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QS Edizioni - martedì 26 novembre 2024

Governo e Parlamento

Liberalizzazioni. Quanta confusione sulla fascia C

di Daniele Golini
immagine 8 febbraio - Le norme previste dalle lenzuolate del 2006, dal decreto “Salva Italia” di dicembre e dall’ultimo provvedimento sulle liberalizzazioni all’esame delle Camere, si contraddicono tra loro e presentano spunti di incostituzionalità sulla vendita della fascia C fuori dalla farmacia
I recenti provvedimenti del Governo in materia di distribuzione del farmaco sembravano, nella loro originaria formulazione, aver  preso le sembianze  di un continuum rispetto alle famose “lenzuolate” di Bersani del 2006. In particolare nella concessione alle parafarmacie della possibilità di distribuzione dei farmaci di fascia C soggetti ad obbligo di prescrizione e non rimborsati dal Ssn.

Nel testo finale del decreto “Salva Italia”, invece, si è scelto di mantenere la possibilità della vendita di medicinali con ricetta, compresi quelli di fascia C, alle sole farmacie, affidando al ministero della Salute e all’Aifa il compito di rivedere l’attuale fascia C con lo scopo di “snellire” l’elenco di quelli con obbligo di ricetta e aumentare il paniere delle specialità medicinali senza ricetta vendibili anche fuori dalla farmacia in base alle norme del 2006.

Al di là del giudizio di merito su questa soluzione, essa appare però afflitta da alcuni vizi di incostituzionalità laddove si prevede una limitazione demografica alla possibilità per le parafarmacie di vendere i “nuovi” medicinali oggetto del delisting Ministero/Aifa. Li potranno vendere, infatti, solo quelle parafarmacie che ricadono nel territorio di comuni aventi popolazione superiore a 12.500 abitanti e, comunque, al di fuori delle aree rurali come individuate dai piani sanitari regionali.

Ma non solo. Esistono anche diversi problemi interpretativi ed applicativi di non poco conto.
Andiamo per ordine. Per quanto concerne la limitazione demografica, essa sembra essere  stata concepita nell’ottica di proteggere quelle farmacie ricadenti in aree ove si è ritenuto che la distribuzione di questi “nuovi” farmaci di fascia C senza ricetta da parte delle parafarmacie,  avrebbe potuto metterne in crisi la redditività e, con essa, la “sostenibilità” del sistema di distribuzione del farmaco.
Ebbene, a prescindere dalla fondatezza o meno di tali timori, tali intenti protettivi sono stati letteralmente traditi e vanificati dallo stesso Governo con il successivo decreto sulle liberalizzazioni attualmente all’esame del Parlamento che, salvo emendamenti, al suo art. 32, comma 1, prevede una drastica riduzione del quorum necessario all’apertura di nuove farmacie.

Ci si chiede, allora, che senso abbia avuto proteggere le farmacie in quelle determinate aree da un impatto economico limitato (quale quello del mercato di alcuni farmaci di fascia C), per poi imporre alle medesime realtà l’apertura di nuove farmacie le quali avranno un impatto sulla loro redditività e sostenibilità ben più drastico di quello ipotizzabile dalle nuove liberalizzazioni?
Ed è proprio per questo che la limitazione demografica potrebbe non essere dichiarata costituzionalmente legittima. Quantomeno sotto il profilo del principio di ragionevolezza in ossequio del quale, se è vero che è possibile che il Legislatore possa prevedere delle misure “discriminanti”, è pur vero che ciò debba avvenire in ragione di un valore costituzionale che giustifichi tale disparità e secondo un criterio di ragionevolezza che impone un giudizio sulla congruità delle norme rispetto ai fatti.
In questo caso ciò non sembra sussistere in quanto con l’abbassamento del quorum il Governo ha sconfessato se stesso disvelando l’insussistenza delle motivazioni che avevano originato la limitazione demografica dei 12.500 abitanti di cui al decreto “Salva Italia” di dicembre.
Come se non bastasse la norma si pone poi in contrasto con il precedente provvedimento di liberalizzazione del 2006 che prevede a tutt’oggi la possibilità per “qualsiasi parafarmacia” di poter distribuire tutte le specialità medicinali non sottoposte ad obbligo di prescrizione, siano esse  SOP od OTC.
 
Alla stregua di tali considerazioni due sarebbero le alternative interpretative prospettabili: o la nuova norma ha effetto parzialmente abrogante delle precedenti oppure la nuova norma è illegittima in quanto è in contrasto con quelle precedentemente in vigore e con alcuni principi costituzionali di non contraddizione e della necessità di evitare conflitti all’interno della disciplina di tale settore.
La prima soluzione appare impraticabile dal momento che comporterebbe la cancellazione di tutte le parafarmacie situate nelle località con popolazione inferiore ai 12.500 abitanti.
Ciò impone inevitabilmente la plausibilità della seconda ipotesi interpretativa in ossequio alla quale la limitazione demografica deve ritenersi ingiustificata ed illegittima soprattutto perché riguarda farmaci che, grazie al delisting dell’Aifa, non saranno più sottoposti ad obbligo di prescrizione e, conseguentemente, dovrebbero essere vendibili in qualsiasi parafarmacia, così come è sempre avvenuto a far data dalle liberalizzazioni dell’allora Ministro Bersani.

Ma i problemi non finiscono qui.
Dobbiamo infatti chiederci se i farmaci oggetto del delisting andranno a costituire una nuova categoria o “fascia”, oppure confluiranno in quella dei cosiddetti SOP od OTC. La questione non è meramente accademica ma ha notevoli risvolti e conseguenze pratiche. Se questi farmaci andranno a confluire nelle attuali categorie dei SOP ed OTC (ad oggi vendibili da tutte le parafarmacie) ciò, non solo avallerebbe ancora di più i presunti profili di illegittimità della norma in esame (qualora non fosse rimosso il limite demografico), ma potrebbe creare una grande confusione tra i farmaci che sono oggetto di delisting per effetto del “Salva Italia” e quelli che sono oggetto del normale delisting che si è avuto nel corso degli anni e che ha riguardato farmaci poi vendibili in tutte  le parafarmacie, senza vincoli territoriali. E poi, come ci si regolerebbe per il futuro? Si continuerebbe ad effettuare delisting legati al limite territoriale, oppure no? Insomma, anche questo punto merita certamente un chiarimento.

Da sottolineare infine anche quella norma del decreto “liberalizzazioni” dove si prevedono nuove misure per la “inaccessibilità ai farmaci da parte del pubblico”, stabilendo che esse riguardano solamente i farmaci risultanti dall’ultima operazione di delisting.
Anche in questo caso si può prevedere una gran confusione, anche in sede di controllo da parte degli organi preposti. Infatti, laddove i farmaci risultanti dal delisting dovessero confluire nelle attuali categorie dei SOP ovvero OTC, è evidente che potrebbero crearsi disparità di trattamento all’interno della stessa categoria di farmaci (alcuni sarebbero inaccessibili ed altri no).

Avv. Daniele Golini
Dottore di Ricerca - Cattedra di Diritto Civile, Facoltà di Giurisprudenza, Seconda Università degli Studi di Napoli
8 febbraio 2012
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