Il Consiglio di Stato ha dato il via libera al regolamento con cui sono state recepite in Italia alcune direttive europee anche sulla donazione di cellule riproduttive per la procreazione eterologa. Nel dare parere favorevole allo
schema di decreto approvato in via preliminare lo scorso aprile dal Consiglio dei Ministri, il Consgilio di Stato ha però dettato alcune prescrizioni sull'età dei donatori ed il numero di ovociti ulteriori a tutela della salute dei donatori e del nascituro.
È stato innanzitutto segnalato come, nello schema inviato per il parere, "manca la disciplina degli aspetti 'condivisi' dal Consiglio Superiore della Sanità; più nello specifico, non v’è un’adeguata
disciplina dell’età dei donatori e del numero delle donazioni. Ciò costituisce certamente un
vulnus nella normativa predisposta, così come peraltro riconosciuto anche dalla comunità scientifica".
La generica locuzione per cui “la selezione dei donatori avviene sulla base dell’età”, utilizzata nello schema di decreto, non "può ritenersi sufficiente". Infatti, si spiega, "la totale genericità della espressione, affida alla assoluta discrezionalità, della amministrazione, per ciò solo risolventesi in arbitrio, il potere di escludere per 'ragioni di età' i donatori".
In tal senso, aggiunge il Consiglio di Stato, i divieti, le limitazioni o le potenzialità alla donazione indirettamente scaturenti dalla individuazione delle condizioni medico tecniche, "
non costituiscono per sé limitazione di posizioni giuridiche soggettive, ove esistano, ma rappresentano la doverosa limitazione tecnico scientifica ad una azione per sé libera, ma al contempo pur sempre regolamentata in vista di interessi superiori costituzionalmente garantiti, cioè a tutela degli stessi soggetti, donante e donatario, coinvolti".
Secondo un’impostazione ritenuta "ormai consolidata", la modifica di "allegati tecnici contenuti ab origine in una fonte primaria (decreto legislativo) tramite fonte secondaria (regolamento) a cagione appunto della loro natura non normativa in senso stretto, ma meramente condizionante, sotto il profilo tecnico, sia dei presupposti di fattibilità sia delle scelte dei soggetti privati sia della attività autorizzatoria e di controllo degli organi pubblici, in questo caso quelli sanitari deputati alla cura della salute individuale e pubblica".
La circostanza poi che la direttiva si esprima in termini generici, sottolinea il Consiglio di Stato, "non esime lo Stato italiano dall’obbligo di dettare norme che regolino adeguatamente la materia, anzi in linea generale, circa le tecniche di recepimento occorre richiamare il dovere dello Stato di introdurre nell’ordinamento italiano le specifiche norme imposte dalle direttive non self executing necessarie a realizzare i fini in esse individuati".
Più nel dettaglio si spiega poi come l’articolo 1, nella parte in cui modifica l’allegato III, punto 2, disciplinando la donazione diversa dal partner, "debba essere modificato stabilendo – come peraltro già “condiviso” dal Consiglio superiore della Sanità – un
limite all’età dei donatori (eventualmente differenziato tra uomo e donna, se così ritenuto dalla migliore e più accreditata scienza medica). Tale limite di età (in sede di audizione l’Amministrazione ha suggerito essere di 25 anni per la donna e 35 per l’uomo) si rivela particolarmente importante perché l’età del donatore, o della donatrice, può influire sull’esito positivo della tecnica utilizzata nel caso concreto e conseguentemente esporre, per l’ipotesi di esito non favorevole, la coppia alla necessità di altri tentativi con i relativi pregiudizi per la salute psico-fisica della coppia (soprattutto della donna). Inoltre un limite di età per effettuare la donazione di gameti maschili e femminili può avere il positivo effetto di prevenire patologie del nascituro legate all’età del genitore genetico".
Questo limite, si aggiunge, dovrà poi essere sottoposto a
verifica periodica.
Inoltre, il Consiglio di Stato ha giudicato "indispensabile individuare un
limite alla donazione degli ovociti e dei gameti maschili per limitare le nascite di bambini portatori (anche solo in parte) del medesimo patrimonio genetico. Ciò per scongiurare il rischio di consanguineità tra i nati con il medesimo patrimonio genetico della donatrice, o del donatore, e per ridurre il numero di stimolazioni ormonali cui può sottoporsi la donna per donare gli ovociti con conseguente pregiudizio per la sua salute".
Infine, è stato ritenuto necessario che il Ministero, nel disciplinare questi aspetti, "introduca opportuni
meccanismi volti ad adeguare nel tempo le predette regole in conseguenza dell’eventuale mutamento delle migliori e più accreditate opinioni scientifiche in materia".
A questo punto il testo dovrà passare in Parlamento per l'esame da parte delle Commissioni competenti. Successivamente, tornerà nuovamente in Consiglio dei Ministri, probabilmente con modifiche, per il via libera definitivo.
Giovanni Rodriquez