultato della protezione e del controllo dell’ambiente, delle risorse idriche e del ciclo idrico integrato ispirata all’evoluzione della ricerca scientifica”. “Questa è la via di elezione per prevenire ogni rischio correlabile alle acque, compreso il potenziale ruolo della depurazione nell’abbattimento dell’antibiotico-resistenza o della contaminazione delle acque potabili da inquinanti cosiddetti emergenti. Possiamo dire che abbiamo intrapreso già molte azioni importanti in questa direzione come il recente accordo di programma Iss-Ispra/Snpa e confidiamo che tale percorso trovi piena attuazione nel PNRR, dal fronte sanitario al settore idrico, attraverso la transizione verde e la digitalizzazione”.
I possibili compiti dell’Istituto nello scenario del recepimento delle nuove norme vanno dalla costituzione dell’Ente di approvazione nazionale dei Piani di sicurezza all’approvazione con un marchio di conformità a materiali, prodotti e reagenti in contatto con l’acqua, ricerca nel campo dei virus, protozoi e composti chimici. Tuttavia, sottolinea Lucentini, “l’impegno tecnico-scientifico deve unirsi ad una migliore partecipazione e comunicazione rispetto alla qualità delle acque: abbiamo voluto dare un messaggio in Europa per legiferare sull’acqua potabile non solo per prevenire potenziali pericoli legati a parametri indesiderabili ma anche per garantire, attraverso la protezione ambientale, il consumo di acque ricche di elementi naturali veicolati attraverso le acque (ad esempio, calcio, magnesio, iodio, potassio, boro, selenio, fluoro, cromo, rame) limitando ove possibile il ricorso a trattamenti che impattano sulla facies chimica dell’acqua e che possono comportare i ingenti costi infrastrutturali, energetici e ambientali”.
La rifusione della direttiva sulla qualità delle acque potabili è quindi un tassello di un mosaico ben più vasto nella strategia orientata al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. “Rispondere ai rischi e alle sfide incalzanti per garantire ambienti sicuri e accessibili secondo principi di equità e di sostenibilità è possibile, secondo la strategia globale al 2030 dell’Oms per la salute, l'ambiente e i cambiamenti climatici, solo se si trasforma il nostro modo di vivere e lavorare, ma anche di produrre, consumare e governare. Il settore delle acque – conclude l’esperto – può essere un modello apripista per altre interazioni salute-ambiente-clima: la recente finalizzazione del Regolamento Europeo sul riuso delle acque dimostra come la prevenzione sanitaria sia un indispensabile presidio per scelte ambientali a supporto dell’economia circolare”.