"Quali iniziative intende assumere il Governo per tutelare il reddito dei farmacisti italiani e la loro contribuzione, anche prevedendo una revisione delle somme dovute a Enpaf e dell'obbligatorietà di tali versamenti per i lavoratori farmacisti dipendenti". Questa la richiesta contenuta nell'interrogazione presentata a prima firma da
Chiara Gribaudo (Pd) che verrà discussa il prossimo mercoledì in Commissione Lavoro alla Camera.
Nell'interrogazione si mette in discussione "l'obbligo di versare a Enpaf, a prescindere dall'inquadramento come dipendente o autonomo, una quota fissa annua di 4.500 euro, che colpisce soprattutto i farmacisti precari e disoccupati; dopo cinque anni di disoccupazione la quota passa a 2.300 euro all'anno".
"Tale problematica - spiega Gribaudo - viene identificata come 'contribuzione silente', in quanto non cumulabile e non totalizzabile da parte dei farmacisti, che, a partire dal 2003, non possono nemmeno più chiedere la restituzione dei contributi versati dopo quella data; tuttavia, la contribuzione rimane obbligatoria per rimanere iscritti all'albo, essere assunti nelle farmacie private o effettuare un concorso pubblico come farmacista".
"Per essere titolati a ricevere la pensione bisogna pagare minimo 30 anni di contributi avendo almeno 20 anni attività; la pensione poi sarà del 15 per cento del totale dei contributi versati e tutto ciò non prima dei 68 anni di età; queste rigidità e l'alta quota dovuta dai farmacisti all'Enpaf, siano essi titolari o collaboratori di farmacia o parafarmacia, siano essi occupati o inoccupati, hanno portato alla cancellazione dall'Albo, solo nel 2018, di 2.467 farmacisti entro i 60 anni di età, rappresentando un grave allontanamento da una professione ad elevata specializzazione e di grande valore per il Sistema sanitario nazionale", conclude l'interrogazione.
G.R.