Il Governo ha deciso “di confermare fino al 13 aprile tutte le misure di limitazione delle attività economiche e sociali e degli spostamenti individuali, precedentemente adottate”. È quanto ha annunciato oggi il Ministro della Salute, Roberto Speranza nella sua informativa al Senato sull’emergenza da Covid 19.
Speranza ha precisato che bisogna fare “attenzione a non commettere errori adesso, attenzione ai facili ottimismi, che possono vanificare gli sforzi e i grandi sacrifici che la stragrande maggioranza degli italiani sta compiendo. Attenzione, non dobbiamo confondere i primi segnali positivi che registriamo in queste ore con un segnale di cessato allarme”.
“La strada – ha ribadito il Ministro - da percorrere è ancora lunga, perché senza il vaccino non sconfiggeremo mai definitivamente il Covid-19”.
E rispetto al futuro prossimo ha chiarito che “tutti dobbiamo essere consapevoli che per un periodo non breve dovremo saper gestire una fase di transizione. Sarà indispensabile graduare la riduzione delle attuali imitazioni adottando adeguate e proporzionali misure di prevenzione, per evitare che riesplodano nuovi gravi focolai di infezione”.
Speranza poi ha evidenziato come “la medicina del territorio sia la chiave per affrontare l'emergenza”. E come occorre “promuovere soluzioni tecnologiche innovative con il contact tracing e per la teleassistenza per pazienti domestici, sia per le patologie legate al Covid-19, sia per le altre patologie anche di carattere cronico”.
E sui test ha rimarcato “la necessità di massimizzare e velocizzare le capacità diagnostiche dei test presenti sul mercato, da quelli classici, che consentono l'identificazione di RNA virale, a quelli sierologici, che possono fornire utili informazioni circa il cosiddetto tasso di sieroconversione, cioè della percentuale di soggetti che hanno incontrato il virus e rispetto ad esso hanno prodotto una risposta anticorpale. La definizione del tasso di sieroconversione potrà essere molto per le implicazioni future in termini di politiche di graduale allentamento delle misure di restringimento sociale eventualmente considerabili”.
Il testo integrale dell’informativa del Ministro.
Signor Presidente, voglio ringraziare subito tutti i Gruppi parlamentari che, con la loro richiesta di audizione, mi danno l'opportunità di relazionare alla Camere sull'emergenza in corso.
Focalizzerò questa mia informativa prevalentemente su alcuni punti di maggiore rilevanza sanitaria, considerandola evidentemente un aggiornamento rispetto a quanto già affermato dal Presidente del Consiglio, che è stato qui, in Aula, nella passata settimana, e della mia precedente audizione.
Come ho già detto in altre occasioni, non considero la discussione parlamentare un appuntamento rituale, una formalità da adempiere per dovere di ufficio. Sono qui non solo per informare il Parlamento e, per il vostro tramite, l'intero Paese, ma anche per ascoltare osservazioni e proposte da tutte le forze politiche. È il Parlamento, in Assemblea e nelle competenti Commissioni, il luogo in cui, in una limpida dialettica, dobbiamo ricercare e trovare le ragioni di un'azione comune. Un clima politico positivo ed unitario è la precondizione essenziale per tenere unito il Paese in un passaggio difficilissimo della nostra storia nazionale.
Tutti, io credo, dobbiamo avvertire l'assillo della massima responsabilità per affrontare e superare le sfide che sono dinanzi a noi. Nel Dopoguerra, mai come in queste ore, non è il tempo delle divisioni. Come ha ricordato ancora una volta nei giorni scorsi il nostro presidente della Repubblica Sergio Mattarella, unità e coesione sociale sono indispensabili in queste condizioni. Grazie, Presidente, per le sue parole, che rappresentano uno stimolo costante a fare sempre più e sempre meglio.
In Europa e nel mondo è in corso una terribile tempesta. Il numero dei contagiati da questo virus corre velocemente verso il milione di casi. L'economia frena, mentre le nostre città sono quasi ferme. Sembrava impossibile, eppure in poche settimane sono radicalmente cambiate le nostre abitudini e i nostri consolidati stili di vita. Credo che ciascuno di noi non dimenticherà mai queste giornate. Siamo in una crisi globale, che colpisce duramente non solo le nazioni più deboli, ma anche le superpotenze. Dopo la Cina, la grande America, giorno dopo giorno, è in difficoltà crescenti. Nel Central Park di New York, un luogo simbolico, si sta allestendo un grande ospedale da campo. Mosca è in isolamento totale. Tutta l'Europa è duramente colpita. La vicina Spagna, nel giro di poche settimane, ha superato il nostro numero di contagi in rapporto alla popolazione. Di fronte a questa realtà, appaiono terribilmente datate le vecchie dispute geopolitiche. È l'ora della cooperazione internazionale e della solidarietà. Nessuno si salva da solo, perché viviamo in un mondo interdipendente e perché, come è ormai chiaro, il virus non conosce confini nazionali o regionali.
Come ha ricordato papa Francesco, pregando da solo in una piazza San Pietro deserta, ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme. Sì, insieme, per questo abbiamo bisogno che l'Europa cambi rapidamente le sue politiche datate e superate. È adesso che l'Europa deve dimostrare di essere una reale opportunità, una grande forza che favorisce gli investimenti, il lavoro, la crescita economica, la mitigazione delle diseguaglianze sociali. No, non possiamo consentire che a una grave crisi sanitaria si sommi un'insostenibile e devastante crisi sociale. In questa realtà avverto forte la responsabilità, da Ministro della salute, di continuare a dire con chiarezza e nettezza la verità al Paese sull'emergenza sanitaria che stiamo vivendo; con chiarezza e nettezza, perché non è il tempo delle mezze parole.
A tal fine, voglio innanzitutto ribadire un concetto più volte espresso in queste ore dalla nostra comunità scientifica: attenzione a non commettere errori adesso, attenzione ai facili ottimismi, che possono vanificare gli sforzi e i grandi sacrifici che la stragrande maggioranza degli italiani sta compiendo. Attenzione, non dobbiamo confondere i primi segnali positivi che registriamo in queste ore con un segnale di cessato allarme. I numeri e le proiezioni statistiche fatte dagli esperti ci indicano che siamo sulla strada giusta e che le decisioni drastiche che abbiamo adottato iniziano a dare i primi risultati. La nostra cura, che oramai viene adottata e seguita in tutto il mondo, sta rallentando la velocità e l'estensione del contagio. Sarebbe però un errore imperdonabile scambiare questo importante primo risultato per una sconfitta definitiva del Covid-19.
La battaglia è ancora molto lunga. Non possiamo e non dobbiamo abbassare la guardia. Il nostro primo obiettivo deve essere quello di riportare stabilmente e nettamente sotto il valore di 1 l'erre con zero (R0), ovvero l'indice di trasmissione del contagio. È un obiettivo da conseguire per non moltiplicare ulteriormente il numero dei pazienti positivi, per diminuire il numero quotidiano dei decessi, per evitare che il nostro Sistema sanitario nazionale venga colpito da un ulteriore tsunami. La strada da percorrere è ancora lunga, perché senza il vaccino non sconfiggeremo mai definitivamente il Covid-19.
Non solo non dobbiamo abbassare la guardia, ma tutti dobbiamo essere consapevoli che per un periodo non breve dovremo saper gestire una fase di transizione. Sarà indispensabile graduare la riduzione delle attuali imitazioni adottando adeguate e proporzionali misure di prevenzione, per evitare che riesplodano nuovi gravi focolai di infezione. La fase di convivenza con il virus andrà gestita d'intesa con il comitato tecnico-scientifico con grande prudenza, continuando a monitorare molto seriamente il fenomeno e conservando tutte le buone pratiche individuali che abbiamo imparato a rispettare in queste settimane con i nostri comportamenti responsabili.
Certo, dobbiamo programmare il domani e lo stiamo già facendo, ma senza smettere di essere consapevoli di cosa sia questa fase e di dove siamo esattamente oggi. Sbagliare i tempi o anticipare alcune mosse finirebbe per vanificare il lavoro fatto in queste difficilissime settimane. È questa l'unica strada realistica e praticabile per riaccendere i motori della nostra economia, per recuperare pienamente la dimensione sociale ed affettiva della nostra vita, per riconquistare le nostre irrinunciabili libertà. È da queste valutazioni, che ho voluto indicare in premessa del mio intervento, figlie delle indicazioni e delle valutazioni del nostro comitato tecnico scientifico, che scaturisce la decisione del Governo di confermare fino al 13 aprile tutte le misure di limitazione delle attività economiche e sociali e degli spostamenti individuali, precedentemente adottate.
Prima di soffermarmi sugli impieghi futuri, voglio brevemente svolgere alcune considerazioni sul lavoro che abbiamo fatto fino ad oggi. Lo dico con sincerità: credo che dovremmo tutti essere consapevoli e finanche orgogliosi del lavoro che insieme stiamo facendo, in una situazione senza precedenti e della reazione degli italiani, per fronteggiare difficoltà del tutto inedite. Parlo dell'Italia e non di una parte. Parlo di tutti i livelli istituzionali, dal Governo, alle Regioni, ai nostri sindaci. Parlo dei nostri medici, infermieri, professionisti sanitari e farmacisti, che non ringrazieremo mai a sufficienza. Parlo dei nostri lavoratori, che in condizioni spesso molto difficili stanno mantenendo acceso il motore del nostro Paese. Parlo delle forze di polizia. Parlo delle tante forze del volontariato. Parlo di tutti gli italiani, che stanno dando una grandissima prova di maturità e di collaborazione. Parlo della solidarietà della nostra gente.
Voglio ringraziare - permettetemi di farlo - e anche abbracciare metaforicamente le migliaia di medici e infermieri, che rispondendo al bando della Protezione civile si sono offerti come volontari, per andare a lavorare nelle zone maggiormente colpite. (Applausi). Penso, ancora, alle tantissime associazioni che assistono, in condizioni ancora più difficili, anziani, disabili e malati. Questa è la nostra Italia, della quale dobbiamo andare fieri. Siamo un grande Paese, che ha svolto un lavoro serio, che ci viene costantemente riconosciuto dall'Organizzazione mondiale della sanità, con cui c'è una relazione continua e proficua.
Sarebbe troppo lungo fare l'elenco dei provvedimenti che abbiamo preso in questi mesi. Mi limito a ricordare, solo in un istante, che le nostre prime decisioni sono state adottate il 22 gennaio, prima che, il 30 gennaio, l'OMS dichiarasse il coronavirus emergenza di sanità pubblica. Il 31 gennaio il Consiglio dei ministri ha proclamato lo stato di emergenza e affidato al capo della Protezione civile il coordinamento degli interventi. Siamo stati i primi a richiedere politiche di prevenzione comuni a livello internazionale e a denunciare il pericolo di un'estensione ed esplosione del contagio. La prima riunione europea dei Ministri della salute sul coronavirus si è tenuta, su richiesta formale dell'Italia, da me firmata, già a fine gennaio.
Se il 29 febbraio e poi il 1° marzo, a pochi giorni dallo scoppio del focolaio di Codogno, abbiamo dato chiare indicazioni alle Regioni e agli ospedali, a partire dalla necessità di raddoppiare i posti letto di malattie infettive e pneumologia e dall'aumento del 50 per cento delle terapie intensive, è perché avevamo studiato e lavorato con la task-force nelle settimane precedenti. Sulla base delle indicazioni del comitato tecnico scientifico, abbiamo progressivamente e tempestivamente adottato misure proporzionali all'evoluzione del contagio, le prime delle quali a firma congiunta mia e dei Governatori delle Regioni, poi con lo strumento dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM). Abbiamo adottato ulteriori severissime misure con l'esplosione dei nuovi focolai, che oggi vengono replicate in molti Paesi del mondo. Fare queste affermazioni non significa per nulla, dal mio punto di vista, sottacere le difficoltà, i limiti e le problematicità che abbiamo incontrato nella gestione dell'emergenza. Lo voglio dire con chiarezza: è stata ed è ancora durissima. Dentro una tempesta senza precedenti, contro un nemico non solo invisibile, ma anche molto forte e sconosciuto, stiamo affrontando sfide inedite difficilissime.
Il nostro Servizio sanitario nazionale è stato messo nelle ultime settimane a durissima prova. Pur nelle differenze quantitative del fenomeno che si sono riscontrate nei diversi territori, dappertutto, in ogni Regione d'Italia, ci si è trovati dinanzi ad un'onda anomala di difficilissima gestione. La risposta c'è stata, nella difficoltà assoluta di una situazione al di fuori di ogni ordinarietà, ma la risposta c'è stata ed è tutt'ora in corso.
Nel campo degli approvvigionamenti i nostri uomini hanno combattuto una battaglia difficilissima con un mercato già saturo da fine 2019. Se a questa difficoltà sommiamo il combinato disposto delle misure protezionistiche adottate da più nazioni e la mancanza di una produzione industriale italiana è facile comprendere le ragioni della complessità della situazione.
Per gestire questa fase, è essenziale che tutti sostengano il difficilissimo lavoro che sta svolgendo la Protezione civile, con Angelo Borrelli e il commissario straordinario all'emergenza Domenico Arcuri. A entrambi va chiaramente il mio ringraziamento. Si tratta di due uomini esperti che stanno progressivamente superando le difficoltà iniziali.
Per quel che riguarda i dispositivi di protezione, il commissario ha annunciato che sono stati conclusi importanti contratti di fornitura: circa 300 milioni di mascherine con la Cina ed altri Paesi del mondo, anche grazie al lavoro della Farnesina. Queste forniture ci consentono di proteggere prima di tutto il personale sanitario, che è la nostra prima e più rilevante priorità. Per questa stessa ragione va monitorato il loro stato di salute, anche attraverso un uso intelligente e costante dei tamponi. È partita, poi, in Italia una produzione di mascherine che ci consentirà finalmente in un tempo congruo di avere una filiera nazionale che si pone l'obiettivo di garantire forniture che rendano il nostro Paese autosufficiente.
È cambiata, negli ultimi giorni, la modalità di distribuzione del materiale che oggi, per le tratte a lunga percorrenza, viene effettuata i con mezzi veloci della difesa e per questo va ringraziato anche il Ministero della difesa per il lavoro prezioso svolto.
È attivo, sul sito della Protezione civile, un portale con tutte le informazioni on line sulla distribuzione del materiale. I dati, però, che testimoniano con maggiore chiarezza la capacità di reazione del nostro Servizio sanitario nazionale, sono quelli che riguardano i posti letto necessari ad affrontare il Covid 2019. Ad oggi, i posti letto in terapia intensiva risultano 9.081 con un incremento in meno di un mese di oltre il 75 per cento rispetto alla dotazione pre-Covid che abbiamo realizzato in anni di acquisti e successive implementazioni e che era di 5.395 posti letto. Sono stati triplicati i posti letto necessari a gestire l'emergenza Covid. I posti letto, ad esempio, di malattie infettive e di pneumologia erano 6.525 prima dell'emergenza e oggi sono 26.424, più 405 per cento.
Anche sul personale sanitario, le Regioni hanno ampiamente utilizzato tutte le norme prontamente approvate dal Governo per favorire nuove assunzioni, superando i tetti ordinari che ci portiamo ormai dal lontano 2004. Ad oggi, risultano già firmati circa 12.000 nuovi contratti relativi al personale sanitario e numerose ulteriori procedure sono in corso.
Dal punto di vista più propriamente sanitario, è indispensabile armonizzare sempre di più la gestione dei pazienti colpiti dal virus, facendo tesoro dell'esperienza fatta in questa settimana.
Nei giorni scorsi, dopo un proficuo confronto con le Regioni, abbiamo aggiornato le linee di indirizzo organizzative dei servizi ospedalieri e territoriali in corso di emergenza Covid-19, sottolineando in particolare alcune esigenze: aumentare le strutture dedicate esclusivamente al Covid-19 (i cosiddetti Covid hospital); tenere percorsi e gestione rigidamente separati, laddove non sia possibile individuare strutture esclusivamente dedicate al Covid; riprogrammare sulla base delle necessità le strutture ospedaliere non utilizzate nella rete Covid né in quella emergenziale non Covid; individuare tutte le possibili strutture ospedaliere pubbliche e private, dotate di reparti o aree con impianto di erogazione di ossigeno, aria compressa e vuoto, o implementabili in tal senso; implementare il 112 e il 118, liberandoli da ogni chiamata di natura meramente informativa; prevedere in tutti i pronto soccorso specifici percorsi di pre-triage tesi ad individuare tempestivamente i pazienti sospetti positivi al Covid-19; definire accordi con enti ed associazioni di volontariato per un maggiore apporto del numero di mezzi deputati alle emergenze; ancora, riorganizzare la rete territoriale per la presa in carico dei pazienti Covid ed attivare, in modo particolarmente attento nelle residenze sanitarie assistite, una stretta sorveglianza e monitoraggio nonché il rafforzamento dei setting assistenziali.
Nella fase che arriverà - che non è oggi, ma presto arriverà per il nostro Paese -ossia quella della graduale e prudente uscita dalla chiusura totale, a cui già oggi i nostri scienziati, i nostri operatori e i nostri tecnici stanno lavorando, dovremo valorizzare quanto abbiamo imparato finora sul campo.
Penso all'importanza della medicina del territorio come chiave per affrontare l'emergenza. Penso alla necessità di promuovere soluzioni tecnologiche innovative con il contact tracing e per la teleassistenza per pazienti domestici, sia per le patologie legate al Covid-19, sia per le altre patologie anche di carattere cronico.
Penso, ancora, alla necessità di massimizzare e velocizzare le capacità diagnostiche dei test presenti sul mercato, da quelli classici, che consentono l'identificazione di RNA virale, a quelli sierologici, che possono fornire utili informazioni circa il cosiddetto tasso di sieroconversione, cioè della percentuale di soggetti che hanno incontrato il virus e rispetto ad esso hanno prodotto una risposta anticorpale. La definizione del tasso di sieroconversione potrà essere molto per le implicazioni future in termini di politiche di graduale allentamento delle misure di restringimento sociale eventualmente considerabili.
Nella nostra battaglia per sconfiggere questo virus sarà decisiva la ricerca scientifica per individuare farmaci efficaci nella cura del Covid-19 e soprattutto per determinare e sviluppare un vaccino adeguato. Sarà il vaccino, come ho già detto, l'arma che ci permetterà di sconfiggere definitivamente il Covid-19. In questa partita mondiale l'Italia c'è, con tutta la nostra comunità scientifica, in un rapporto di piena collaborazione con le aziende farmaceutiche; lo stiamo già facendo, d'intesa con l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) con grandissima determinazione.
L'Aifa si è organizzata per far fronte efficacemente all'emergenza sanitaria che stiamo vivendo; si è attivata tempestivamente su quattro livelli distinti. Il primo è la promozione degli studi clinici: è stato semplificato il percorso autorizzativo degli studi sperimentali, osservazionali e dei programmi per uso compassionevole. Le nuove disposizioni prevedono che la commissione tecnico-scientifica di Aifa, riunita in sede permanente, approvi tutti i protocolli di studio, che saranno poi valutati da un comitato etico unico a livello nazionale presso l'Istituto Lazzaro Spallanzani.
Queste misure straordinarie hanno l'obiettivo di garantire il rapido avvio degli studi per individuare rapidamente possibili opzioni terapeutiche efficaci. La valutazione centralizzata e coordinata garantisce qualità scientifica e maggiore rappresentatività, utili per fornire risposte valide per tutti i pazienti e Servizio sanitario nazionale.
Il secondo livello è l'uso off label dei farmaci. A seguito del parere favorevole della commissione tecnico-scientifica dell'Aifa, è stata adottata la lista di farmaci che possono essere utilizzati al di fuori delle indicazioni terapeutiche a carico del Servizio sanitario nazionale per il trattamento dell'infezione da SARS-Cov-2.
Il terzo livello è il contrasto alle carenze di medicinali. Per far fronte all'aumento della domanda di alcune categorie di farmaci, l'Aifa ha previsto di centralizzare le segnalazioni di potenziali carenze e di rafforzare i programmi di importazione. Gli interventi specifici messi in atto sono il rilascio di autorizzazione per l'importazione e l'attivazione di un tavolo di confronto permanente con Farmindustria ed Assogenerici.
Il quarto livello, non meno rilevante, è l'informazione sui farmaci, che deve essere sempre basata sulle migliori evidenze scientifiche disponibili. L'assenza di trattamenti consolidati e la velocità delle nuove conoscenze sull'epidemia da coronavirus hanno reso necessario rafforzare il ruolo dell'Aifa nell'informazione sui farmaci dedicata agli operatori come ai cittadini. Il portale dell'Aifa è stato dotato di una sezione Emergenza Covid-19, al cui interno si ha accesso a tutte le attività che l'Agenzia conduce sul tema.
Questioni così delicate vanno affrontate avendo piena fiducia nei nostri scienziati e rispettando rigorosamente l'autonomia del loro lavoro e delle istituzioni scientifiche preposte alla valutazione e alla certificazione delle terapie e dei farmaci.
Con la stessa nettezza, voglio dire che avremo il massimo di vigilanza per evitare qualsiasi forma di speculazione ai danni degli ammalati e faremo ogni sforzo per dare una corretta informazione ai cittadini per contrastare informazioni prive di evidenza scientifica e pericolose cure fai da te.
In conclusione - permettetemi - il nostro pensiero e la nostra azione devono essere rivolti contestualmente, con tutta l'energia possibile, anche agli altri malati. Siamo stati costretti, in queste settimane, a concentrare larghissima parte delle nostre risorse umane e strumentali nella lotta contro il coronavirus e, ahimè, sarà così ancora per tempo, dentro l'emergenza in cui siamo pienamente.
I malati cronici, gli oncologici, quelli di ogni altra patologia - penso ad esempio alle malattie rare - meritano la massima attenzione e dovremo su di loro costruire specifiche politiche, soprattutto per la fase che verrà. Anche da questa drammatica emergenza appare chiarissimo quanto sia fondamentale tornare a sviluppare in parallelo con gli ospedali, che sono e restano essenziali, la rete dei servizi territoriali, tutti i servizi di prevenzione ed una rinnovata integrazione tra politiche sanitarie e politiche sociali. Dobbiamo uscire da questa crisi più forti di come ci siamo entrati.
Siamo nel pieno di una esperienza durissima, drammatica, che segnerà sicuramente il nostro Paese e direi il mondo intero, un'esperienza collettiva, ma anche la somma di una moltitudine enorme di esperienze individuali, ciascuna indelebile, che segnerà ognuno di noi. Avremo tempo e modo di valutare ogni atto e ogni conseguenza.
Una cosa, però, credo che sia chiara a tutti: il Servizio sanitario universale, costruito nel nostro Paese dopo l'approvazione della legge n. 833 del 1978, ispirato ai principi indelebili dell'articolo 32 della nostra Costituzione, è il patrimonio più prezioso che possa esserci. Su di esso dobbiamo investire con tutta la forza che abbiamo. È la cosa che conta davvero di più, il modo vero per onorare chi ha perso la vita lavorando nei presidi sanitari è proprio questo: assumere come principale tema della ripartenza nazionale l'investimento strategico sulla salute. Sono convinto che tutto il Parlamento, senza distinzioni, saprà essere all'altezza di questa sfida.
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