"Con la nuova norma, secondo le nostre stime, le Regioni del Sud e in piano di rientro potranno assumere da domani 13.700 persone e 41mila in tutta Italia". Così il ministro della Salute
Giulia Grillo, in quest'intervista esclusiva a
Quotidiano Sanità, interviene in merito alla
nostra analisi sugli effetti dell'emendamento sullo sblocco del tetto per il personale del Servizio sanitario nazionale presentato nei giorni scorsi. Rilanciando poi il tema delle riforme, respinge gli allarmismi sui possibili effetti distorsivi di Quota 100 e flat tax: "Stando alle nostre prime stime, Quota 100 non svuoterà di colpo le corsie e avrà portata modesta, mentre per la flat tax ci vorrà tempo. Io guardo all’oggi, a provvedimenti con ricadute immediate, come la norma sul personale e presto quelle sulla formazione. Il futuro riparte da atti concreti".
Ministro, lei aveva promesso di togliere il tetto di spesa fin dalla discussione sulla legge di Bilancio ma non c’era riuscita. Cosa è cambiato ora, come è riuscita a convincere il Mef e qual è stata la difficoltà maggiore da superare?
Chiariamo un aspetto. La norma che bloccava il livello della spesa di personale in ambito sanitario al livello del 2004 (meno 1,4%) è vecchia di 10 anni ed è figlia di un tempo in cui i deficit sanitari delle regioni si contavano in miliardi di euro. Troppo a lungo si è parlato di numeri e non di persone. Il mio ministero si è intestato la battaglia per il rilancio del Ssn e io non farò un passo indietro finché non vedrò risultati concreti.
Il vincolo è stato uno dei principali strumenti di controllo della spesa sanitaria, ma alla lunga ha generato effetti distorsivi che hanno finito per penalizzare la qualità dei servizi soprattutto nelle regioni del Sud. Adesso questi presupposti sono stati resi più flessibili ed è necessario concentrarsi sull'erogazione dei servizi. Giusto quindi adeguare le norme.
Convincere alcuni uffici del Mef non è stato semplice. Abbiamo dovuto attivarci energicamente perché alcune bozze che circolavano nel weekend scorso avevano di fatto dimenticato metà paese. Solo dopo un incontro al ministero della Salute con Regioni e Mef abbiamo individuato una soluzione adeguata per tutte le regioni con un parametro non più fisso e soprattutto con la possibilità immediata di assunzioni.
Ci può spiegare nel dettaglio come funzionerà? Da quanto capiamo le Regioni che nel 2018 hanno speso più della cifra stabilita dal “vecchio” tetto che si vuole abolire potranno mantenere quei livelli di spesa ma sempre con fondi propri senza finanziamenti statali… quindi cosa cambia rispetto ad oggi?
Mi spiace che siano arrivate prima le critiche e poi le analisi sul provvedimento e che qualcuno abbia preso un abbaglio, con deduzioni completamente sbagliate. Un esempio? Con la nuova norma, secondo le nostre stime, le Regioni del Sud e in quelle di Piano di rientro potranno assumere da domani 13.700 persone che salgono a 41mila in tutta Italia. La possibilità è data dal comma 3 che consente di “re-internalizzare” il numeroso personale precario adoperato in questi anni. Un costoso stratagemma usato da tutte le regioni per aggirare la norma del blocco della spesa.
Il nuovo tetto va inteso come un paniere molto più capiente di quello precedente, che era rigido da 10 anni, ferme restando le diversità regionali: chi col vecchio tetto aveva già un “paniere” sufficiente può continuare a usarlo, ma per altre regioni la norma dà molto di più di una boccata d’ossigeno.
Dire che il provvedimento bloccherà le assunzioni pianificate, è una totale falsità. Penso al caso della Puglia, dove certi sindacati stanno creando allarmismi ingiustificati: in base agli ultimi dati in nostro possesso, la regione ha disponibilità rispetto al tetto di circa 154 milioni di euro. Ha peraltro già ricevuto autorizzazioni per 3.970 unità (880 medici, 3.056 operatori sociosanitari e 34 ostetriche) che può tranquillamente assumere. Dal 2020 la disponibilità aumenterà ulteriormente senza tener conto, chiaramente, delle ulteriori possibilità che si libereranno per via dei pensionamenti.
Insomma, la soluzione che abbiamo individuato, lavorando di cesello come non mai, è un buon punto di partenza che permette alle Regioni (tutte!) di aumentare in proporzione all’incremento del fondo la possibilità di fare assunzioni oggi e negli anni a venire.
Bene, ora l’impegno preso in occasione della discussione della legge di Bilancio è stato mantenuto, ma certamente i 55 milioni di euro stanziati per il 2019 sono pochini rispetto alle attese…
Anche qui, sono pochi 55 milioni per il 2019? Sono pochi gli ulteriori 175 milioni per il 2020 e il 2021? Non lo so, sta di fatto che prima non c’erano.
Il 5% degli incrementi del fondo di questi 3 anni (pari a 225 milioni di euro) e a regime per gli anni futuri, potrà essere utilizzato per aumentare il tetto di spesa per il personale oggi bloccato al valore del 2004. Chiaramente questa possibilità dovrà essere usata sinergicamente con quanto già consentito ai singoli sistemi sanitari. Anche in questo caso voglio fare un esempio concreto. Nel 2017 gli accantonamenti della Regione Campania, principalmente destinati all'implementazione delle azioni per il miglioramento dei Lea, ammontano a oltre 300 milioni di euro.
Nel dare l’annuncio dell’accordo lei ha detto che con queste nuove regole si potrà procedere a nuove assunzioni di medici e operatori “per assicurare futuro al nostro Ssn”. Può darci una prima stima di quante assunzioni si potranno fare già nel 2019 e comunque entro il 2020?
Mi stupisce però che nel dibattito di questi giorni sulla stampa non sia stata colta la vera novità della norma che è contenuta al comma 3.
Possibile che nessuno si è reso conto che finalmente migliaia di lavoratori precari potranno finalmente essere assunti? Nel 2017 per contratti atipici sono stati spesi 3,28 miliardi, di cui 1,18 da parte delle regioni in piano di rientro. Sa cosa si può fare con 3,28 miliardi? Teoricamente si potrebbero assumere a tempo indeterminato 75mila infermieri.
Parliamo di una cifra enorme che non tiene conto delle inefficienze, visto che si tratta spesso di contratti mediamente più costosi rispetto a quelli che si potrebbero garantire a personale assunto a tempo indeterminato. Con la nuova norma queste risorse potranno essere utilizzate per contratti “veri”, stabilizzazioni che cambieranno in meglio la vita delle persone. In tutto il Paese medici, infermieri, Oss avranno finalmente possibilità di programmare la propria esistenza. La precarizzazione ha tolto il futuro alle ultime generazioni, compresa la mia che sono del ’75.
Nella nostra analisi abbiamo effettuato alcune proiezioni su cosa cambierà Regione per Regione basandoci sui dati del Mef del 2017. Quello che abbiamo rilevato è che anche in presenza del tetto molte Regioni non in Piano di rientro avevano comunque speso molto di più usando proprie risorse. Con il nuovo accordo si fotografa quella situazione stabilizzando i livelli di spesa 2018 e sancendo di fatto le attuali disomogeneità nei livelli di spesa del personale. In sostanza chi ha più risorse proprie potrà continuare a spendere di più e per gli altri ci sarà solo l’incremento di quella quota parte dei 55 milioni… È così?
Facciamo un passo indietro. Nel 2009 il legislatore ha deciso di cristallizzare la spesa di personale pari a quello del 2004. All'epoca c'erano regioni che avevano una situazione più vicina ai reali fabbisogni; altre che invece usavano il sistema sanitario come un ammortizzatore sociale.
Come detto era giunto il momento di cambiare, ma questo non significa ripercorrere gli errori del passato. Da questo punto di vista mi preme sottolineare che la nuova norma prevede che, dall’anno 2021, l’incremento di spesa del 5 per cento sia subordinato all’adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale.
In ogni caso, al di là dello sblocco del tetto, come si evince dai recenti casi di Molise e Veneto che richiamano i medici pensionati si registrano difficoltà crescenti nel reperire nuovo personale disposto a lavorare nel servizio pubblico. L'impressione è che da una parte "quota 100" accelera le uscite per quiescenza mentre dall'altra la flat tax renda più conveniente il lavoro come libero professionista in termini fiscali. Come contrastare questa 'fuga' dal Ssn?
Richiamare i medici in pensione è l’ultima spiaggia e non critico chi lo ha fatto. Le Regioni fanno come possono per coprire i vuoti di specialisti in alcune aree, sono rimedi tampone per assicurare servizi ai cittadini. Però servono riforme e noi ci stiamo lavorando, le assicuro, a pieno ritmo (anche oggi al ministero c’è stato un incontro con MIUR e regioni).
Io ci sto mettendo la faccia. Dobbiamo immaginare un nuovo approccio di sistema. Quando dico che dobbiamo rendere attrattivo il Ssn non posso dimenticare che in questi anni la professione medica e sanitaria è stata svilita con contratti a gettone, precariato strutturale e blocco dei contratti di categoria. Questo decennio devastante ci sta presentando il conto con tutta la sua gravità.
Stando alle nostre prime stime, Quota 100 non svuoterà di colpo le corsie e avrà portata modesta, mentre per la flat tax ci vorrà tempo. Io guardo all’oggi, a provvedimenti con ricadute immediate, come la norma sul personale e presto quelle sulla formazione. Il futuro riparte da atti concreti.