"L'effetto dell'ozono in pazienti con Covid-19 fosse sostanzialmente imprevedibile, e quanto fosse necessario, al fine di chiarirne il potenziale ruolo, acquisire dati certi, derivanti da studi clinici".
Così la sottosegretaria alla Salute,
Sandra Zampa, rispondendo ieri in Commissione Affari Sociali all'
interrogazione sul tema di
Claudio Pedrazzini (Misto).
Di seguito la risposta integrale della sottosegretaria Zampa:
“Nelle premesse dell'atto ispettivo vengono richiamati alcuni studi pubblicati nelle riviste scientifiche internazionali, a cui faccio rinvio per le indicazioni già rese, per esigenza di sintesi.
L'ISS sugli studi richiamati (Yano H Università di Nara e Fujita Health University) sottolinea che in entrambi gli esperimenti, l'abbattimento del titolo virale è stato ottenuto mantenendo una prestabilita concentrazione di ozono all'interno di un'area sigillata, preferibilmente in presenza di alte concentrazioni di umidità relativa (tra il 60 e l'80 per cento).
Questo è in linea con quanto già descritto nel Rapporto ISS COVID-19 n. 56/2020 (del 23 luglio 2020), e nel relativo «summary»: «Un'azione disinfettante efficace contro il SARS-CoV-2 è pienamente plausibile; tuttavia, sarebbero utili ulteriori studi, effettuati secondo standard predefiniti, per definire protocolli per la “sanitizzazione” efficace e sicura degli ambienti/superfici, in modo da poter valutare parametri essenziali quali la concentrazione ed il tempo di contatto.».
Secondo l'Istituto, in effetti, per la sanificazione di grandi spazi, in condizioni di uso reale, sulla base di quanto descritto nei due lavori giapponesi, risulta difficilmente riproducibile la condizione di «ambiente sigillato», all'interno del quale sono stati definiti le concentrazioni di ozono e i tempi di contatto necessari per l'abbattimento del titolo virale indicato. Inoltre, sono necessari ulteriori dati di ricerca per identificare le condizioni reali di applicazione dell'ozono, a fronte delle sue proprietà pericolose e dei rischi associati al suo utilizzo, al fine di garantire la massima efficacia del trattamento e adeguate misure di sicurezza per la tutela degli utilizzatori e della popolazione che afferisce agli ambienti trattati.
Per quanto riguarda l'utilizzo sui pazienti per fini terapeutici, nel Rapporto COVID-19 n. 56/2020 l'ISS non ha parlato di «potenziale rilevanza... in assenza di rischi... in attesa di ricevere dati definitivi», ma ha piuttosto sottolineato come l'effetto dell'ozono in pazienti con COVID-19 fosse sostanzialmente imprevedibile, e quanto fosse necessario, al fine di chiarirne il potenziale ruolo, acquisire dati certi, derivanti da studi clinici.
Rispetto agli ulteriori lavori citati nell'interrogazione parlamentare in argomento (Franzini M, Valdenassi ed altri e Zhishui Zheng, Minglin Dong) l'Istituto ha precisato quanto segue: Entrambi gli studi soffrono, in effetti, delle limitazioni legate allo scarso numero di pazienti e alla loro natura descrittiva e non controllata. L'Istituto rammenta che l'osservazione di un gruppo di pazienti trattati, in assenza di un braccio di controllo, non può mai essere considerata conclusiva, e tale limite è ancora più grave in una condizione, come il COVID-19, per la quale le conoscenze cliniche sono ancora limitate.
Di fatto, quindi, questi due articoli aggiuntivi non consentono di modificare le conclusioni riportate nel Rapporto ISS COVID-19 n. 56/2020: Pubblicato il 23 luglio 2020. 6. Ozonoterapia e indicazioni di uso medico, che riporto di seguito: In attesa di disporre di evidenze derivanti da studi clinici, è opportuno richiamare che – per la complessità dei meccanismi attivati «a cascata» dall'ozono – è difficile prevedere l'effetto complessivo del trattamento, specialmente nel caso di pazienti in condizioni critiche. La reattività e la risposta immunitaria di base sembrano infatti delle variabili molto importanti, in grado di influenzare in maniera drammatica (in senso sia positivo che negativo) l'esito del trattamento. Il dosaggio e la durata del trattamento nelle varie indicazioni devono inoltre essere definiti opportunamente con studi clinici dose-risposta. Infine, alcuni degli effetti esercitati dall'ozono (es. la sua capacità di rilasciare citochine proinfiammatorie) impongono un'ovvia cautela per l'uso nella condizione clinica in oggetto.
Da ultimo, l'Istituto precisa che, per i pazienti con COVID-19 in ossigenoterapia, sono state recentemente autorizzate dall'EMA due opzioni terapeutiche: l'antivirale Remdesivir e il Desametasone".
Claudio Pedrazzini (Misto), replicando, si dichiara non soddisfatto della risposta in relazione agli elementi forniti sull'utilizzo dell'ozono sia per la sanificazione degli spazi che a fini terapeutici. Nel primo caso, ricorda che alcune possibili criticità legate all'utilizzo di tale sostanza vengono meno se sono rispettati i parametri di legge. Per quanto concerne l'utilizzo terapeutico, segnala che la risposta fornisce dati parziali, ribadendo che l'Istituto superiore di sanità dovrebbe dimostrare maggiore disponibilità a monitorare un numero ampio di casi e ricordando che in molte situazioni l'impiego dell'ozono ha consentito una significativa riduzione dei tempi di cura per i pazienti affetti da Covid-19. In conclusione, invita a proseguire ed approfondire gli studi in corso relativi all'utilizzo dell'ozono terapia.