"Una grande occasione persa. Il governo aveva la possibilità di colmare una lacuna normativa che i lavoratori statali si trascinano da sei anni, e cioè dall'entrata in vigore nel 2013 della riforma del lavoro, ma si è voltato dall'altra parte".
Andrea Bottega, segretario nazionale del Nursind infermieri, non nasconde il suo disappunto per la scomparsa, dal pacchetto di modifiche approvate, dell'emendamento governativo che avrebbe esteso anche agli statali i giorni di congedo di paternità, al momento previsti solo per il settore privato.
"E' inaccettabile che ancora oggi alle famiglie e ai figli di lavoratori pubblici sia riservato un trattamento diverso rispetto alle famiglie e ai figli di lavoratori privati. Ma è ancora più grave - incalza il sindacalista - che resti lettera morta la direttiva Ue relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare (la numero 1158 del 2019)". Tale direttiva fissa a 10 i giorni per il congedo di paternità e deve essere recepita entro il 2022.
"Prendiamo atto che non si è neppure tentato lo sforzo di un graduale avvicinamento, con questa legge di Bilancio, alla soglia fissata dall'Europa", osserva il Nursind che, da anni, porta avanti tale battaglia e sulla quale ha costantemente cercato di sensibilizzare il governo. "In pratica - conclude Bottega - si finisce col rendere ancor più plasticamente evidente la distanza tra l'Italia e gli altri paesi Ue. Rimane infatti agli atti, purtroppo, che neppure di fronte ai paletti dell'Ue il nostro Paese si senta stimolato a intervenire. L'Italia aspetta sempre di essere messa alle corde per correre ai ripari. A differenza di Stati membri come, per esempio, Svezia o Spagna che già prima della direttiva concedevano, rispettivamente, due e quattro settimane ai neo papà".